Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10742 del 24/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 10742 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: SPENA FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso 12971-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona

del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso L’AREA
LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA MARIA
2016

URSINO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1070
contro

SEGRETO GIUSEPPE C.F. SGRGPP78M27F158L, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI GENTILE 8, presso

Data pubblicazione: 24/05/2016

lo

studio

dell’avvocato

MASSIMO

MARTORIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNA COCO,
giusta delega in atti;

avverse

la

sentenza n.

controricorrente

3050/2010 della CORTE

1839/200;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/03/2016 dal Consigliere Dott.
FRANCESCA SPENA;
udito l’Avvocato MAZZI ROSARIA per delega verbale
URSINO ANNA MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/05/2010 R.G.N.

RG 29624/2010

FATTO

Con sentenza dell’1.4-17.5.2010 la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello proposto da
Poste Italiana spa nei confronti di SEGRETO GIUSEPPE avverso la sentenza nr 3938/2006
del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato la nullità del termine finale di durata apposto
al contratto stipulato tra le parti ai sensi dell’art. 1 del Divo n. 368 dei 2001 per il periodo
dal 14 luglio 2004 al 30 ottobre 2004

sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa e addetto al servizio di recapito e
trasporto presso la filiale di Messina 2, assente con diritto alla conservazione dei posto di
lavoro’.
La Corte, dichiarato inammissibile il motivo di appello formulato in ordine alla specificità
della causale, in quanto inconferente rispetto alle ragioni di accoglimento della domanda in
primo grado, riteneva carente la allegazione delle circostanze di fatto idonee a provare
non solo la effettiva esistenza della ragione sostitutiva Indicata nel contratto ma anche il
rapporto di causalità tra tale esigenza e la assunzione a termine del Segreto.
A tale fine, a giudizio della Corte Territoriale, Poste Italiane avrebbe dovuto indicare nella
memoria difensiva : le specifiche ragioni delle assenze del personale sostituito , la loro
esatta durata, il numero e la collocazione aziendale del personale assente nell’ambito della
realtà lavorativa cui il Segreto era stato addetto.
Stante la genericità delle allegazioni contenute nella memoria difensiva, correttamente il
Tribunale aveva ritenuto inammissibile la prova testimoniale articolata.
La Corte rigettava altresì il motivo di appello relativo alla assunta nullità dell’intero
contratto per effetto della ritenuta nullità della clausola del termine
Da ultimo rigettava l’appello incidentale proposto dal SEGRETO in merito alla individuazione
della decorrenza del risarcimento dei danno dalla data di messa in mora alla data della
sentenza.
Avverso la sentenza propone ricorso la s.p.a. Poste Italiane, articolato in tre motivi.
Resiste con controricorso SEGRETO GIUSEPPE, illustrato da memoria.

DIRITTO

1.Con il primo motivo la società Poste Italiane denunzia- ai sensi dell’art. 360 co.1 nr. 3
cpc.- violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 per avere
l’impugnata sentenza affermato che per ritenere soddisfatto il requisito formale di cui al
comma due dell’articolo 1 era necessario inserire nel testo contrattuale elementi sufficienti
al controllo della reale esistenza delle ragioni sostitutive.
Il motivo è inammissibile in quanto inconferente rispetto ai contenuti della decisione
impugnata.

“per ragioni di carattere sostitutivo, correlate alla specifica esigenza di provvedere alla

RG 29624/2010

Nella sentenza oggetto di ricorso non è affatto ritenuta la violazione del requisito di
specificità della causale; la Corte di merito ha anzi dichiarato inammissibile il motivo di
appello articolato sullo stesso punto da Poste Italiane, rilevando che già nel primo grado
l’accoglimento della domanda era stato fondato non già sul rilievo di un vizio di forma della
clausola del termine ma sulla omessa allegazione di elementi di fatto idonei a dimostrare la

2. Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia.- ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cpc- violazione e falsa applicazione dell’alt 115 cpc e dell’art. 2697 cc.
Censura la sentenza per avere affermato che era onere della società allegare specifiche
circostanze di fatto idonee a provare non solo la effettiva sussistenza della temporanea
esigenza sostitutiva richiamata nella clausola di durata ma anche il rapporto di causalità
tra tale esigenza e la singola assunzione.
Assume che ai sensi dell’articolo 2697 cc è il lavoratore che agisce per l’accertamento
della illegittimità della apposizione del termine ad avere l’onere di provare l’insussistenza
delle ragioni poste dal datore di lavoro a fondamento della clausola dei termine;

il

carattere negativo del fatto da provare non determinava infatti la inversione dell’ onere
probatorio.
Sotto il profilo della violazione dell’articolo 115 cpc assume che la Corte territoriale era
incorsa in vizio della motivazione e violazione dell’articolo 115 cpc per non avere preso in
esame le richieste istruttorie avanzate dalla società in primo grado- reiterate in appello-

“‘ volte ad offrire la prova che nel periodo in considerazione i lavoratori a termine
complessivamente assunti avevano coperto solo in minima parte le giornate di assenza del
personale a tempo indeterminato.
Il motivo è infondato quanto alla dedotta violazione della regola di riparto dell’onere
probatorio di cui all’articolo 2697 cc.
Questa Corte si è già pronunziata nel senso che l’onere di provare le ragioni obiettive
poste a giustificazione della clausola appositiva del termine grava sul datore di lavoro e

deve essere assolto sulla base delle istanze istruttorie dallo stesso formulate (v. Cass. n.
2279/10; Cass. 21 maggio 2008 n. 12985), rilevando come anche anteriormente alla
esplicita introduzione del comma “premesso” dalle L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 39
(secondo cui “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo
indeterminato”) il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 ha confermato il principio generale
secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato,
costituendo pur sempre l’apposizione del termine una ipotesi derogatoria.
La attribuzione dell’onere probatorio al datore di lavoro trova conferma, poi, nel dato
relativo alla “vicinanza” al datare di lavoro delle situazioni che consentono la deroga,

2

effettività della causale.

RG 29624/2010

anch’essa elemento normalmente significativo del conseguente carico probatorio in
giudizio.
Per quanto attiene al vizio di violazione dell’articolo 115 cpc si precisa che l’errore di
diritto viene in rilievo solo in caso di violazione delle regole di formazione della prova
ovvero quando il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (articolo 115 cpc)
La circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il suo potere diprudente
apprezzamento della prova è censurabile solo ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 .

mezzi di prova, regolata dagli art. 115 e 116 c.p.c., ridonda in vizio deducibile ex art.
360, n. 5, c.p.c. ( Cessazione civile, sez. III, 13/06/2014, n. 13547) .
Nella fattispecie in esame il motivo, così correttamente riqualificato è inammissibile.
Per assolvere all’onere di specificità imposto, a pena di inammissibilità, dall’articolo 366 nr.
6 cpc parte ricorrente avrebbe dovuto indicare in ricorso i capitoli di prova formulati e non
ammessi nonché l’atto in cui erano stati articolati onde consentire a questa Corte di
valutare la tempestività della allegazione la sua specificità e la sua decisività.
La società ricorrente si duole della mancata ammissione delle istanze istruttorie ma non
provvede in alcun modo a specificarle.

3. Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione degli
articoli 1,2 e 5 DLvo 368/2001 in relazione all’art. 1419 cc.
La censura si riferisce al rigetto della dedotta nullità dell’intero contratto di lavoro.
Il motivo è infondato.

Questa Corte ha da tempo rilevato (Cessazione civile, sez. lav., 27/03/2014 n. 7244; n.
2279/2010; 21/05/2008, n. 12985) che pur in assenza di una norma che sanzioni
espressamente la mancanza di ragioni giustificatrici o la nullità della clausola che le
individui, dal “sistema” nel suo complesso e dai principi generali si ricava la nullità
parziale della clausola del termine, conformemente a quanto statuito dalla Corte dr merito.
Come già rilevato in punto di attribuzione dell’onere della prova, il D.Lgs. n. 368 del 2001,
art. 1, anche anteriormente alla modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 39, ha
confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è
normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi
derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale
legittimante l’apposizione dei termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo”.
“Pertanto, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza
di una norma che sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai
principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della
disciplina contrattuale, nonchè alla stregua dell’interpretazione dello stesso art. _I citato nel
quadro delineato dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita coi il richiamato

3

In sostanza, la erroneità della valutazione dei risultati ottenuti mediante l’esperimento dei

RG 29624/2010

decreto), e nel sistema generale dei profili sanzionatoti nel rapporto di lavoro subordinato,
tracciato dalla Corte cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del termine ed
alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l’invalidità parziale relativa
alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato

Cass.

27/03/2014 n, 7244).

Il ricorso deve essere pertanto respinto.
Le spese ,liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza
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0(4;d44:92utto 0444 M

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 100,00 per esborsi
ed E 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di

legge, con attribuzione.

Così deciso in Roma, il 10.3.2016

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