Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10743 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 22/04/2021, (ud. 11/12/2019, dep. 22/04/2021), n.10743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2954/2016 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RICCARDO

GRAZIOLI LANTE 7, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO MOROSINI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO

CORRIDONI 23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PERINI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANA MAJONICA;

– controricorrente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA NUMERO DI R.G. proposto da:

B.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO

CORRIDONI 23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PERINI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANA MAJONICA;

– ricorrente successivo –

e contro

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RICCARDO

GRAZIOLI LANTE 7, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO MOROSINI,

che lo rappresenta e difende;

BA.OT.NA., R.F., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA RICCARDO GRAZIOLI LANTE 7, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO MOROSINI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 8244/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/01/2015, R.G.N. 4145/2007.

 

Fatto

RILEVATO

che S.N., con atto depositato il 30.4.2007, ha interposto appello, nei confronti di B.R., avverso la sentenza n. 2688/2007 del Tribunale di Roma, con la quale, in accoglimento del ricorso della lavoratrice, era stata dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall’1.12.2002 (decorrenza corretta con ordinanza ai sensi dell’art. 287 codice di rito, in “14.9.1994”) al 31.12.1999, con diritto della ricorrente all’inquadramento nel III livello CCNL per i dipendenti degli studi professionali e la condanna “dei convenuti, in solido, al pagamento, in favore della lavoratrice, della somma di Euro 33.641,51, a titolo di differenze retributive, nonchè al risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c., pari all’ammontare dei contributi omessi”; ed era stata, altresì, accertata la sussistenza, tra il S. e la B., di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall’1.1.2000, con diritto della medesima all’inquadramento nel terzo livello CCNL per i dipendenti degli studi professionali e con la condanna “del convenuto al pagamento della somma di Euro 8.425,33 a titolo di differenze retributive”;

che, con atto di gravame depositato alla stessa data del primo, Ba.Ot.Na., R.F. ed il medesimo S. hanno impugnato la stessa pronunzia;

che la Corte di Appello di Roma, riuniti i due procedimenti ed espletata l’istruttoria, con sentenza depositata in data 27.1.2015, in parziale riforma della pronunzia impugnata, ha dichiarato “prescritti i crediti azionati nei confronti di Ba.Ot.Na. e R.F.” ed ha condannato ” S.N. al pagamento, in favore di B.R., della minor somma di Euro 8.606,07, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c.”, compensando tra il Ba., il R. e l’appellata le spese del doppio grado, nonchè, “in ragione della metà le spese del doppio grado tra S.N. e B.R.” e ponendo “a carico del S. la metà residua…”;

che la Corte di merito, per quanto ancora di interesse in questa sede, ha osservato che, relativamente all’eccezione di prescrizione, reiterata in appello, “risulta dalle testimonianze acquisite che verso la metà del 1999 i tre professionisti si divisero e lo studio rimase al solo S. per il quale rimase a lavorare la B.”; che “il fatto che dall’1 luglio 1999 i tre professionisti avessero cominciato a esercitare autonomamente e il R. e il Ba. avessero costituito insieme una diversa associazione professionale risulta per tabulas dai seguenti documenti….. Quindi dall’1 luglio 1999 la ricorrente ha cessato di lavorare per il R. e per il Ba. e ha continuato a svolgere la propria attività lavorativa esclusivamente per il S.”; che “al 6 dicembre 2004, data della messa in mora, era già trascorso il termine quinquennale di prescrizione dalla cessazione del rapporto di lavoro per quanto attiene alle pretese creditorie vantate nei confronto del R. e del Ba.. Quanto alla posizione del S., è destituita di fondamento la censura relativa alla durata del rapporto di lavoro, come individuata dal primo Giudice, sulla base delle stesse allegazioni contenute nella memoria di costituzione di primo grado, nella quale si afferma che la ricorrente dall’1 luglio 1999 (dunque ancor prima dell’1 gennaio 2000) ha espletato la propria attività lavorativa in favore del solo S. e non più per l’associazione professionale, ovvero per i tre convenuti”;

che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (notificato il 27.1.2016) S.N. articolando due motivi, cui B.R. ha resistito con controricorso;

che la B., a sua volta, ha proposto ricorso (notificato in data 8.3.2016), cui il S., il Ba. ed il R. hanno resistito con controricorso;

che sono state comunicate memorie nell’interesse di entrambe le parti;

che, data la priorità della notifica, il ricorso del S. va considerato ricorso principale e quello della B. ricorso incidentale;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso principale, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, “violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in tema di nullità del ricorso ex art. 414 c.p.c., comma 4 e nullità della sentenza o del procedimento. Violazione e falsa applicazione in tema di poteri istruttori d’ufficio ex art. 421 c.p.c. e nullità della sentenza o del procedimento”, perchè la Corte di merito avrebbe erroneamente respinto il motivo di gravame proposto dal S. avverso la statuizione di rigetto dell’eccezione di nullità del ricorso per avere la B. prodotto il CCNL non unitamente al ricorso, ma, tardivamente, con le note difensive, “con conseguente grave lesione del diritto di difesa del convenuto, stante l’impossibilità per lo stesso di conoscere pienamente l’oggetto della lite e di capire e controllare i criteri di calcolo utilizzati per la redazione dei conteggi e la correttezza dei calcoli eseguiti sulla scorta dei minimi retributivi”; ed inoltre, perchè “i poteri officiosi del giudice ex art. 421 c.p.c., volti all’acquisizione in corso di causa del documento”, nella fattispecie, “erano stati male esercitati”, in relazione “a fatti non allegati dalle parti o acquisiti al processo in modo non rituale”; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Alterazione della ritualità processuale. Omessa valutazione delle prove e/o dei documenti e/o delle risultanze istruttorie”, per non avere i giudici di seconda istanza considerato che il conteggio depositato dalla lavoratrice in sede di gravame “era inconferente ed in antitesi con quello dalla stessa allegato al ricorso introduttivo” e conteneva anche duplicazioni degli importi calcolati a credito; ed altresì per avere i giudici consentito alla lavoratrice di depositare tardivamente il conteggio richiesto, colmando così, in violazione del principio di imparzialità, le negligenze della parte che aveva dimenticato di esercitare l’onere di allegazione;

che, con il ricorso incidentale, si denunzia: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione in violazione degli artt. 132 e 156 c.p.c.” per avere i giudici di appello affermato, nella parte motiva, di accogliere l’eccezione di prescrizione solo nei confronti di due ( Ba. e R.) dei convenuti, e non anche del terzo ( S.) con il quale ha riconosciuto che il rapporto di lavoro, pacificamente privo di stabilità reale, era proseguito; ed avere “contraddittoriamente, nel dispositivo, limitato la condanna nei confronti del S., come se tale eccezione fosse stata accolta”; 2) “in subordine”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2948 c.p.c., n. 4, “per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la Corte abbia ritenuto fondata l’eccezione anche nei confronti del S., perchè la prescrizione non poteva decorrere in costanza di rapporto non garantito da stabilità reale”; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo riguardante la data di cessazione del rapporto di lavoro con il S., per avere la Corte di merito condannato il S. a corrispondere alla ricorrente le differenze retributive maturate sino al febbraio 2006 e non anche quelle maturate successivamente, sino al 26.2.2007 – data dalla stessa indicata, nei conteggi alternativi depositati a seguito dell’ordinanza del 23.6.2014, come quella di risoluzione del rapporto -, sul rilievo che la ricorrente, nel ricorso introduttivo del giudizio, nulla avesse dedotto in ordine alla cessazione del rapporto; mentre, dalle stesse allegazioni del convenuto (del tutto conformi a quanto emerge dal conteggio depositato dalla lavoratrice in appello) risulta che il rapporto di lavoro con il S. si fosse risolto solo il 26.2.2007; 4) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per avere la Corte d’Appello, in violazione del giudicato interno (ex art. 324 c.p.c.) formatosi sul capo di sentenza del Tribunale di condanna di tutti i convenuti al risarcimento dei danni per omesso versamento contributivo, riformato (per quanto sembra emergere dal dispositivo) sul punto tale sentenza”; 5) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per avere, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6, rigettato, senza dare (assolutamente) alcuna motivazione, la domanda proposta nei confronti del S. di pagamento delle differenze di retribuzione relative al periodo dall’1.7.1999 al 6.12.1999”;

che il primo motivo del ricorso principale non è meritevole di accoglimento, in quanto – anche a prescindere dal mancato rispetto del canone della specificità del motivo: tecnica di redazione del ricorso, in più occasioni, stigmatizzata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., S.U., nn. 17931/2013, 26242/2014) – deve rilevarsi che i giudici di seconda istanza (v. pag. 3 della sentenza impugnata) hanno motivatamente rigettato l’eccezione di nullità del ricorso, avendo condivisibilmente reputato che la mancata allegazione del CCNL di categoria, unitamente all’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non pregiudicasse il diritto di difesa della parte datoriale, non avendone quest’ultima contestato l’esistenza o il contenuto, nè, tanto meno, l’effettiva applicazione dello stesso al rapporto di cui si tratta; pertanto, correttamente, ne hanno ritenuto l’ammissibilità dell’acquisizione, in corso di causa, ai sensi dell’art. 421 codice di rito. Ed infatti, alla stregua dei consolidati arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità (v., ex plurimis, Cass., SS.UU. n. 11353/2004; Cass. nn. 13694/2014; 6205/2010; 17102/2009), con la predetta norma si è inteso affermare che costituisce caratteristica precipua del rito del lavoro il contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale, cosicchè, allorquando le risultanze di causa offrano già significativi dati di indagine (come nel caso di specie, in cui tutti i dati rilevanti a sostegno della domanda erano stati allegati al ricorso), il giudice, ove reputi insufficienti le prove già acquisite, non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova (v., ancora, Cass. SS.UU. n. 11353/2004, cit.), ma ha il potere-dovere di provvedere d’ufficio agli atti di istruzione la cui esigenza nasca da quanto già ritualmente acquisito; atti istruttori idonei a superare lo stato di incertezza dei fatti costitutivi dei diritti di cui si verte;

che neppure il secondo motivo può essere accolto; al riguardo, valgano le considerazioni innanzi svolte, con la precisazione che la Corte di merito ha disposto, all’esito delle emersioni probatorie derivanti dall’istruttoria espletata, con ordinanza del 23.6.2014, che la lavoratrice depositasse “i conteggi alternativi sulla base del IV livello Super”, assegnando, a tal fine, termine sino al 30.9.2014. Peraltro, in violazione del principio di specificità (arg. ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), il ricorrente ha omesso di allegare o di trascrivere i conteggi oggetto di censura e le critiche svolte in sede di gravame in ordine agli stessi;

che, per quanto, infine, attiene alla valutazione degli elementi probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (nella fattispecie, peraltro, congrua, condivisibile e scevra da vizi logici), alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte, qualora il ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione di prove testimoniali o documentali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione alle dichiarazioni testimoniali o ai documenti relativamente ai quali si denunzia il vizio (cfr., ex multis, Cass. nn. 17611/2018; 13054/2014; 6023/2009); la qual cosa non è avvenuta nella fattispecie e, dunque, la censura si risolve in una richiesta di riesame di elementi di fatto e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali vi sarebbe stata una omessa valutazione da parte dei giudici di seconda istanza (cfr. Cass. nn. 24958/2016; 4056/2009), finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014);

che il primo, il secondo ed il quinto motivo del ricorso incidentale, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione, non sono fondati: relativamente al primo motivo, non è dato comprendere in quale punto vi sia il denunciato contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, posto che, correttamente, la Corte di merito ha ritenuto che i crediti azionati nei confronti del Ba. e del R. fossero prescritti, in quanto, dalle risultanze istruttorie e “dall’effettività della cessazione dell’attività lavorativa cumulativamente” prestata “in favore dei tre professionisti” e, dunque, dell’associazione professionale, “a metà 1999 (30.6.1999) da parte della ricorrente”, è emerso che la stessa ha continuato a lavorare successivamente alle dipendenze del solo S. e, pertanto, “al 6 dicembre 2004, data della messa in mora, era già decorso il termine quinquennale di prescrizione dalla cessazione del rapporto di lavoro per quanto attiene alle pretese creditorie vantate nei confronti del R. e del Ba.”; e tale disamina consente di superare altresì la censura sollevata con il secondo motivo, peraltro in modo perplesso (“Per il caso in cui si volesse ipotizzare che la Corte d’Appello abbia ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione anche nei confronti del S.”), sul presupposto che la prescrizione non decorresse in pendenza del rapporto di lavoro; nonchè le doglianze articolate con il quinto motivo;

che il terzo motivo è fondato, poichè la Corte di Appello ha condannato il S. a corrispondere alla B. soltanto le differenze retributive maturate sino al febbraio 2006, senza considerare quelle maturate successivamente, sino al 26.2.2007 – data alla quale, per pacifica ammissione di entrambe le parti, il rapporto di lavoro si è risolto -, motivando tale esclusione col fatto che la ricorrente non avesse indicato “la data finale del rapporto”, che dovesse, dunque, ritenersi risolto nel febbraio 2006. Tale ricostruzione operata dai giudici di secondo grado non tiene conto del fatto che la data del 26.2.2007 risultasse sia dalla memoria di primo grado del S. che nell’atto di gravame, trascritti, relativamente a tale punto, alle pagg. 15 e 16 del ricorso incidentale;

che il quarto motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, per mancata trascrizione del capo della sentenza sul quale si sarebbe formato il “giudicato interno” (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013); per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità della doglianza svolta dal ricorrente;

che per tutto quanto esposto, la sentenza va cassata, in relazione al terzo motivo del ricorso incidentale – rigettati il primo, il secondo ed il quinto motivo e dichiarato inammissibile il quarto -, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà conformemente a quanto innanzi specificato, statuendo, altresì, sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

che il ricorso principale va respinto;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il ricorrente principale, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale; rigettati il primo, il secondo ed il quinto; dichiarato inammissibile il quarto e rigetta il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

 

 

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