Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10758 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/06/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 05/06/2020), n.10758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23933-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI CAUSI;

– ricorrente –

contro

D.N.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIBULLO,

N. 10, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FIORENTINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ATTILIO SCARCELLA;

– controricorrente –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1798/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 1798 pubblicata il 25.1.2018 la Corte d’appello di Milano, in accoglimento del ricorso proposto da D.N.P. e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato la prescrizione quinquennale dei crediti contributivi oggetto delle cartelle di pagamento specificamente elencate;

2. avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate Riscossione, quale successore ex lege di Equitalia Servizi di riscossione s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso D.N.P.; l’Inps, anche quale mandatario di SCCI spa, ha depositato procura speciale;

3. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; la D. ha depositato memoria tardiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. col primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24, 25 e 49, per non aver applicato il termine di prescrizione decennale trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non opposte dal debitore;

5. ha sostenuto che con la formazione del ruolo e della relativa cartella di pagamento si determinerebbe un effetto novativo delle singole obbligazioni, originariamente dovute a distinte ragioni di credito, verificandosi anche dal punto di vista soggettivo l’ingresso dell’Agente della riscossione al posto dell’ente creditore; in ragione di tale novazione, resterebbe precluso ogni riferimento ai termini di prescrizione e alla relativa decorrenza previsti per ciascuna voce di credito, dovendosi, invece, applicare la prescrizione ordinaria in relazione all’unico credito in cui sono confluite le varie voci, con decorrenza dalla data di notifica della cartella;

6. ferma la inapplicabilità dell’art. 2953 c.c., come affermata da Cass., S.U, n. 23397 del 2016, il diritto di azionare il credito da parte dell’Agente della riscossione, in assenza di disposizioni speciali, sarebbe dunque soggetto alla generale prescrizione di cui all’art. 2946 c.c.;

7. col secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, e del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 17;

8. ha rilevato come la Corte di merito avesse condiviso la decisione delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, secondo cui il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 “è norma chiaramente applicabile soltanto alla riscossione fiscale”, senza considerare che nel testo del citato art. 20, come modificato dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 683, fosse stata eliminata ogni distinzione tra entrate tributarie ed altre entrate, con conseguente applicabilità della prescrizione decennale a tutte le entrate iscritte a ruolo, comprese quelle di natura previdenziale;

9. le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poichè sui punti contestati la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi nuovi rispetto all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (Cass. n. 7155 del 2017);

10. in relazione al primo motivo, soccorre, in particolare, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 2016), secondo il quale: “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)”;

11. in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”;

12. allo stesso modo, non assume rilievo, in relazione al secondo motivo, il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999 nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);

13. per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

14. le spese nei confronti di D.N.P. seguono il criterio di soccombenza e sono liquidate come in dispositivo; non luogo a provvedere sulle spese nei confronti dell’Inps, che non ha svolto attività difensiva;

15. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti di D.N.P. delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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