Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1076 del 21/01/2021
Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1076
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17437/2020 R.G. proposto da:
BANCA DI FILOTTRANO CREDITO COOPERATIVO DI FILOTRANO E DI CAMERANO
SOC. COOP., in persona del presidente p.t. S.L.,
rappresentata e difesa dall’Avv. Luca Forte, con domicilio eletto in
Roma, via Oslavia, n. 40, presso lo studio dell’Avv. Maria Granillo;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.A.S. E DI B.M. E R.M.;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Ancona depositato il 26 aprile
2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 novembre
2020 dal Consigliere Guido Mercolino.
Fatto
RILEVATO
che la Banca di Filottrano Credito Cooperativo di Filottrano e di Camerano Soc. Coop. ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso il decreto del 26 aprile 2018, con cui il Tribunale di Ancona, nel rigettare l’opposizione da essa proposta avverso lo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) S.a.s. e di B.M. e R.M., l’ha condannata al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 21.387,00 a titolo di onorario, oltre spese generali, IVA e competenze di legge;
che l’intimato non ha svolto attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 75 disp. att. c.p.c., della L. 7 novembre 1957, n. 1051, del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, della L. 13 giugno 1942, n. 794 e del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, nonchè il difetto di motivazione, censurando il decreto impugnato per aver liquidato il compenso dovuto a titolo di onorario in maniera globale, nonostante l’omesso deposito della nota spese ad opera della parte vittoriosa;
che il motivo è infondato;
che, in tema di liquidazione delle spese processuali, l’esigenza di fornire un’adeguata motivazione a sostegno della determinazione degl’importi riconosciuti alla parte vittoriosa sorge soltanto a fronte del deposito, ad opera di quest’ultima, di una nota specifica recante l’indicazione delle attività svolte e delle somme richieste, dovendo il giudice spiegare le ragioni dell’eliminazione o della riduzione di alcune di esse, al fine di rendere possibile la verifica della conformità della liquidazione alle risultanze degli atti ed ai parametri ministeriali (cfr. Cass., Sez. lav., 5/04/2017, n. 8824; Cass., Sez. III, 14/10/2015, n. 20604; Cass., Sez. VI, 30/03/2011, n. 7293), mentre nel caso in cui, come nella specie, la predetta nota non sia stata prodotta, deve ritenersi sufficiente la distinta indicazione della somma complessivamente spettante a titolo di compenso e di quelle dovute per esborsi, spese generali ed accessori di legge, incombendo alla parte che ne contesti la liquidazione l’onere d’indicare analiticamente le voci e gl’importi in relazione ai quali l’importo riconosciuto deve considerarsi errato (cfr. Cass., Sez. VI, 21/02/ 2017, n. 30716; 27/03/2013, n. 7654);
che è invece inammissibile, per difetto di specificità, il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della L. n. 794 del 1942, della L. 1051 del 1957, del R.D.L. n. 1578 del 1933 e del D.M. n. 55 del 2014, nonchè il difetto di motivazione, sostenendo che, nel liquidare il compenso dovuto a titolo di onorario, il Tribunale non ha tenuto conto dell’attività effettivamente svolta dal curatore del fallimento, consistente esclusivamente nello studio della controversia e nella redazione della comparsa di costituzione;
che, nell’affermare l’illegittimità della liquidazione risultante dal decreto impugnato, la ricorrente si limita infatti a contestare la congruità del compenso complessivamente riconosciuto in favore del fallimento, evidenziando la partecipazione del curatore ad alcune soltanto delle fasi processuali contemplate dalla tariffa vigente, e desumendone il superamento dell’importo massimo risultante dall’applicazione dei parametri di legge, ma omettendo di riportare, a corredo delle proprie censure, il contenuto degli atti e dei verbali ai quali si riferisce, in modo tale da consentire a questa Corte di riscontrare la veridicità del proprio assunto, ancor prima di stabilirne la fondatezza;
che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021