Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10751 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. II, 16/05/2011, (ud. 21/03/2011, dep. 16/05/2011), n.10751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Cesare – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24254-2005 proposto da:

COGED SAS P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DELL’AMMINISTRATORE UNICO

SIG. D.S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 12, presso lo studio dell’avvocato AGOSTA GIUSEPPE, che le

rappresenta e difende unitamente all’avvocato IMPERATORE ENNIO;

– ricorrente –

contro

P.L.;

– intimato –

sul ricorso 28263-2005 proposto da:

P.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato

GREZ E ASSOCIATI SRL, rappresentato e difeso dagli avvocati SCOTTO

FERDINANDO, LAUDADIO FELICE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

COGED SAS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2230/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 01/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/03/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, e il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Atto notificato il 30.11.94 P.L. citò al giudizio del Tribunale di Napoli la società COGED s.a.s.,al fine di sentire dichiarare risolto per inadempimento delle stessa,con conseguente condanna al risarcimento dei danni, il “rapporto” di appalto ad oggetto della ristrutturazione di un appartamento,di cui alla scrittura privata dell’11.3.91, deducendo che,non essendo stati osservati i previsti termini di consegnala stato redatto un “verbale di concordamento” del 5.8.93, prevedente un residuo credito dell’impresa per L. venti milioni, a condizione che la stessa eseguisse alcuni interventi per eliminare vizi ed anomalie dell’opera, al che tuttavia non aveva provveduto, come poi accertato con un successivo verbale di chiusura dei lavori redatto il 25.11.93.

Costituitasi la convenuta, contestò il fondamento della domanda, opponendo il proprio esatto adempimento della transazione e chiedendo, in via riconvenzionale, il pagamento a saldo delle spettanze residue, di L. 15.750.000.

Con sentenza del 18.10.01 l’adito tribunale, discostandosi dal parere del nominato c.t.u., ritenuto che la convenuta avesse adempiuto agli obblighi assunti con il “verbale di concordamento”, rigettò la domanda principale ed accolse quella riconvenzionale. Proposto appello dal P., resistito dalla COGED, con sentenza in data 22.4 – 1.7.04 la Corte di Napoli, in parziale accoglimento del gravame, confermata la reiezione della domanda principiale, rigettava anche la riconvenzionale, compensando interamente le spese del doppio grado di giudizio, sulla base delle seguenti essenziali argomentazioni:

a) tenuto conto del carattere novativo della transazione di cui al “verbale di concordamento”, l’attore non poteva più dolersi dell’inadempimento della originaria convenzione;

b) nè poteva essere accolta la domanda di risoluzione del suddetto accordo transattivo, poichè l’equivoca formulazione della clausola di cui all’art. 6 ivi contenuta non consentiva di ritenere detta possibilità prevista ai sensi dell’art. 1976 c.c.;

c) comunque,anche ove fosse stata configurabile siffatta clausola, la mancata previsione tra le opere ancora da e seguirsi, secondo detto “verbale”,della parete in vetro cemento, che secondo il ct.u. sarebbe stata male eseguita,opera che in realtà risultava già essere stata eseguita in precedenza,non poteva rilevare ai fini della risoluzione, essendo coperta dalla transazione, mentre di scarso rilievo erano risultate le altre carenze esecutive, riscontrate nel verbale di consegna, attenendo a dettagli non incidenti sulla fruibilità dell’immobile;

d) fondato era invece il motivo di gravame relativo all’accolta domanda riconvenzionale, considerato che il pagamento del residuo compenso di L. 20.000.000 era stato espressamente condizionato alla “perfetta esecuzione” degli ulteriori lavori, che non poteva ritenersi avvenuta, all’esito della verifica da parte del collaudatore, che aveva messo in rilievo vari difetti, che seppur di scarsa rilevanza, erano ostativi alla verificazione della condizione.

Avverso la suddetta sentenza la COGED s.a.s ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Ha resistito il P. con controricorso, contenente ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va disposta preliminarmente la riunione dei reciproci ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. Con il primo motivo di quello principale vengono dedotte violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., dell’art. 132 c.p.c., n. 4, insuifficienza e/o contraddittorietà di motivazione su punti decisivi.

Le doglianze attengono al rigetto della domanda riconvenzionale, che sarebbe frutto di “apodittico convincimento”, non sufficientemente e logicamente motivato e, peraltro, dubitativo, a differenza del diverso giudizio del Tribunale, correttamente motivato dall’esame delle prove documentali, in particolare dal raffronto, non compiuto dalla Corte, tra il contenuto del “verbale di concordamento” e quello delle riserve del “verbale di collaudo”.

Si sostiene in particolare che, se tale raffronto fosse stato eseguito, come correttamente aveva fatto il primo giudice, si sarebbe rilevato che quelle difformità dubitativamente ritenute, non attenevano ad opere previste nel verbale transattivo, sicchè le stesse non avrebbero potuto spiegare effetto impeditivo al richiesto pagamento del saldo.

Con il secondo motivo, deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., si censura sotto il diverso profilo dell’extra petizione, oltre che di non meglio specificati vizi di motivazione, l’accoglimento nei termini sopra indicati dell’avverso gravame, che in realtà sarebbe stato formulato con riferimento ai complessivi lavori di cui al contratto originario di appalto e non alle opere analiticamente descritte nel verbale di concordamento, senza anche attaccare l’argomentazione del primo giudice, secondo cui le difformità rilevate nel verbale di collaudo attenevano ad opere non previste nel suddetto negozio transattivo. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si censura, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1455 e 1362 c.c. ed omesso esame su punti decisivi della controversia, il rigetto dei motivi di appello concernenti il mancato accoglimento della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, perchè, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, i “c.t.u. con esame approfondito” avrebbe “posto in evidenza le perduranti lesioni dell’intonaco della parete di vetrocemento che l’appaltatrice si era obbligata a rimuovere con la scrittura transattiva, specificando altresì le cause del dissesto.

Tanto premesso, rileva la Corte che nè l’una, nè l’altra impugnazione sia meritevole di accoglimento.

Le censure hinc et inde addotte, infatti, espongono doglianze che, pur pervenendo ad opposte conclusioni, hanno quale comunque punto di riferimento il “verbale di concordamento”, vale a dire l’atto transattivo – novativo che come accertato nella sentenza di merito, aveva sostituito l’originaria convenzione di appalto, con assunzione, da parte dell’appaltatrice, dell’obbligazione di eseguire talune opere che le parti, componendo l’insorta controversia, avevano concordemente ritenuto ancora necessarie, e da parte del committente di quella del pagamento di un residuo prezzo espressamente condizionato all’esecuzione a regola d’arte dei concordati interventi.

Tuttavia nè l’una, nè l’altra parte ha riportato il tenore, se non letterale almeno essenziale, nelle sue parti salienti e rilevanti, del suddetto “verbale di concordamento”, dalle quali poter desumere quali fossero in concreto gli interventi analiticamente indicati, di completamento e di emenda dei precedenti lavori che la società convenuta si era impegnata ad eseguire; sicchè non è dato a questa Corte, senza dover compiere indagini sugli atti in questa sede non consentite, apprezzare la rilevanza e decisività delle reciproche doglianze, che, da una parte, si incentrano sulla circostanza che i rilevati difetti ostativi al saldo del compenso atterrebbero ad opere non previste nel suddetto negozio, e, dall’altra, su quella che anche la sistemazione della parete di vetro – cemento sarebbe stata espressamente contemplata nell’accordo. Tale difetto di autosufficienza, comportante l’inammissibilità delle censure, inficia anche il secondo motivo del ricorso principale, nel quale si omette di precisare quali sarebbero state le opere rispettivamente previste nell’originario contratto e nel “verbale di concordamento” e quale il concreto raffronto operato dal primo giudice; pervenire alla conclusione che le imperfezioni, rilevate nel verbale finale di collaudo, sarebbero state estranee agli interventi transattivamente concordati; sicchè la censura di extra o ultra petizione, per mancata corrispondenza della decisione rispetto alla portata (che si assume riferita alle non meglio precisate opere originarie) dell’avverso motivo di gravame risulta generica.

La reiezione di entrambi i ricorsi comporta, infine, la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi e dichiara interamente compensate le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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