Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10771 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. I, 22/04/2021, (ud. 26/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15574/2019 proposto da:

H.O.H.A., elettivamente domiciliato in Roma Viale

Eritrea, 20 presso lo studio dell’avvocato Giuttari Giorgio, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo rappresenta e

difende;

avverso il decreto n. 1867/2019 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato

il 11/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2021 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Brescia, con decreto del 11.4.2019, ha rigettato la domanda proposta da H.A., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

Il Tribunale di Brescia, ha, in primo luogo, rigettato la domanda di protezione sussidiaria per la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non essendo le dichiarazioni del ricorrente state ritenute credibili (costui aveva dichiarato di essere fuggito a causa di minacce di morte perpetrate nei suoi confronti dagli zii per problemi legati alla proprietà di alcuni terreni del proprio padre).

E’ stata rigettata, altresì, la domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) Legge cit., essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nella regione del (OMISSIS) del (OMISSIS).

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione H.A. affidandolo a tre motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e c).

Contesta il ricorrente la valutazione di non credibilità del suo racconto effettuata dal Tribunale, avendo, viceversa, fornito un narrato coerente e plausibile in ordine al grave pericolo di essere ucciso per mano dagli zii paterni, che già avevano assassinato il proprio padre.

Evidenzia, inoltre, come la regione del (OMISSIS) si trovi in una situazione di gravissima insicurezza a causa dell’attività terroristica legata all’estremismo islamico.

2. Il motivo è inammissibile.

Va, in primo luogo, osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale soddisfa il requisito del “minimo costituzionale”, secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014), avendo il giudice di merito precisato che il richiedente è caduto in numerose contraddizioni nel suo racconto (come illustrate a pag. 4 e 5 del decreto impugnato) con riferimento alle modalità di uccisione del proprio padre da parte degli zii paterni, evidenziando, altresì, come non fosse credibile che gli stessi zii intendessero intentare alla sua vita, non avendolo cercato nel suo nuovo alloggio presso uno zio materno nonostante sapessero dove abitasse.

Con tali precisi rilievi il ricorrente non si è minimamente confrontato, limitandosi a dedurre apoditticamente la plausibilità ed attendibilità del suo racconto.

Con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. C) Legge cit, va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018).

Nel caso di specie, il Tribunale ha accertato – mediante il ricorso a diverse fonti internazionali aggiornate – l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione del (OMISSIS) in (OMISSIS) ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 2/12/2018 n. 32064).

Ne consegue che le censure sul punto del ricorrente si appalesano come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giiudice di merito (Cass. 8757/2017).

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, dell’art. 5, comma 6 T.U.I. e dell’art. 8CEDU.

Evidenzia il ricorrente che il pericolo di morte cui sarebbe esposto in caso di ritorno in patria costituisce un sicuro elemento di vulnerabilità idoneo al riconoscimento della protezione umanitaria.

Espone, inoltre, di essersi ben integrato in Italia, avendo seguito un corso di alfabetizzazione ed essendo beneficiario di un progetto di accoglienza.

Infine, lamenta che le sue condizioni salute integrano una situazione di forte vulnerabilità, essendo affetto da un serio disturbo dell’umore, come evidenziato nella relazione della dottoressa responsabile della gestione della struttura di accoglienza.

4. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che il ricorrente fonda, in primo luogo, la dedotta condizione di vulnerabilità sul medesimo racconto che il Tribunale di Brescia ha ritenuto, con argomentazioni immuni da vizi logici, non credibile.

Inoltre, l’allegazione con cui il ricorrente afferma di avere seri problemi di salute, oltre ad essere generica – non essendo stato neppure specificato che la patologia di cui risulterebbe affetto sarebbe curabile solo in Italia, e non anche in (OMISSIS) difetta, altresì, di autosufficienza.

Posto che nel decreto impugnato non è stato fatto alcun riferimento al serio disturbo dell’umore di cui il ricorrente sarebbe affetto, quest’ultimo non ha nemmeno dedotto di aver sottoposto tale questione all’esame del giudice di merito (avendo, anzi, fatto riferimento a documenti prodotti solo con il ricorso per cassazione), di talchè la medesima questione si appalesa come nuova.

Infine, il ricorrente non ha fatto altro che svolgere censure di merito alla valutazione comparativa effettuata dal Tribunale tra l’attuale situazione di vita del ricorrente in Italia (in relazione è stato, peraltro, evidenziato dal giudice di merito lo scarso livello di integrazione nel paese di accoglienza) e quella precedentemente vissuta nel paese d’origine, all’esito della quale è stato ritenuto che lo stesso ricorrente, in caso di rimpatrio, non si vedrebbe sottratta la titolarità e/o l’esercizio dei diritti umani fondamentali, al di sotto di un nucleo minimo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 24 Cost..

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Brescia ha acquisito autonomamente le COI utilizzate (rapporto EASO) senza sottoporle al contraddittorio con il medesimo, con conseguente grave compromissione del suo diritto di difesa.

6. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 29056 del 11/11/2019) ha già enunciato il principio di diritto secondo cui, in tema di protezione internazionale, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin information”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poichè in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, sempre che il tribunale renda palese nella motivazione – come avvenuto nel caso di specie – a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione.

Va, altresì, osservato, che questa Corte (Cass. n. 899 del 20/01/2021), ha affermato che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si censuri l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI acquisite d’ufficio, ove il motivo non indichi in quale modo l’omessa conoscenza delle COI da parte del richiedente abbia inficiato il giudizio conclusivo del giudice, nè si alleghino nel ricorso altre e diverse fonti di conoscenza che si pongano in contrasto con le informazioni acquisite dal tribunale, così rendendo la censura priva di specificità.

Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a censurare l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI acquisite d’ufficio senza indicare minimamente in che termini ciò che avrebbe concretamente pregiudicato il suo diritto di difesa, al di là di una generica petizione di principio.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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