Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10767 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/05/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 16/05/2011), n.10767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Techonologyshop S.p.A. in concordato preventivo, in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via Lazio

20/C, presso l’avv. Coggiatti Claudio, che lo rappresenta e difende,

unitamente all’avv. Nicola Bianchi, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna n. 23/23/08 dell’8/4/08;

udito l’avv. Coggiatti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380bis; nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso del contribuente contro il provvedimento di diniego, per l’anno 2002, di domanda di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9.

La società resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale.

Il ricorso principale contiene un motivo e l’incidentale due. Possono essere entrambi trattati in camera di consiglio, con accoglimento del ricorso principale e rigetto dell’incidentale, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il secondo motivo di ricorso incidentale – potenzialmente assorbente – la società censura la decisione, nella parte in cui si afferma che, ai fini della sussistenza di una causa ostativa alla definizione agevolata L. n. 289 del 2002, ex art. 9 la consegna del processo verbale sarebbe equivalente alla notifica.

Il mezzo è infondato. Sia pure in ipotesi diversa, questa Corte – come ricordato dallo stesso giudice tributario – ha infatti affermato che, in tema di accertamento con adesione, il riferimento, contenuto nel D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 3 come modificato dal D.L. 9 agosto 1995, n. 345, art. 1 alla notificazione del processo verbale di constatazione, quale fatto ostativo alla definizione, non esclude che la fattispecie impeditiva possa realizzarsi anche attraverso la mera consegna del processo verbale all’interessato; la relativa attestazione, infatti, costituendo prova ufficiale di tale adempimento, è idonea a soddisfare le esigenze di certezza sottese alla forma speciale prescritta affinchè il contenuto dell’atto sia portato a conoscenza dell’interessato, non valendo, in contrario, il riferimento alle modalità previste per l’atto di accertamento, per il quale non sono prescritte forme di comunicazione preliminari o alternative alla notifica (Cass. 24913/05).

L’applicazione alla fattispecie del medesimo principio comporta il rigetto del motivo di ricorso.

Con il primo motivo, la ricorrente incidentale si duole che il giudice tributario abbia ritenuto insussistente la dedotta inesistenza o nullità insanabile della notificazione a mezzo posta del provvedimento, non essendo stata trascritta la relata sulla copia dell’atto notificato.

Anche il primo motivo è infondato. Questa Corte ha infatti affermato che, qualora la notifica sia effettuata a mezzo del servizio postale, la fase essenziale del procedimento è costituita dall’attività dell’agente postale, mentre quella dell’ufficiale giudiziario (o di colui che sia autorizzato ad avvalersi di tale mezzo di notificazione) ha il solo scopo di fornire al richiedente la prova dell’avvenuta spedizione e l’indicazione dell’ufficio postale al quale è stato consegnato il plico: pertanto, qualora all’atto sia allegato l’avviso di ricevimento ritualmente compilato, la mancata apposizione sull’originale o sulla copia consegnata al destinatario della relazione prevista dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 3 non comporta l’inesistenza della notifica, ma una mera irregolarità, che non può essere fatta valere dal destinatario, trattandosi di un adempimento che non è previsto nel suo interesse (Cass. 21762/09).

Con l’unico motivo di ricorso principale l’Agenzia si duole che il giudice tributario, in applicazione del principio di tutela della buona fede, di cui all’art. 10, comma 1, dello Statuto del contribuente, abbia ritenuto che l’istanza di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 invalida ai sensi della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 44, lett. e), possa convenirsi in istanza di condono ex art. 15 della stessa legge, tenuto conto della equivocità del riferimento alla notificazione contenuto nel citato comma 44, lett. e).

Il mezzo è fondato.

Quanto all’IVA, è assorbente il rilievo che la Corte di giustizia, in un procedimento di infrazione promosso dalla Commissione nei confronti dell’Italia (sentenza del 17 luglio 2008 in causa C- 132/06), in relazione al condono IVA di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9 ha in sostanza affermato che non compete agli Stati membri disporre misure di condono in relazione all’IVA, quale imposta armonizzata, ostandovi il disposto degli artt. 2 e 22 della sesta direttiva e dell’art. 10 CE (SSUU 3673/10 ed altre). Tale principio è sicuramente estensibile anche al condono ex art. 15 della stessa legge.

Quanto alle imposte dirette, è agevole rilevare che la definizione automatica per gli anni pregressi è profondamente differente dalla definizione dei processi verbali di constatazione di cui all’art. 15, che prevede tra l’altro aliquote maggiori, cosicchè, in difetto di qualsiasi esplicita previsione normativa, non è possibile – sia pure in ragione di un generale principio di tutela della buona fede – attribuire alla domanda di condono tombale gli effetto di una definizione ex art. 15”;

che la società controricorrente ha depositato una memoria;

che il collegio condivide la proposta del relatore, osservando in particolare: a) che le osservazioni svolte in memoria circa le diverse modalità di calcolo degli importi da pagare ai sensi della L. n. 289 del 2002, artt. 9 e 15 ancor più convincono della impossibilità di conversione dell’istanza ex art. 9 in virtù del principio di tutela della buona fede; b) che l’omessa pronuncia riguardo all’IRAP non è stata denunciata in sede di ricorso incidentale;

che pertanto, previa riunione, va accolto il ricorso principale e rigettato l’incidentale;

che, attesa la novità della questione, appare equo disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi; accoglie il principale e rigetta l’incidentale;

spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione tributaria, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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