Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10758 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10758 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 28249-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
605

contro

ASS. NARCONON TUCANO in persona del Presidente
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli
avvocati LIVIA MORONE, ARIOLI ANDREA, D’AGOSTINI

Data pubblicazione: 08/05/2013

FABRIZIO con studio in TORINO VIA GARIBALDI 45
(avviso postale) giusta delega in calce;

controricorrente

avverso la sentenza n. 69/2006 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 22/09/2006;

udienza del 20/02/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’AGOSTINI
che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto dei motivi 1 0 ,2 0 ,5 0 e 6 ° e l’accoglimento del
3 ° e 4 ° motivo del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
L’ufficio imposte dirette di Gallarate accertò, in
relazione all’anno d’imposta 1992, nei confronti
dell’associazione Narconon Tucano (svolgente attività
di riabilitazione di tossicodipendenti), un maggior

reddito imponibile ai fini dell’Irpeg e dell’Ilor,
sulla scorta di plurimi rilievi afferenti l’omessa
dichiarazione di ricavi e l’esposizione di costi non
inerenti.
L’avviso, dietro impugnazione della contribuente,
venne peraltro annullato dalla commissione tributaria
provinciale di Varese.
La commissione tributaria regionale della Lombardia,
con sentenza in data 22.9.2006, confermò la
decisione.
L’agenzia delle entrate propone ora ricorso per
cassazione articolando sei motivi.
L’associazione Narconon resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Col primo mezzo la ricorrente deduce
l’insufficiente motivazione della sentenza in ordine
al rilievo concernente l’omessa dichiarazione di
somme riscosse da terzi quale contributo per la
partecipazione al programma di riabilitazione.
L’impugnata sentenza al riguardo ha accertato che il
rilievo

era

“frutto

di

una

discrepanza

fra

1

l’intestazione delle ricevute e l’intestazione delle
fatture”, causata dal fatto che “i pagamenti erano
per lo più effettuati da soggetti diversi da coloro
che usufruivano del servizio cosicché le ricevute
erano rilasciate a chi effettuava il pagamento,

mentre le fatture erano intestatt agli ospiti del
centro”. Ha in ogni caso aggiunto che “la prova della
regolare registrazione” era emersa dal controllo
della guardia di finanza che aveva riscontrato la
“giusta corrispondenza”.
L’agenzia delle entrate assume, invece, che la
sentenza impugnata sia inficiata dall’aver trascurato
l’ elemento di fatto decisivo, accertato dalla
guardia di finanza e poi dedotto nell’atto di
appello, del “collegamento tra l’intestatario della
fattura ed il nominativo indicato sulla ricevuta”.
Ma, il motivo, ove non inammissibile per difetto di
autosufficienza, non essendo riportata – neppure per
tratti salienti – la risultanza del verbale della
guardia di finanza infine allusa, omette di
evidenziarne la ragione di decisività, non essendo in
modo alcuno spiegato perché il detto collegamento
sarebbe stato tale da incidere sulla (diversa)
valutazione del fatto.
M – Il secondo motivo denunzia la violazione e
falsa applicazione dell’art. 52, 5 ° co., del d.p.r.

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n. 633 del 1972 e dell’art. 33, 1 ° co., del d.p.r. n.
600 del 1973, in relazione al recupero a tassazione quali costi non inerenti delle spese di
manutenzione e riparazione di un’ autovettura Renault
Nevada non intestata all’associazione.
In proposito l’impugnata sentenza ha accertato che

trattavasi di mezzo concesso all’associazione in
comodato gratuito.
Il secondo motivo censura la statuizione formulando
il quesito se, ai sensi delle disposizioni succitate,
possa esser preso in considerazione, in favore del
contribuente, un documento

nello specifico il
non esibito durante la

contratto di comodato

verifica fiscale, ove il contribuente non abbia
provato la non volontarietà della sottrazione
originaria del medesimo, poi tardivamente prodotto.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto dà per
presupposto un fatto che dalla sentenza non risulta;
vale a dire che (art. 52, 5 ° co., del d.p.r. n. 633
del 1972, richiamato dall’art. 33, l ° co., del d.p.r.
n. 600 del 1973 ai fini delle verifiche in materia di
imposte dirette) il documento in questione non era
stato esibito nonostante la richiesta degli
accertatori,

ovvero

era

stato

volontariamente

sottratto alla ispezione.

3

III. – Col terzo mezzo la ricorrente deduce la
violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.,
quanto al rilievo afferente i costi – ritenuti non
inerenti – relativi a saune fruite da nove persone.
Il mezzo è inammissibile in relazione al quesito di

diritto, che invero risulta formulato nel solco di
una regola normativa ripetuta in modo astratto (“dica
la S.C. se, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., sia nulla
la sentenza della CTR che abbia omesso di
pronunciarsi su uno dei motivi di appello dedotti
dall’ufficio”). Sicché, nei detti termini, il quesito
non riesce a integrare il punto di congiunzione tra
l’enunciazione del principio giuridico generale
richiamato e la soluzione del caso specifico (e v.
infatti,

ex multis,

sez. un. n. 14385/07; n. 6420/08;

nonché Cass. n. 22640/07, n. 3519/08, n. 11535/08; n.
4044/09).
Il collegio – seppure prendendo atto di quanto ancora
di recente affermato da Cass. n. 17059/12 (per vero
preceduta da Cass. n. 19558/09 e n. 16941/08) intende aderire, e dare continuità, all’indirizzo
giurisprudenziale prevalente, il quale assume che il
motivo di ricorso per cassazione, soggetto al d. lgs.
n. 40 del 2006, deve in ogni caso concludersi con la
formulazione di un idoneo quesito di diritto. E ciò
anche quando un

error in procedendo

sia dedotto in

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rapporto alla affermata violazione dell’art. 112
c.p.c. (tra le numerosissime, v. Cass. n. 4146/11; n.
1310/10; n. 22578/09; n. 4329/09), non essendovi
spazio, in base al testo dell’art. 366-bis c.p.c.,
per ipotizzare una distinzione tra i motivi

d’impugnazione associati a vizi di attività, a
seconda che comportino, o meno, la soluzione di
questioni interpretative di norme processuali.
IV.

Egualmente inammissibile in relazione al

quesito di diritto risulta essere il quarto motivo,
con cui l’amministrazione deduce la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 75 del Tuir quanto al
rilievo concernente i costi relativi a talune
consumazioni presso il bar dell’albergo Concorde.
Il quesito, chiedendo di dire “se siano deducibili
costi risultanti da mere ricevute non fiscali”, si
rivela generico e non incidente sulla ratio decidendi
dell’impugnata sentenza, posto che la commissione
tributaria regionale ha accertato che le ricevute,
ancorché ordinarie, erano a tutti gli effetti
dimostrative della specificità dei costi. I quali
costi erano come tali inerenti e deducibili.
V. – Il quinto e il sesto motivo, tra loro connessi e
suscettibili

di

unitario

esame,

sono

invece

infondati.

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Il

quinto

deduce

la

violazione

e

la

falsa

applicazione degli artt. 55 e 75 del Tuir, quanto al
recupero a tassazione di un importo pari ai compensi
asseritamente corrisposti ai collaboratori
dell’associazione.

Il sesto a sua volta deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 75 del Tuir, 52, 5 ° co., del
d.p.r. n. 633 del 1972, 33, l ° co., del d.p.r. n. 600
del 1973, sempre in relazione ai costi suddetti, in
quanto giudicati deducibili ancorché privi di
ricevuta.
Entrambi muovono da una tesi giuridicamente errata.
VI. – E’ rilievo preliminare che la sentenza ha
affermato che la somma, debitamente annotata nelle
schede contabili del registro dei compensi a terzi,
si riferiva ai compensi relativi al 1992.
Tali compensi, non essendo stati ancora pagati alla
data della verifica fiscale, erano privi di ricevuta.
La sentenza ha ritenuto che gli stessi erano stati
correttamente contabilizzati nell’anno di competenza.
L’agenzia delle entrate sostiene che, in quanto non
sostenuti fino al momento della verifica fiscale (a
giustappunto non sorretti da ricevuta), i compensi
non potevano essere contabilizzati come costi, ma
costituivano sopravvenienze attive imponibili non
dichiarate.

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Questa affermazione non può essere condivisa dalla
corte.
In tema di determinazione del reddito di impresa,
nell’

ampio concetto di

sopravvenienze attive

(delineato dal 1 0 co. dell’art. 55 dell’allora

vigente Tuir) rientrano tutte quelle situazioni in
cui, per qualsiasi ragione, si verifichi in bilancio
una connotazione attiva che determini un incremento
degli elementi che avevano concorso a formare il
reddito in precedenti esercizi (v. per utili
riferimenti Cass. n. 13224/07).
E secondo la giurisprudenza di questa corte (v. per
es. Cass. n. 24474/06) le regole sull’imputazione
temporale dei componenti del reddito suppongono che
gli elementi reddituali derivanti da una determinata
operazione siano iscritti in bilancio non già con
riferimento alla data del pagamento del
corrispettivo, ma nel momento in cui esso perviene a
completa maturazione, (indipendentemente quindi anche
dalla fatturazione: v. Cass. n. 11213/02).
L’unico limite è costituito dalla certezza di costi
(o dei ricavi) non ancora determinabili.
VII. – Orbene, l’inesistenza di tale condizione di
certezza dei costi non risulta neppure dedotta nel
caso di specie.

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Consegue che correttamente la commissione regionale
ha ritenuto che il costo per i compensi dovuti ai
collaboratori dell’associazione

(id est,

il costo del

fattore lavoro), certo e determinabile nell’anno
1992, andasse contabilizzato nell’anno medesimo in

forza del principio di competenza, indipendentemente
dal pagamento. Invero la detrazione di tale costo
doveva avvenire nello stesso periodo di imposta al
quale erano da imputare i ricavi.
Tale era
pro

il principio espresso dal Tuir nel testo

tempore

rinveniente nell’art. 75, 1 0 co. (“I

ricavi, le spese, e gli altri componenti positivi o
negativi

concorrono a formare il reddito

nell’esercizio di competenza Il quale
d’altronde andava (e va ancora oggi) inteso in netta
consonanza con i principi civilistici di redazione di
un bilancio (v. l’art. 2423-bis, n. 3, c.c. finanche
nel testo

pro

tempore),

atteso che pure nella

redazione del bilancio si deve tener conto “dei
proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio,
indipendentemente dalla data di incasso o di
pagamento”.
Dovevasi quindi considerare senz’ altro ammissibile,
ai sensi del ripetuto art. 75 del Tuir, la deduzione
dei costi per compensi di collaboratori dell’impresa,
in quanto costi certi nella loro esistenza e

8

determinabili sulla base degli elementi risultanti
alla chiusura dell’esercizio, indipendentemente
dall’eventuale pagamento in corso di anno.
VIII. – L’agenzia delle entrate ulteriormente obietta
che l’omesso pagamento realizzava in generale una

sopravvenienza attiva tassabile, all’epoca dei fatti
ai sensi dell’art. 55 del Tuir.
Ma questo – osserva la corte – poteva esser vero nei
limiti degli esercizi successivi, e alla condizione
che potesse desumersi la sopravvenuta inesistenza
della passività (per esempio per atti abdicativi del
credito da parte del terzo, ovvero per prescrizione).
Nessuna rilevanza possiede invece la suddetta
obiezione nel caso di specie, in cui invero si
discuteva del reddito accertato quanto all’anno di
determinazione del costo sulla base del criterio di
competenza (il 1992, appunto).
Sicché in nessun modo poteva evocarsi, nel senso
dianzi rammentato, il concetto di sopravvenienza
attiva.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
alle spese processuali, che liquida in euro 3.200,00,
di cui euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori di
legge.

9

CSENTE DA REGISTRAZIONI
Al si,INsi 21 1–:1_, D.P.R. 2-94/19%

N. 131
MA.V.E`AliA

– N.5
3t.,!TAJC 1 .

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

quinta sezione civile, addì 20 febbraio 2013.

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