Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1075 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 20/01/2020), n.1075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5804-2018 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VENTI SETTEMBRE, 3, presso lo

studio dell’avvocato DONATELLA ROSSI, rappresentata e difesa

dall’avvocato, PAOLO AVAGNINA;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL o FALLIMENTO (OMISSIS) SRL – CONTABIL, in

persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VARRONE, 9, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUISA DE ROSE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARA AVANCINI;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FILADELFO

CHIRICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 287/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che, con sentenza del 19 gennaio 2018, la Corte d’appello di Milano ha respinto il reclamo proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal Tribunale della stessa città in data 21 settembre 2017;

– che la corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha: a) ritenuto esistenti debiti della società fallita, in forza di decreto ingiuntivo emesso a favore del (OMISSIS), nonchè di un debito verso l’erario documentato dagli estratti di ruolo, costituenti titolo esecutivo; ha concluso che risultano accertati debiti scaduti di importo superiore a quanto previsto dall’art. 15 L.f.; h) accertato la sussistenza dello stato di insolvenza, quale incapacità dell’imprenditore di assolvere con mezzi normali alle sue obbligazioni, in ragione della riscontrata perdurante incapacità della società di far fronte alle obbligazioni fatte valere dai creditori, e ciò nonostante le immobilizzazioni finanziarie e l’entità del patrimonio netto;

– che resistono con controricorsi la procedura ed il (OMISSIS);

– che la ricorrente ha depositato la memoria.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi deducono:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 in quanto la società

non versa in istato di insolvenza, avendo i giudici del merito omesso di accertare il mancato superamento deì limiti previsti all’art. 1 L.F., posto che la società ha disponibilità patrimoniali, utile d’esercizio, crediti verso terzi, portafoglio titoli, ed il credito tributario è stato impugnato;

2) violazione dell’art. 15 L.F., che esclude la dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore ad Euro trentamila, in quanto vi era un mero inadempimento verso il Condominio, per il quale questi, invece che agire per il recupero, aveva strumentalmente presentato istanza di fallimento, mentre il debito erariale avrebbe potuto essere ridotto notevolmente mediante la c.d. rottamazione delle cartelle;

3) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, consistente nella mancata disamina dei parametri di fallibilità e nella mancata acquisizione del processo di un atto notorio, attestante la rinuncia di crediti da parte del socio Ferrara nei confronti della società; inoltre, la sentenza non ha esaminato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della /(OMISSIS)/ s.r.l., in ragione della permuta del bene condominiale;

– che l’eccezione formulata nel controricorso dalla procedura, relativa alla implicita rinuncia – in ragione delle più ristrette conclusioni formulate nel ricorso medesimo – ai motivi di ricorso diversi dal mancato esame del documento prodotto innanzi alla corte d’appello, è inammissibile, per difetto di specificità; mentre d’ufficio occorre comunque rilevare che nessuna delimitazione a tale oggetto del ricorso introduttivo emerge dalla piana lettura delle conclusioni ivi formulate, miranti solo ad individuare la decisione impugnata per cassazione;

– che il primo motivo è manifestamente infondato;

– che invero, è stato da tempo chiarito come “Il R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, comma 2, nel testo modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, aderendo al principio di “prossimità della prova”, pone a carico del debitore l’onere di provare di essere esente dal fallimento, gravandolo della dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri dimensionali ivi prescritti” (Cass. 28 maggio 2010, n. 13086), e come “In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, nel testo modificalo dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 1, comma 2, pone a carico del debitore l’onere di provare di essere esente da fallimento, così gravandolo della dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri ivi prescritti, mentre residua in capo al tribunale un potere di indagine officiosa finalizzata ad evitare la pronuncia di fallimento ingiustificato, che si esplica nell’acquisizione di informazioni urgenti (L.F., art. 15, comma 4), nell’utilizzazione dei dati di ricavi lordi in qualunque modo essi risultino (e, dunque, a prescindere dalle allegazioni del debitore: L.F., art. 1, comma 2, lett. b, e nell’assunzione dei mezzi di prova officiosa ritenuto necessari nel giudizio di impugnazione L.F., ex art. 18; tale ruolo di supplenza, tenendo a colmare le lacune della prati, è necessariamente limitato ai fotti da esse dedotti quali allegazione difensive, ma non è rimesso a presupposti vincolati poichè richiede una valutazione del giudice di merito circa l’incompletezza del materiale probatorio e l’individuazione di quello utile alla definizione del procedimento nonchè circa la sua concreta acquisibilità e rilevanza decisoria, sicchè, trattandosi di una facoltà necessariamente discrezionale, il mancato esercizio dei poteri istruttori ufficiosi da parte del giudice non determina l’illegittimità della sentenza e, ove congruamente motivato, non è sindacabile in cassazione” (Cass. 4 dicembre 2015, n. 24721; v. pure Cass. 15 gennaio 2016, n. 625; Cass. 30 maggio 2013, n. 13643; Cass. 23 luglio 2010, n. 17281);

– che, del pari, l’esistenza di una contestazione o di una impugnazione del diritto altrui non esclude l’esistenza del debito, in quanto “Ai fini della verifica del requisito di fallibilità previsto dalla L.F. art. 1, comma 2, lett. c), nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 169 del 2007, è necessario considerare, nell’esposizione debitoria rilevante, anche i crediti contestati, trattandosi di un dato oggettivo, che non può dipendere dall’atteggiamento o dall’opinione soggettiva del debitore” (cfr. Cass. 15 ottobre 2015, n. 20877; Cass. 2 dicembre 2011, n. 25870);

– che, per il resto, il motivo, mirando a contrastare l’accertamento di fatto relativo all’esistenza dello stato d’insolvenza, operato dal provvedimento impugnato in adempimento al potere-dovere di accertamento dei fatti riservato all’esclusiva cognizione del giudice del merito, è addirittura inammissibile;

– che il secondo motivo è manifestamente inammissibile, in quanto pretende di asserire, in contrasto con l’accertamento operato dal giudice del merito, che vi fosse un mero inadempimento di debito contestato, o che comunque non fosse quello indicato l’esatto ammontare dei debiti scaduti; dovendo per il resto farsi riferimento ai principi appena menzionati con riguardo al primo motivo di ricorso, cui si aggiunga il richiamo al principio secondo cui “Il mancato pagamento di somme dovute all’amministrazione finanziaria per iva ed iscritte a ruolo può considerarsi atto sintomatico di una situazione di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento senza che rilevi in contrario la circostanza dell’avvenuta impugnazione del ruolo stesso, che ha natura di titolo esecutivo, salvo che il debitore dimostri che l’esecutività dell’atto impugnato è stata sospesa” (Cass. 5 dicembre 2001, n. 15407; nonchè Cass. 14 gennaio 2019, n. 646; Cass. 10 maggio 2017, n. 11462, non massimata; Cass. 6 aprile 2017, n. 8903, non massimata);

– che così operando, dunque, la corte distrettuale non si è discostata dai principi ripetutamente espressi dalla giurisprudenza legittimità, cui deve darsi continuità, non offrendo l’illustrazione del motivo di ricorso elementi utili per modificarla;

– che il terzo motivo è manifestamente inammissibile, in quanto denuncia un vizio – l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia – non più previsto quale motivo di ricorso per cassazione, dopo l’introduzione del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ad opera dell’art. 54.1, lett. b), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134; nè, del resto, il motivo super il vaglio di autosufficienza, laddove non indica il come ed il quando il fatto indicato, relativo alla rinuncia ad alcuni crediti verso la società, sia stato oggetto di discussione tra le parti; quanto, infine, al dedotto omesso esame di un’eccezione, il motivo è inammissibile sia perchè non autosufficiente circa il contenuto, il tempo ed il luogo della predetta eccezione, sia perchè il vizio non è adeguatamente censurato quale vizio processuale (cfr. Cass., sez. un., 17931 del 2013);

– che le spese di lite seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di ciascun controricorrente, liquidate in Euro 3.000,00, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 20 gennaio 2020

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