Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1076 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 18/01/2011, (ud. 20/10/2010, dep. 18/01/2011), n.1076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 27326/2007 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliati in Roma, Via della

Consulta n. 50, presso lo studio dell’Avv. Antonio Mancini,

rappresentato e difeso dall’Avv. NICOLINI Alessandro del foro di

Milano come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA ANTONVENKTA S.p.A, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

nonchè sul ricorso n. 31647/2007 proposto da:

BANCA ANTONVENETA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele

II n. 326, presso lo studio dell’Avv. Renato Scognamiglio, che la

rappresenta e difende per procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

L.R., elettivamente domiciliati in Roma, Via della

Consulta n. 50, presso lo studio dell’Avv. Antonio Mancini,

rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandro Nicolini del foro di

Milano come da procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente a ricorso incidentale –

per la cassazione della sentenza n. 790/06 del 20.10.2006/2.11.2006

della Corte di Appello di Milano (R.G. n. 568 dell’anno 2005).

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20.10.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Antonio Mancini, per delega dell’Avv. Alessandro

Nicolini, per il ricorrente principale e l’Avv. Claudio Scognamiglio,

per delega dell’Avv. Renato Scognamiglio, per la controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. BASILE

Tommaso, che ha concluso per i l’inammissibilità o, via subordinata,

per rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza non definitiva n. 1155 del 2004 il Tribunale di Milano rigettava la domanda proposta da L.R. contro la BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA, incorporante la Banca Nazionale dell’Agricoltura, presso cui lo stesso aveva lavorato dal 16.11.1965 al 3.10.1998, volta ad ottenere le differenze derivanti dal mancato adeguamento di premi di una polizza assicurativa collettiva stipulata con l?INA agli incrementi retributivi da lui riportati nel tempo alla cessazione del rapporto di lavoro con la società.

L’ex dipendente della BNA si era richiamato anche alla convenzione aggiuntiva stipulata dalla banca con l’INA il 18.05.1946, con la quale la stessa BNA aveva rinunciato a fruire dei rendimenti dei premi con devoluzione a favore dei medesimi dipendenti, per alimentare una polizza suppletiva destinata ad incrementare il capitale maturato a favore dei lavoratori.

La sentenza veniva appellata dall’ex dipendente, che deduceva erronea motivazione, per essere stato ritenuto che la convenzione anzidetta fosse stata modificata dalla banca prima della sua assunzione e che la modifica fosse stata da lui conosciuta.

2. La decisione di primo grado è stata confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza n. 790 del 2006, la quale ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sentenza n. 8182 e 8184 del 22 luglio 1993) e successiva giurisprudenza di legittimità, secondo la quale i contratti di assicurazione, stipulati ai sensi del R.D.L. n. 5 del 1942, in alternativa agli accantonamenti presso il fondo delle indennità, hanno natura di contratti a favore di terzi, rispetto ai quali la facoltà attribuita dall’art. 1411 cod. civ., allo stipulante di revocare o modificare la stipulazione prima che il terzo dichiari, nei confronti di entrambe le parti, di volerne profittare, deve ritenersi preclusa dal fatto che il sistema di liquidazione dell’indennità, aventi, carattere retributivo, assicurato ai dipendenti da tali contratti, integra una variazione migliorativa del trattamento economico spettante ai medesimi, la quale una volta che sia stata introdotta ed accettata sia pure tacitamente dai lavoratori, impegna alla sua osservanza entrambe le parti dei singoli contratti di lavoro.

La Corte territoriale, alla stregua di tale orientamento, ha ritenuto l’infondatezza delle pretese azionate atteso che il ricorrente era stato assunto successivamente (e di molti anni: da dieci anni circa) alla circolare del 1955, che formalmente – di fatto ciò era accaduto dal 1950 – ha revocato la precedente del 1946 che comunicò ai lavoratori l’avvenuta stipulazione della polizza. Il che ad avviso della stessa Corte, implicava che non potesse esservi stata l’accettazione, sia pure tacita; del lavoratore indispensabile secondo la natura negoziale dell’obbligo ritenuta dalle Sezioni Unite avesse impegnato entrambe le parti dei singoli contratti di lavoro, una volta che la variazione migliorativa del trattamento economico fosse stata introdotta dall’imprenditore.

La Corte ha evidenziato sul punto che:

– la convenzione del 1942 quale contratto a favore di terzi era quella di cui all’art. 1411 cod. civ., ossia revocabile fino alla dichiarazione di non voler profittare per i terzi all’epoca esistenti – ossia per i dipendenti in forza, pur se era detto che valeva anche per il personale assunto in futuro;

– l’efficacia di cui all’art. 1411 cod. civ., e la stessa valenza della circolare del 1946 erano venuti meno per effetto della circolare del 1955;

– il contenuto della circolare n. 1763 del 1955 era l’abrogazione o la revoca della rinuncia al rendimento della polizza operata dalla BNA a favore dei dipendenti con la circolare del 1946;

– piena efficacia giuridica aveva l’anzidetta circolare, pur se proveniente dal servizio del personale della direzione centrale, non essendo stata contestata sul profilo dei poteri rappresentativi;

– conseguentemente non avrebbe potuto esservi stata accettazione (o dichiarazione di non voler profittare) della regola favorevole da parte dell’attore, posto che quest’ultima non c’era più quando era sorto il suo rapporto di lavoro;

– nei confronti dei dipendenti assunti dopo il 1955 non avrebbe potuto ravvisarsi la formazione di prassi aziendale, trattandosi di rendimento congelato nel 1950 e quindi, sul piano del fatto, di rendimento diverso.

La stessa Corte territoriale ha ritenuto che i versamenti effettuati dal datore di lavoro al fondo di previdenza integrativa privata, in osservanza di obbligo contrattuale collettivo, avessero natura retributiva e fossero perciò inclusi nella base di calcolo dell’indennità di anzianità e del trattamento d fine rapporto.

3. Il L. ricorre per cassazione con otto motivi.

L’intimata Banca resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale, contrastato dal L. con proprio controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato rispettiva memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza.

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 15 preleggi, sostenendo che l’impugnata sentenza in modo erroneo ha ritenuto l’istituto dell’abrogazione applicabile ai contratti.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere trascurato l’impugnata sentenza di individuare la dichiarazione di revoca o la convenzione di modifica della stipulazione del 1946, neppure prodotte in giudizio e nemmeno citate dalla Banca Antonveneta.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1372 cod. civ., per avere l’impugnata sentenza ritenuto in modo erroneo che una convenzione potesse essere modificata o sciolta per effetto di determinazione unilaterale di uno solo dei contraenti.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con particolare riguardo alle difese svolte dal ricorrente circa la pretesa revoca da parte della Banca di una circolare del 1946 con la circolare del 1955, che menziona una circolare del 1945.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, e ciò in relazione al contenuto della circolare del 1946, con la quale era stato rivolto l’invito alle filiali della banca di informare i dipendenti della convenzione di quell’anno relativa ai rendimenti dei premi assicurativi INA. In questa situazione, ad avviso del ricorrente, avrebbe potuto desumersi che era venuto meno solo l’obbligo informativo imposto ai direttori di filale, ma non l’impegno della Banca a cedere ai dipendenti i rendimenti dei premi.

Con il sesto motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere l’impugnata sentenza confuso la revoca dell’impegno di girare ai dipendenti il rendimento riconosciutole dall’INA, mai intervenuta, con il “congelamento” del capitale assicurato al 1950.

Con il settimo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del R.D.L. 8 gennaio 1942, n. 5, artt. 2 e 4 (convertiti) in L. n. 1251 del 1942), in relazione al congelamento ad una certa data (1950) del capitale assicurato e relativi premi.

Con l’ottavo motivo il ricorrente lamenta illogica e contraddittoria motivazione, e ciò perchè punto decisivo non è la revoca (inesistente) dell’impegno a rinunciare ai rendimenti di polizza a favore dei dipendenti (rinuncia rimasta inoperante), ma la violazione dell’obbligo di adeguare i premi assicurativi all’evoluzione in aumento della retribuzione dei dipendenti stessi.

Il ricorrente ha ripercorso tutto l’iter della vicenda a partire dal testo normativo del R.D.L. n. 5 del 1942, snodatosi:

– attraverso la stipula di convenzione della BNA con l’INA nel 1942;

– la disdetta di tale convenzione nel 1946;

– la devoluzione – comunicata con circolare n. 266 del 19.06.1946 – del rendimento dei premi a vantaggio dei lavoratori;

– il congelamento da parte della BNA nel 1950 degli accantonamenti con riferimento alle retribuzioni in atto a quella data:

– l’emanazione della circolare 19.02.1955 n. 1763 che comunicava al personale l’abrogazione della circolare del 1946 relativa all’attribuzione dei premi di rendimento.

Ciò premesso, il ricorrente non condivide la soluzione data dal giudice di appello, ritenendo che l’impugnata sentenza non abbia tenuto nella debita considerazione il comportamento della Banca, la quale avrebbe violato la legge e gli impegni contrattuali del 1942 e del 1946 in precedenza richiamati, in base ai quali gli effetti positivi riguardanti il rendimento delle polizze INA andavano anche a vantaggio dei lavoratori assunti successivamente senza alcuna limitazione a causa del congelamento dei premi attuato dalla Banca:

congelamento che si assume non verificato nella sua legittimità e in rapporto al quantum dell’accreditamento.

Lo stesso ricorrente osserva, come già detto, che nessuna efficacia potrebbe essere riconosciuta alla circolare del 1955, per essere stata effettuata la revoca della circolare del 1946 con l’indicazione del solo numero di essa in un lunghissimo elenco di altrettante circolari, anche esse indicate con il numero.

In sede di memoria ex art. 378 c.p.c., il ricorrente principale richiama l’attenzione sul profilo riguardante l’omessa verifica e motivazione da parte del giudice di appello dell’accreditamento in rapporto al congelamento dei premi, nonchè della legittimità di quel congelamento in relazione alla necessità, imposta dal D.L. n. 5 del 1942, artt. 2 e 4, di adeguamento della polizza assicurativa mediante versamento di premi rapportati alle dinamiche delle retribuzioni.

Le esposte ed articolate censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

Questa Corte ha affermato, sulla base di condivisibile orientamento giurisprudenziale, che i contratti di assicurazione, stipulati dal datore di lavoro in relazione al R.D.L. 8 gennaio 1942, n. 5, art. 4 (sul Fondo per l’indennità agli impiegati) per garantire ai singoli dipendenti un sistema di liquidazione dell’indennità di anzianità superiore al minimo legale, hanno natura di contratti a favore di terzi, rispetto ai quali, però la facoltà, attribuita dall’art. 1411 cod. civ., allo stipulante, di revocare o modificare la stipulazione prima che il terzo dichiari, nei confronti di entrambe le parti del contratto, di volerne profittare, è preclusa dal fatto che, nei modi suddetti, si introduce una variazione migliorativa del trattamento economico che, una volta accettata, sia pure tacitamente dai lavoratori, impegna alla sua osservanza ambedue le parti dei singoli contratti di lavoro (cfr Cass. Sezioni Unite n. 8192 del 1993; Cass. n. 17221 del 2004; Cass. n. 2894 del 2007 ed altre conformi).

Da tale orientamento si ricava che l’obbligo della Banca di adeguare i premi agli aumenti di retribuzione, derivando direttamente dal disposto del R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4, non può essere posto nel nulla da una manifestazione unilaterale di volontà dello stipulante e continua ad operare a favore di tutti i dipendenti fino al 1982.

L’obbligo invece della Banca di devolvere ai dipendenti gli interessi sui premi corrisposti all’assicuratore trova origine esclusivamente nella convenzione aggiuntiva del 18 maggio 1946 e costituisce essa stessa un contratto a favore di terzi, con la conseguenza che lo stipulante, a norma dell’art. 1411 cod. civ., può revocare il beneficio fino al momento in cui il terzo non dichiari di volerne profittare (in questo senso Cass. n. 2894 del 2007 cit.).

Su questa problematica si innesta la questione, sollevata dal ricorrente relativa alla circolare n. 1763 del 1955, alla quale, a suo avviso, non sarebbe da attribuire l’effetto di abrogare la precedente circolare n. 266 del 1946. Tale questione è stata risolta dal giudice di appello, il quale ha ritenuto che il contenuto della circolare n. 1763 fosse proprio di abrogare o revocare la rinuncia al rendimento della polizza operata dalla Banca a favore dei dipendenti con la circolare del 1946.

La decisione risulta conforme a quanto affermato da questa stessa Corte, che, in analoghe controversie, ha sostenuto che la revoca del beneficio contenuta nella circolare del 1955 non riguardava i dipendenti in servizio alla data della stessa circolare (febbraio 1955), ma quelli assunti successivamente (cfr. Cass. n. 17221 del 2004 cit.; Cass. n. 2894 del 2007 cit.).

In questa situazione, secondo la forte territoriale, è venuto a trovarsi l’attuate ricorrente assunto dopo il febbraio 1955, che quindi non avrebbe potuto esprimere accettazione o dichiarazione di voler profittare ex art. 1411 c.c., di una convenzione contenente un beneficio non più in vigore quando era sorto il suo rapporto di lavoro.

La stessa Corte di merito ha escluso che nei confronti dei dipendenti assumi dopo il 1955 si fosse la formata una prassi aziendale in relazione al comportamento tenuto dalla datrice di lavoro, ponendo in rilievo che nella specie non si ravvisava un reiterato comportamento da parte della datrice di lavoro, mentre il ricorrente non ha contrastato tale statuizione.

3. Da parte sua la Banca Antonveneta ha denunciato violazione di norme di diritto (artt. 36 e 38 Cost., art. 2099 cod. civ., della L. n. 153 del 1969, art. 12, D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 9 bis, D.L. 29 marzo 1991, convertito nella L. n. 166 del 1991), nonchè vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e n. 5).

Sostiene al riguardo che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, i contributi versati dalla BNA al Fondo di previdenza integrativa aziendale (4% della retribuzione lorda, oltre al 2% a carico dei lavoratori) non hanno natura retributiva, ma previdenziale, e pertanto non vanno inclusi nella base di calcolo dell’indennità di anzianità.

La doglianza è priva di pregio e va disattesa.

La sentenza di appello si è richiamata all’orientamento di questa Corte, che si ritiene di condividere, secondo il quale i trattamenti pensionistici integrativi, erogati a seguito della costituzione di fondi speciali previsti dalla contrattazione collettiva, hanno natura retributiva, anche se sono esigibili dopo la cessazione del rapporto di lavoro, essendo in nesso di corrispettività con la prestazione lavorativa a causa dell’interdipendenza con la durata del servizio e la misura della retribuzione ricevuta (Cfr Cass. n. 13558 del 2 novembre 2001; Cass. n. 14591 del 14 ottobre 2002; Cass. n. 783 del 17 gennaio 2006).

Corretta è pertanto la statuizione, contenuta nell’impugnata sentenza, in ordine all’inclusione nella base di calcolo dell’indennità di anzianità dei versamenti effettuati dal datore di lavoro.

4. In conclusione entrambi i ricorsi sono destituiti di fondamento e vanno rigettati.

Ricorrono giustificate ragioni, in considerazione della soccombenza reciproca delle parti, per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA