Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10757 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/05/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 04/05/2010), n.10757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

M.L., elett.te dom.to in Roma, alla via Emilia n. 88,

presso lo studio dell’avv. Carla Pauselli, rapp.to e difesa dall’avv.

Petrella Vincenzo, giusta procura in atti;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Campania n. 222/2007/34 depositatali 6/11/2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 24/3/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, dott. SORRENTINO Federico che ha concluso aderendo alla

relazione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da M.L. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Napoli n. 16/2/06 aveva accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) Irpef 1998. Il ricorso proposto dal Comune si articola in tre motivi.

Resiste con controricorso il contribuente. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 24/3/2010 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria; il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 e art. 5 c.c., D.M. 10 settembre 1992, artt. 2 e 3 nonchè D.M. 19 novembre 1992 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR avrebbe violato tali norme nel ritenere fondati gli assunti della contribuente peraltro non provati.

Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione dell’art. 2699 c.c.. La CTR avrebbe violato la fede privilegiata dell’atto pubblico, nel considerare possibile l’avvenuto pagamento dilazionato con mezzi quali assegni, cambiali etc..

Entrambe le censure sono inammissibili sia in quanto inconferente è il richiamo all’art. 38, comma 4, sia in quanto la ricorrente non indica le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina. Va altresì rilevato che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa – quale quella prospettata dalla ricorrente – è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006).

Con terzo motivo la ricorrente assume la violazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione. La CTR avrebbe violato i limiti del petitum fondando la propria decisione sull’ipotesi di una dilazione di pagamento diversa da quella dedotta dalla parte.

La censura è infondata in quanto l’espressione a riguardo usata dalla CTR (“ben potendo – il pagamento- essere rappresentato dall’emissione di cambiali, assegni o da altra forma di pagamento) appare meramente esemplificativa della modalità satisfattoria dell’estinzione dell’obbligazione.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della M., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della M., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

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