Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10746 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. II, 04/05/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 04/05/2010), n.10746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato MILLI

MARINA, rappresentato e difeso dall’avvocato BIANCHI MARIA DONATA;

– ricorrente –

contro

G.E.;

– intimata –

e sul ricorso n. 7682/2005 proposto da:

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A/4, presso lo studio dell’avvocato

PAFUNDI GABRIELE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ACQUARONE MAURIZIO;

– controricorrente e ric. incidentale –

contro

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato MILLI MARINA,

rappresentato e difeso dall’avvocato BIANCHI MARIA DONATA;

– controricorrente al ricorso inc. –

avverso la sentenza n. 876/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 23/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. BUCCIANTE Ettore;

udito l’Avvocato PAFUNDI GABRIELE, difensore di G.E.,

che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso previa riunione dei ricorsi: il

rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 30 giugno 1999 il Tribunale di Imperia – adito da G.L. e in via riconvenzionale da G.E. – dichiaro’ la convenuta proprietaria del lastrico sovrastante un suo edificio, adiacente a un limitrofo stabile appartenente all’attore;

condanno’ quest’ultimo a eliminare la “stesa per i panni” che aveva realizzato in quella porzione immobiliare; respinse le ulteriori reciproche domande proposte dalle parti.

Impugnata in via principale da G.L., in via incidentale da G.E., la decisione e’ stata confermata dalla Corte d’appello di Genova, che con sentenza del 29 novembre 2004 ha rigettato entrambi i gravami.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione G. L., in base a quattro motivi. G.E. si e’ costituita con controricorso, formulando a sua volta un motivo di impugnazione in via incidentale, contrastato da G.L. con un proprio controricorso. G.E. ha presentato una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

Nella sua memoria G.E. deduce l’inammissibilita’ del “ricorso incidentale proposto da G.L. avverso il ricorso incidentale di G.E.”.

L’eccezione e’ infondata, poiche’ si basa sull’erroneo presupposto che il ricorrente principale abbia tardivamente rivolto alla sentenza impugnata ulteriori censure, in aggiunta a quelle che aveva formulato con l’atto introduttivo del giudizio di legittimita’. Invece G.L., nel controricorso che ha presentato avvalendosi della facolta’ di cui all’art. 371 c.p.c., comma 4, si e’ limitato a contestare la fondatezza del ricorso incidentale proposto dall’altra parte.

Con il primo motivo di impugnazione G.L. lamenta che la Corte d’appello non ha chiarito se la domanda da lui proposta, come precisata nel corso del giudizio, sia stata considerata nuova e quindi inammissibile,- quale l’aveva ritenuta il Tribunale.

La doglianza va disattesa.

Pur rilevando l’improprieta’ delle originarie deduzioni dell’attore, il quale aveva sostenuto di essere divenuto proprietario del lastrico in questione “per destinazione del padre di famiglia”, il giudice di secondo grado ha provveduto nel merito anche sotto gli ulteriori profili prospettati successivamente da G.L.:

l’acquisto del diritto di uso o della proprieta’ di quella porzione immobiliare, rispettivamente ai sensi dell’art. 1062 c.c. o dell’art. 818 c.c. in seguito alla successione mortis causa del comune genitore delle parti e alla divisione tra loro del compendio immobiliare relitto dal de cuius. Di entrambe le norme suddette la Corte d’appello ha escluso l’applicabilita’ nella specie, non sussistendone i presupposti di fatto, poiche’ non era stata provata ne’ “la preesistenza – al momento in cui i due fabbricati cessarono di appartenere ad un unico proprietario – di visibili opere di asservimento del lastrico stesso all’appartamento del primo piano dell’adiacente fabbricato di G.L.”, ne’ “il vincolo pertinenziale istituito dal precedente unico proprietario” o “esistente all’epoca della divisione”.

Con il secondo motivo del ricorso principale G.L. sostiene che erroneamente, con la sentenza impugnata, e’ stata negata la presenza di opere visibili e permanenti, ravvisabili nello stato del terrazzo oggetto della causa, che e’ posto a soli 3-4 cm. di dislivello dal ballatoio della cucina dell’appartamento limitrofo ed e’ munito di una ringhiera fissa.

Neppure questa censura puo’ essere accolta. In proposito la Corte d’appello ha correttamente fatto riferimento al tempo dell’apertura della successione e a quello della divisione, quando il lastrico era ancora del tutto impraticabile, in quanto privo di pavimentazione e di parapetto, sicche’ ha escluso che fosse stato destinato a servizio dell’alloggio di G.L. o ne costituisse un accessorio.

Sono pertanto inconferenti le deduzioni del ricorrente, che presuppongono una situazione di fatto successiva, diversa da quella unicamente rilevante ai fini della decisione.

Con il terzo motivo del ricorso principale si sostiene che ingiustificatamente la Corte d’appello ha mancato di considerare che G.L. era titolare dell’uso esclusivo del terrazzo, come era stato dimostrato mediante la produzione di un documento attestante che nel 1985 egli aveva contribuito per un terzo alle spese per l’impermeabilizzazione e la pavimentazione di quella porzione immobiliare. La doglianza e’ infondata.

Come esattamente si e’ osservato nella sentenza impugnata, l’accordo verbale intercorso tra le parti per la ripartizione dell’onere di cui si tratta non era idoneo ad ampliare i diritti reali acquisiti da G.L. mediante il precedente contratto di divisione, vertendosi in materia immobiliare e occorrendo pertanto la forma scritta ad substantiam.

Con il quarto motivo del ricorso principale viene denunciato l’omesso esame, da parte del giudice di secondo grado, di varie risultanze istruttorie, dimostrative della fondatezza della domanda proposta dall’originario attore.

Anche questa censura va disattesa, per l’assorbente ragione che e’ stata formulata in violazione del principio di autosufficienza: degli elementi che il ricorrente addebita alla Corte d’appello di aver trascurato manca nel ricorso ogni precisa ed esauriente specificazione, essendo state riportate soltanto alcune singole affermazioni contenute nella relazione del consulente tecnico di ufficio, riguardanti peraltro constatazioni che non risultano in alcun modo utili a infirmare le conclusioni cui e’ pervenuta la sentenza impugnata.

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale G. E. si duole del rigetto della propria domanda riconvenzionale, intesa ad ottenere la condanna di G.L. a ripristinare la finestra prospiciente il lastrico, che egli aveva trasformato in porta – finestra: lamenta la ricorrente che la Corte d’appello, confermando sul punto la decisione di primo grado, ha erroneamente disconosciuto l’essenziale diversita’ di funzione della nuova apertura, rispetto a quella preesistente.

La censura e’ fondata.

Nella sentenza impugnata, su tale questione, si e’ ribadito cio’ che aveva ritenuto il Tribunale: l’operato di G.L. ha comportato soltanto un aggravamento della servitu’ di veduta sulla limitrofa proprieta’ di G.E., la quale pero’ nulla ha dedotto sotto tale profilo. L’assunto non e’ condivisibile, poiche’ una finestra, anche se aperta tra due fondi allo stesso livello, e’ destinata esclusivamente a guardare verso l’immobile altrui, mentre la funzione precipua di una porta e’ il passaggio, sicche’ la trasformazione dell’una nell’altra da normalmente luogo alla situazione corrispondente a una servitu’ diversa, come quella di cui in effetti G.L. aveva intrapreso l’esercizio (cfr.

Cass. 16 ottobre 2002 n. 14693).

Rigettato pertanto il ricorso principale e accolto l’incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Genova.

Alla complessiva soccombenza di G.L. nel giudizio di legittimita’ consegue la sua condanna a rimborsare a G. E. le relative spese, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il principale; accoglie l’incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta;

condanna G.L. a rimborsare a G.E. le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

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