Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10753 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10753 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –

Act>t3

contro

,

INTERNATIONAL OIL POLLUTION COMPENSATION FUND
1971, con sede in Londra, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, piazza Mazzini n. 27, presso l’avv.
Raffaele Sperati, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Nicola
Balestra, giusta delega in atti;
– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n.

Data pubblicazione: 08/05/2013

103/32/07, depositata il 20 settembre 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18 gennaio
2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Raffaele Sperati per il controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Federico
Sorrentino, il quale ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo di
ricorso.

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, articolato in
quattro motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento sia del ricorso
per revocazione proposto dall’International Oil Pollution Compensation
Fund 1971, ente di diritto internazionale con sede in Londra, contro la
sentenza della medesima Commissione del 12 novembre 2005, sia, in sede
rescissoria, l’appello dell’ente, è stato a questo riconosciuto il diritto al
rimborso dell’IVA versata, dal 1986 al 1995, per acquisto di servizi di
assistenza e consulenza legale relativi all’esercizio delle sue funzioni
istituzionali in dipendenza di procedure per limitazione della responsabilità
civile per danni da fuoruscita di idrocarburi.
Il giudice ha ritenuto, da un lato, che la sentenza impugnata ha respinto
l’appello “per mancanza di documentazione che è stata, invece, presentata”,
e, dall’altro, che la stessa Amministrazione aveva espresso, nel 1995, parere
favorevole alla richiesta di esonero dall’IVA formulata dall’Ente, che tale
parere era vincolante e che era stata fornita la prova documentale delle
circostanze fattuali necessarie per il riconoscimento del rimborso.
2. Il Fondo resiste con controricorso e memorie.
Considerato in diritto
1. Il controriconente solleva due eccezioni di inammissibilità del ricorso:
la prima per inesistenza della notificazione in quanto effettuata presso lo
studio del domiciliatario (avv. Alessandro Sperati), deceduto anteriormente
alla notifica; la seconda per incertezza assoluta del soggetto che ha proposto
il ricorso, qualificatosi “Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro
tempore”,

senza specificazione se trattasi della Direzione centrale

dell’Agenzia o dell’Ufficio locale (Roma 6), ad entrambi i quali la sentenza
impugnata era stata notificata.
2

Ritenuto in fatto

Le eccezioni vanno disattese.
Quanto alla prima, è, infatti, consolidato il principio in virtù del quale la
morte del domiciliatario produce sì l’inefficacia della dichiarazione di
elezione di domicilio e la necessità che la notificazione dell’impugnazione
sia eseguita, a norma dell’art. 330, terzo comma, cod. proc. civ., alla parte
personalmente, tuttavia la notifica presso lo studio del domiciliatario
deceduto deve essere considerata nulla e non inesistente – e, pertanto,

specie, un altro professionista ne continui l’attività, dovendosi in questo caso
considerare lo studio dell’avvocato alla stregua di un ufficio e l’elezione di
domicilio effettuata con riferimento all’organizzazione in sé; in tal caso,
infatti, può ritenersi esistente un collegamento tra il destinatario della
notifica e il luogo e le persone alle quali la copia dell’atto è stata consegnata
(Cass. nn. 3102 del 2002; 58, 9543 e 15846 del 2010).
In ordine alla seconda, va osservato — a prescindere da ogni rilievo circa
l’interesse a dedurre la questione – che proprio l’assenza di specificazioni
porta a ritenere inequivocabilmente che il ricorso deve intendersi proposto
dall’Agenzia delle entrate centrale.
2. Va esaminato per primo, per ragioni di priorità logico-giuridica, il
quarto (ed ultimo) motivo di ricorso, con il quale, denunciando la violazione
dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 34, comma 2,
della Convenzione di Bruxelles del 18 dicembre 1971 (istitutiva del Fondo
internazionale per l’indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da
idrocarburi), ratificata e resa esecutiva con legge n. 185 del 1977, e dell’art.
72 del d.P.R. n. 633 del 1972, la ricorrente denuncia la sentenza impugnata
per non avere il giudice rilevato la decadenza del Fondo dal diritto al
rimborso per tardività della relativa istanza, presentata il 29 luglio 1998, con
riguardo a versamenti dell’IVA eseguiti negli anni 1986/1995, e pertanto
oltre il termine biennale stabilito dal citato art. 21, comma 2, del d.lgs. n.
546 del 1992.
Il motivo (conformemente alle conclusioni del P.G., il quale, per mero
errore, lo ha indicato come sesto, anziché quarto) è fondato.
L’art. 34 della menzionata Convenzione di Bruxelles del 18 dicembre
1971, istitutiva del Fondo controricorrente, prevede, per quanto qui rileva, al
comma 2, che “quando il Fondo effettua importanti acquisti di beni mobili o
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sanabile con la costituzione in giudizio – nell’ipotesi in cui, come nella

immobili o fa eseguire prestazioni di importanti servizi, necessari
all’esercizio delle sue attività ufficiali e il cui prezzo comprende diritti
indiretti o tasse sulla vendita, i Governi degli Stati membri adottano, tutte le
volte che è loro possibile, disposizioni opportune per l’esonero o il rimborso
dell’ammontare di tali diritti e tasse”.
La norma, dunque, riconosce il diritto al rimborso ma nulla stabilisce,
rimettendone anzi la previsione della relativa disciplina agli Stati membri, in

Trova, pertanto, nella fattispecie, piena applicazione l’art. 21, comma 2,
ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale prevede, in assenza, come
nella specie, di disposizioni specifiche, il termine di decadenza di due anni
dal pagamento per la presentazione della domanda di rimborso di tributi: si
tratta, come più volte affermato da questa Corte, di una norma di carattere
residuale e di chiusura dell’ordinamento tributario (Cass. nn. 3662 del 2004,
26886 del 2009, 12620 del 2012), nel quale vige, per la ripetizione del
pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da
presentare, a pena di decadenza, nel termine prescritto, regime che
impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per
l’indebito di diritto comune (Cass. n. 15840 del 2006, 25872 del 2009),
anche nel caso in cui il versamento sia avvenuto in contrasto con il diritto
comunitario (Cass. n. 17918 del 2004).
Né, infine, può assumere rilievo, in senso contrario all’applicabilità del
termine anzidetto, il parere espresso dall’Amministrazione nel 1995 su
istanza del Fondo controricorrente: premesso che il riconoscimento del
diritto al rimborso delle imposte, attenendo al diritto indisponibile dello
Stato alla percezione dei tributi, è inidoneo, in linea di principio, ad
impedire la decadenza (Cass. n. 13218 del 2001), nella specie si trattava,
come risulta dal contenuto riportato negli atti di parte, del riconoscimento,
in linea astratta e teorica, della spettanza del rimborso, subordinatamente
alla produzione delle prove documentali ed alla presentazione della relativa
domanda, senza alcun riferimento al termine per tale adempimento, la cui
questione restava pertanto impregiudicata.
In definitiva, essendo pacifico in causa che l’istanza di rimborso è stata
presentata in data 29 luglio 1998 con riguardo a versamenti effettuati nel
periodo dal 1986 al 1995, la stessa deve ritenersi tardiva.
4

ordine alle modalità e, quindi, ai termini per l’esercizio di tale diritto.

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3. Deve essere, pertanto, accolto il quarto motivo di ricorso, con
assorbimento di ogni altra censura; la sentenza impugnata va cassata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa
nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
4. Mentre si ravvisano giusti motivi, in considerazione della peculiarità
della fattispecie e della vicenda processuale, per disporre la compensazione
delle spese dei gradi di merito, il Fondo controricorrente va condannato alle

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo
del contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente alle
spese del giudizio di cassazione, che liquida in €. 10000,00 per compensi,
oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 18 gennaio 2013.

spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

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