Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10768 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10768 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 2571-2008 proposto da:
DINACCI FILIPPO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
ANTONIO GRAMSCI 54, presso lo studio dell’avvocato
TASCO GIAMPIERO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, )pi.esso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 08/05/2013

avverso la sentenza n. 149/2006 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 19/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/03/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE STEFANO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

che ha chiesto il rigetto;

Svolgimento del processo
L’avv. Filippo Dinacci chiese il rimborso di una
somma versata a titolo di imposta di registro in
relazione a una vendita immobiliare stipulata ai
rogiti notar Silvestro, in Roma, il 29.11.2001.

Evidenziò che dopo la vendita era stato stipulato un
atto integrativo a correzione dei dati censuari, per
essere l’immobile destinato a ufficio (cat. A/10)
anziché ad abitazione.
Ne dedusse che la vendita dovevasi considerare
assoggettata a Iva e non imposta di registro.
Formatosi il silenzio-rifiuto sulla detta istanza, il
contribuente propose impugnazione dinanzi alla
commissione tributaria provinciale di Roma.
La relativa decisione, favorevole al contribuente, fu
riformata dalla commissione tributaria regionale del
Lazio su appello dell’agenzia delle entrate.
Invero la commissione regionale osservò che la
concessione in sanatoria, da cui era scaturito l’atto
integrativo, recava la data del 3.7.2003, donde alla
stessa non potevasi attribuire forza retroattiva dal
momento che l’imposta di registro si applica in base
alla natura del bene al momento del trasferimento,
senza rilevanza di circostanze successive.
Ritenne in tal senso assorbite tutte le restanti
argomentazioni svolte hinc et inde.

1

L’avv. Dinacci ha proposto ricorso per cassazione
affidato a sei motivi.
L’amministrazione ha replicato con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria.
Motivi della decisione

I. Il primo, il secondo, il quarto, il quinto e il
sesto motivo deducono la nullità della sentenza per
omessa pronuncia (art.

112 c.p.c. in relazione

all’art. 360, n. 4, c.p.c.,) su eccezioni processuali
asseritamente decisive.
L’omissione di pronuncia riguarderebbe, in sintesi,
le eccezioni: (i) di inammissibilità dell’appello per
mancata indicazione di motivi specifici; (ii) di
inammissibilità dell’appello perché contenente
eccezioni nuove; (iii) di inammissibilità
dell’appello per non essere stato l’atto depositato
presso la segreteria della commissione tributaria
provinciale; (iv) di inammissibilità dell’appello a
causa della mancanza di preventiva autorizzazione
alla proposizione dello stesso ai sensi dell’art. 52,
2 ° co., del d. lgs. n. 546 del 1992; (v) di
inammissibilità

dell’appello

per

indebita

sottoscrizione dell’atto.
II.

– I motivi sono infondati per difetto del

presupposto.

2

III.

In linea generale deve premettersi che il

mancato esame da parte del giudice di una questione
processuale non è suscettibile di dare luogo al
vizio di omessa pronuncia, il quale si configura
esclusivamente nel caso di mancato esame di domande o

eccezioni di merito.
Può invece profilarsi, al riguardo, un vizio della
decisione per violazione di norme diverse dall’art.
112 c.p.c., se, e, in quanto, si riveli erronea e
censurabile, e soprattutto sia stata utilmente
censurata, la soluzione implicitamente data dal
giudice alla problematica prospettata dalla parte
(cfr. per tutte Cass. n. 10140/07; n. 13649/05; n.
603/03; n. 22860/02; n. 3927/02).
In ordine al primo e al secondo motivo giova allora
osservare che la pronuncia sull’eccezione intesa a
censurare la inidoneità dei motivi di appello, per
genericità, deve rinvenirsi nella decisione sul
merito, favorevole all’appellante, adottata dalla
commissione tributaria regionale.
Ed è in proposito risolutivo il fatto che la
commissione regionale ha indicato i motivi specifici
infine accolti, in tal senso avendo ovviamente
disatteso – per implicito anche l’eccezione di
tardività dei rilievi dall’amministrazione consegnati
ai motivi detti.

3

Per le medesime considerazioni si rivelano infondati
anche il quarto, il quinto e il sesto motivo.
In ordine ai quali, peraltro, può aggiungersi che la
commissione tributaria, accogliendo l’appello
dell’agenzia quanto al sopra riferito profilo di

merito (involgente la data, di circa tre anni
susseguente, della concessione in sanatoria da cui
era scaturito l’atto integrativo rispetto al
trasferimento immobiliare sottoposto a tassazione),
ha espressamente affermato che ogni ulteriore
argomentazione proposta dal contribuente-appellato
dovevasi considerare assorbita.
Il che è conforme al rilievo secondo cui la decisione
di merito, favorevole all’appellante, implica per sua
natura il rigetto implicito (e il conseguente
assorbimento in essa) di ogni eccezione di
inammissibilità del proposto appello. E quindi anche
delle questioni impedienti sollevate dall’appellato
con riguardo (i) alla asserita violazione dell’art.
53, 2 ° co., d. lgs. n. 546/1992; (ii) alla asserita
violazione dell’art. 52, 2 ° co., d. lgs. n. 546/1992
[ comunque da escludersi in base all’insegnamento
delle sezioni unite della corte – v. sez. un. n.
604/2005 – in ordine all’abrogazione dell’istituto
dell’autorizzazione preventiva al gravame quanto agli
uffici periferici dell’agenzia delle entrate ]; (iii)

4

alla

asserita

indebita

sottoscrizione dell’atto

introduttivo di quel giudizio.
IV. – In conclusione, il vizio di omessa pronuncia
non può considerarsi ricorrente nella specie, giacché
il vizio, inficiando la sentenza intesa come atto,

può essere utilmente prospettato solo con riguardo
alla mancanza di una decisione da parte del giudice
in ordine a una domanda o a un’eccezione, che,
ritualmente e incondizionatamente proposta, richiede
una pronuncia di accoglimento o di rigetto.

Sicché

va escluso in relazione alle questioni processuali
esplicitamente o implicitamente

assorbite nelle

altre statuizioni della sentenza (cfr.,

ex plurimis,

Cass. n. 9545/01; n. 830/97; n. 6248/91).
V. – Il terzo motivo – che infine denunzia un vizio
di motivazione dell’impugnata sentenza (art. 360, n.
5, c.p.c.) – è invece inammissibile.
A conclusione dello stesso non risulta sinteticamente
specificato il fatto controverso, decisivo per il
giudizio, con riguardo al quale la commissione
regionale avrebbe omesso di motivare o avrebbe
motivato in modo insufficiente.
VI. – Il ricorso è rigettato.
Spese alla soccombenza.
p.q.m.

5

:ESENTE D:\ R

Ai SEIvii-; i
N.131 fA.

i
N. 5

MATERIA TRI3UTARIA

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
alle spese processuali, che liquida in euro 12.000,00
per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

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