Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1077 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 32997/2018 R.G. proposto da:

UNIPOLREC S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.

Co.Ma.Ga., rappresentata e difesa dall’Avv. Angelo Vitarelli,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

C.G., D.G., C.S.,

C.G. e C.M., in qualità di soci della Villa Margherita

S.r.l. in liquidazione, rappresentati e difesi dall’Avv. Gianfranco

Romeo, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria

civile della Corte di cassazione;

– controricorrenti –

e

C.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Gianfranco Romeo,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1733/17

depositata il 28 settembre 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 novembre

2020 dal Consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

RILEVATO

che la Villa Margherita S.r.l. in liquidazione e C.G. convennero in giudizio l’Unipol Banca S.p.a., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 80 dell’11 marzo 2008, con cui il Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Acireale, aveva intimato loro il pagamento della somma di Euro 49.332,57, oltre interessi, a titolo di saldo debitore di un conto corrente intestato alla società opponente presso la Banca di Credito Popolare di Siracusa, agenzia di (OMISSIS), e garantito da fideiussione prestata dal C.;

che con sentenza del 25 maggio 2011 il Tribunale accolse parzialmente l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo, ma condannando gli opponenti al pagamento della somma di Euro 26.052,02, oltre interessi legali;

che il gravame interposto dagli opponenti è stato accolto dalla Corte d’appello di Catania, che con sentenza del 28 settembre 2017 ha rigettato la domanda proposta dalla Banca;

che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, illustrato anche con memoria, l’Unipolrec S.p.a., succeduta all’Unipol Banca S.p.a. a seguito di scissione parziale con atto per notaio T.F. del 16 gennaio 2008, rep. n. (OMISSIS);

che hanno resistito con controricorsi C.G., S., Gi. e M. e D.G., in qualità di soci della Villa Margherita, cancellata dal registro delle imprese in data 28 febbraio 2014, nonchè C.G., in qualità di fideiussore.

Considerato che non merita accoglimento l’eccezione d’inammissibilità dell’impugnazione, sollevata dai soci della Villa Margherita in relazione all’avvenuta notificazione del ricorso per cassazione nei confronti della medesima società, nonostante l’estinzione della stessa, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, intervenuta nel corso del giudizio di appello;

che l’estinzione della società, per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, comportando la perdita della capacità di stare in giudizio, integra infatti un evento interruttivo la cui rilevanza processuale è subordinata, ove la società sia costituita a mezzo di procuratore, alla dichiarazione dello stesso in udienza o alla notificazione alle altre parti, in mancanza della quale, giusta la regola dell’ultrattività del mandato, il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) sia nella fase attiva del rapporto processuale che in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione, con la conseguenza che quest’ultima può essere notificata anche presso il procuratore della società estinta, ai sensi dello art. 330 c.p.c., comma 1, non assumendo alcun rilievo la conoscenza dell’evento interruttivo aliunde acquisita da parte del notificante (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. V, 23/11/2018, n. 30341; Cass., Sez. lav., 9/10/ 2018, n. 24845; Cass., Sez. III, 21/08/2018, n. 20840);

che con l’unico motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere non provato il credito azionato, a causa della mancata produzione di tutti gli estratti conto attestanti l’andamento del conto corrente fin dalla data d’inizio del rapporto, la sentenza impugnata non ha considerato che, come risultava dagli estratti conto prodotti, nonostante l’avvenuta sottoscrizione del contratto in data 2 novembre 1995, il conto corrente era stato movimentato soltanto a far data dal 17 marzo 1997;

che il motivo è fondato;

che, nel ritenere non provato il credito fatto valere con il ricorso per decreto ingiuntivo, la Corte d’appello ha infatti richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve aver luogo attraverso gli estratti conto a partire dalla data della sua apertura, la cui produzione, posta a carico dell’attore (sia esso la banca o il correntista), consente l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, risultando invece inutilizzabili, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi (cfr. Cass., Sez. I, 11/06/2018, n. 15148; 13/10/2016, n. 20693; 20/09/2013, n. 21597; 19/09/2013, n. 21466);

che tale orientamento, ribadito da questa Corte anche successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, è stato peraltro superato da più recenti pronunce, le quali hanno affermato che l’adempimento meramente parziale dell’onere di produrre gli estratti conto non comporta necessariamente il rigetto totale della domanda, riconoscendo la possibilità di ricostruire l’andamento del conto anche attraverso il ricorso ad altri mezzi di prova, idonei a fornire indicazioni certe e complete in ordine al saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto, oppure mediante la valorizzazione di altri elementi, quali le ammissioni del correntista stesso, e precisando comunque che, nel caso in cui la domanda sia proposta dalla banca, l’incertezza del saldo iniziale, derivante dalla mancata dimostrazione dell’andamento del conto nel periodo anteriore a quello cui si riferisce il primo estratto prodotto, preclude un’attendibile ricalcolo del saldo finale soltanto in mancanza di elementi idonei ad escludere che il saldo iniziale a debito del cliente, riportato nel primo degli estratti conto prodotti, possa convertirsi in un saldo positivo di importo imprecisato (cfr. Cass., Sez. I, 2/05/2019, n. 11543; 4/04/2019, n. 9526);

che nella specie, come si evince dall’esame delle annotazioni contenute nell’estratto conto relativo al periodo compreso tra il 1 gennaio ed il 31 marzo 1997, riprodotto a corredo del motivo d’impugnazione, il saldo iniziale del periodo cui si riferivano gli estratti prodotti in giudizio risultava pari a zero, consistendo la prima operazione nel versamento di un assegno, effettuato il 17 febbraio 2007;

che tale circostanza, emergente dalla documentazione prodotta ed evidenziata nella comparsa conclusionale della Banca, non ha costituito oggetto di specifica valutazione da parte della sentenza impugnata, la quale si è limitata ad escludere, sulla base del citato orientamento giurisprudenziale, la possibilità di procedere al ricalcolo del saldo finale del conto in base all’ipotesi che il saldo iniziale fosse pari a zero (c.d. criterio del saldo zero), senza considerare che nella specie tale congettura, rispondente alla realtà dei fatti, non era stata validamente contrastata dagli appellati;

che questi ultimi si erano infatti limitati ad affermare che, in data precedente a quella del saldo iniziale, la società correntista aveva ottenuto dalla Banca uno scoperto temporaneo dell’importo di Euro 10.000,00, la cui concessione non poteva considerarsi sufficiente a generare addebiti o accrediti sul conto corrente, non essendo stati dedotti nè l’effettiva utilizzazione del predetto importo e la conseguente maturazione di un debito di restituzione o d’interessi a carico della correntista, nè il compimento di operazioni passive;

che la sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Catania, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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