Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10771 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. I, 04/05/2010, (ud. 03/06/2009, dep. 04/05/2010), n.10771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5394/2006 proposto da:

Z.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI

50, presso lo studio dell’avvocato PICONE GIUSEPPE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CANDIANO Orlando Mario (avviso postale Via Bovio

n. 41 – 70123 – BARI), giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto n. 50030/04 R.A.D. della CORTE D’APPELLO di ROMA

del 25/10/04, depositato il 29/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/06/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. ONOFRIO FITTIPALDI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIETRO ABBRITTI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso in

oggetto per quanto di ragione.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Visto il ricorso, notificato il 07/02/2006, proposto, da Z. V., avverso il decreto del 29/9/2005 della Corte di Appello di Roma che ha solo parzialmente accolto il ricorso da lei avanzato, ai sensi della L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, conseguente al mancato rispetto del termine ragionevole di durata del procedimento da lei introdotto, con ricorso depositato nel 1994, innanzi alla Corte dei Conti, definito con sentenza di 1^ grado del 25 settembre 2001 impugnata in un giudizio ancora pendente nel 2004;

rilevato come la Corte territoriale, ritenuta un’irragionevole eccedenza di tre anni, abbia fissato in Euro 3.000,00 la misura dell’indennizzo, e liquidato in Euro 1.000,00 le spese; rilevato come, la ricorrente, con l’unico motivo di gravame, lamenti, anche sotto il profilo del vizio motivazionale, l’illegittimo scostamento operato, dalla Corte Territoriale, dai parametri della Corte CEDU nella individuazione del periodo di irragionevole durata del giudizio, nonchè nella liquidazione dell’indennizzo (compresi il mancato riconoscimento del “bonus” di Euro 2.000,00 e la mancata correlazione dell’indennizzo all’intera durata del giudizio presupposto) , e, più in particolare, abbia, in ogni caso, fissato in soli 3 anni il periodo di irragionevole durata del giudizio ed illegittimamente contenuto nell’insufficiente importo di Euro 3.000,00 l’indennizzo del “danno non patrimoniale”;

rilevato come l’Amministrazione non abbia depositato controricorso;

viste la richiesta del P.G. in data 10/01/07, di accoglimento del ricorso per quanto di ragione, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., attesa la sua manifesta fondatezza, nonchè la memoria difensiva;

ritenuta la accoglibilità della richiesta;

ritenuto, in particolare come, se rappresenti giurisprudenza consolidata di questa Corte quella per cui: a) ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, sia si segnato dal rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, ma conservi egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi,, dalle liquidazioni effettuate dalla Corte europea, in relazione alla particolarità delle fattispecie; b) la precettività, per il giudice nazionale, di tale indirizzo non concerna tuttavia anche il bonus di Euro 2.000,00, e neppure il profilo relativo al moltiplicatore di detta base di calcolo e detta diversità di calcolo, peraltro, non tocchi la complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001, ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, e, dunque, non autorizzi dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), risulti pur sempre imprescindibile che l’eventuale discostamento dagli standard della Corte CEDU avvenga in termini di ragionevolezza, il che non appare di certo predicabile in relazione alla decisione in questa sede impugnata, dovendosi ritenere manifestamente insufficiente – così come concretamente individuato – l’arco triennale di irragionevole durata del giudizio;

ritenuto pertanto che – sotto tali profili ed in tali limiti il ricorso vada accolto e che, conseguentemente, in tal senso l’impugnato decreto vada cassato, ma che, non rendendosi necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa possa essere decisa nel merito, e conseguentemente – individuati in 3 anni per il 1^ grado ed in 2 anni per il 2^ gli archi di congruità temporali del giudizio presupposto – la irragionevole durata dello stesso vada fissata in 5 anni, e conseguentemente la Presidenza del Consiglio vada condannata all’indennizzo del “danno non patrimoniale” in una misura che si liquida complessivamente in Euro 3.750,00, oltre interessi legali dalla domanda, nonchè alla refusione delle spese di giudizio che compensa per la metà per questa fase, atteso il solo parziale accoglimento del ricorso, e che si liquidano come da dispositivo, e che vanno distratte a favore del difensore avv. Mario Candiano, antistatario; visto l’art. 375 c.p.c..

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa l’impugnato decreto e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere, alla parte ricorrente, la somma di Euro 3.750,00 per indennizzo, oltre interessi legali dalla domanda, nonchè le spese del giudizio che determina, per il giudizio di merito, in Euro 200,00 per esborsi, Euro 385,00 per diritti ed in Euro 420,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, e che compensa per la metà per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione della residua metà, e che determina per l’intero in Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge; spese tutte che distrae in favore dell’avv. Mario Candiano, antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi della Sezione Prima Civile della Corte di cassazione, il 3 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

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