Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10736 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. I, 05/06/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 05/06/2020), n.10736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4846/2015 proposto da:

Roche Diagnostics Spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX Settembre 26,

presso lo studio dell’avvocato Balzi Benilde, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Santarelli Claudio Roberto, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Azienda Policlinico (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Del

Policlinico 155, presso lo studio dell’avvocato Antonio Nardella,

che lo rappresenta e difende, giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2286/2013 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

01/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 da Dott. MELONI MARINA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato Nicola Massafra con delega scritta per il

ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Antonio Nardella per il controricorrente, che ha

chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Roma con sentenza 2286 in data 1/2/2013 revocò il decreto ingiuntivo n. 291/2009 emesso a carico di Azienda Policlinico (OMISSIS) ed a favore di Roche Diagnostics spa per un importo di Euro 67.376,66 relativo alla fornitura di prodotti diagnostici nel periodo 2000-2007 rilevando la nullità del rapporto contrattuale dedotto in giudizio per mancanza di forma scritta richiesta ad substantiam.

Su impugnazione della Roche Diagnostics spa la Corte di Appello di Roma dichiarò inammissibile l’appello con ordinanza ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. e confermò la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza del Tribunale di Roma 2286/2013 ha proposto ricorso per cassazione la Roche Diagnostics spa affidato a cinque motivi.

L’Azienda Ospedale Policlinico (OMISSIS) resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la Roche Diagnostics spa denuncia la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 2240 del 1923, art. 17, richiamato da R.D. n. 383 del 1934, art. 87, in combinato disposto con art. 1326 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale di Roma ha dichiarato nullo il contratto in essere tra le parti per mancanza di forma scritta del mentre, al contrario, tra le parti si era perfezionato un contratto in forma scritta a distanza a mezzo corrispondenza. Infatti l’Azienda Policlinico (OMISSIS) aveva inviato gli ordinativi della merce costituenti una valida proposta scritta mentre la Roche Diagnostics spa aveva inviato in risposta i documenti di trasporto redatti in forma scritta sicchè era configurabile una valida accettazione scritta a distanza a mezzo corrispondenza R.D. n. 2240 del 1923, ex art. 17.

Il motivo è infondato e deve essere respinto.

Correttamente la sentenza impugnata del Tribunale di Roma ha ritenuto che i contratti con la Pubblica Amministrazione devono essere redatti in forma scritta a pena di nullità. Il contratto mancante della forma scritta non è suscettibile di sanatoria poichè gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti.

E’ pacifica e consolidata sul punto la giurisprudenza di questa Corte (vedi per tutte Sez. 1, Ordinanza n. 11190 del 09/05/2018) secondo la quale: “In tema di contratti degli enti pubblici, stante il requisito della forma scritta imposto a pena di nullità per la stipulazione di tali contratti, la volontà degli enti predetti dev’essere desunta esclusivamente dal contenuto dell’atto, interpretato secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., non potendosi fare ricorso alle deliberazioni degli organi competenti, le quali, essendo atti estranei al documento contrattuale, assumono rilievo ai soli fini del procedimento di formazione della volontà, attenendo alla fase preparatoria del negozio e risultando pertanto prive di valore interpretativo o ricognitivo delle clausole negoziali, a meno che non siano espressamente richiamate dalle parti; nè può aversi riguardo, per la determinazione della comune intenzione delle parti ex art. 1362 c.c., comma 2, alle deliberazioni adottate da uno degli enti successivamente alla conclusione del contratto ed attinenti alla fase esecutiva del rapporto, in quanto aventi carattere unilaterale. (Nella specie, riguardante una convenzione tra Comune, Provincia e società privata per un appalto di servizi, con anticipazione del corrispettivo a carico della Provincia e diritto al recupero nei confronti del Comune, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimi i pagamenti in acconto effettuati dalla Provincia sulla base di una propria Delibera, successiva alla stipulazione della convenzione, ritenuta integrativa del contenuto di questa, che invece non prevedeva il frazionamento del pagamento in acconti per stati di avanzamento)”.

Con il secondo motivo di ricorso la Roche Diagnostics spa denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 210 e 213 c.p.c., in relazione alla L. n. 241 del 1990 e L. n. 163 del 2006, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale di Roma dopo aver dichiarato la nullità del contratto di appalto, per mancanza di forma scritta, proprio in quanto mancante la forma scritta del contratto in essere tra le parti, avrebbe dovuto attivarsi ex art. 213 c.p.c. e chiedere d’ufficio copia della documentazione relativa all’affidamento ed all’esecuzione del contratto di fornitura, tenuto anche conto che la ricorrente ha proposto istanza di accesso agli atti ex L. 7 agosto 1990, n. 241, alla quale il Policlinico (OMISSIS) a tutt’oggi non ha fornito alcuna risposta.

Il motivo è infondato. Il giudice, qualora riscontri vizio della forma scritta prescritta “ad substantiam” in violazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 17, trattandosi di contratto stipulato dalla P.A., deve rilevare d’ufficio la nullità insuscettibile di qualsiasi forma di sanatoria, perchè tale invalidità negoziale è prevista a protezione degli interessi generali della collettività, quale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa e di tutela delle risorse pubbliche, in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della P.A., di cui all’art. 97 Cost.. Non sussiste pertanto violazione degli artt. 210 e 213 c.p.c., da parte del giudice che non ha disposto d’ufficio la produzione della documentazione relativa all’affidamento ed all’esecuzione del contratto di fornitura.

Sul punto questa Corte ha precisato che: (Sez. 1, Sentenza n. 25798 del 22/12/2015: “I contratti conclusi dalla P.A., richiedendo la forma scritta “ad substantiam”, devono essere consacrati in un unico documento, salvo che la legge ne autorizzi espressamente la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, come nell’ipotesi eccezionale, prevista dal R.D. n. 2240 del 1923, art. 17, di contratti conclusi con ditte commerciali, sicchè, nel caso di appalto di opere pubbliche, per il quale sono necessari accordi specifici e complessi, va escluso – ove si eccettui la limitatissima ipotesi di modificazione della base contrattuale propria dell’appalto in variante, per cui è sufficiente il rispetto delle condizioni previste dalla L. n. 2248 del 1865, art. 342, all. F, ossia l’ordine del direttore dei lavori e l’approvazione dell’ente pubblico – che il consenso possa formarsi tramite scritti successivi atteggiantisi come proposta ed accettazione fra assenti, atteso che, per opere con rilevanti corrispettivi e spese a carico delle casse pubbliche, occorre avere certezza dell’esatta consistenza ed articolazione dei lavori, nonchè delle risorse stanziate per il loro pagamento, con forme e tempi precisamente stabiliti”.

Conforme all’orientamento risulta anche Sez. 3, Sentenza n. 12540 del 17/06/2016: “I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta “ad substantiam” e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta ed accettazione tra assenti (salva l’ipotesi eccezionale prevista “ex lege” di contratti conclusi con ditte commerciali), mentre tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione – sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi – di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo ad un rapporto di locazione) sia stato concordato dalle parti.

Con il terzo motivo di ricorso la Roche Diagnostics spa denuncia la violazione e falsa applicazione dei titoli 2 e 3 libro quarto del codice civile perchè, nonostante la nullità del contratto per mancanza di forma scritta, in virtù del principio di integrità dell’equilibrio sinallagmatico il giudice avrebbe dovuto in ogni caso riconoscere alla ricorrente il pagamento degli interessi spettanti per tardivo pagamento delle fatture onde evitare un ingiustificato arricchimento della P.A. ai danni del contraente privato che aveva già eseguito la prestazione non suscettibile di restituzione.

Con il quarto motivo di ricorso la Roche Diagnostics spa denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 1,2, 3 e 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale di Roma dopo aver dichiarato nullo il contratto per mancanza di forma scritta non ha riconosciuto il diritto alla corresponsione degli interessi moratori non essendovi alcun dubbio sul fatto che il Policlinico aveva pagato in ritardo la fornitura sicchè decorrono automaticamente gli interessi.

Con il quinto motivo di ricorso la Roche Diagnostics spa denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 11, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello ha sostenuto che gli interessi richiesti erano anteriori all’entrata in vigore della normativa di cui si è chiesta l’applicazione mentre, al contrario la maggior parte delle forniture era successiva all’8/8/2002.

Il terzo, quarto e quinto motivo, tra loro avvinti, sono infondati e devono essere respinti. Infatti erra il ricorrente che pretenderebbe di ricevere gli interessi per ritardato pagamento delle fatture da parte della P.A. nonostante la dichiarata nullità del contratto, essendo la censura priva di fondamento proprio in virtù della dichiarata nullità del contratto. Sul punto Sez. 3, Sentenza n. 20391 del 11/10/2016 “Nel caso di prestazioni sanitarie erogate, in favore dei fruitori del servizio, da strutture private preaccreditate con lo Stato, il diritto di queste ultime a vedersi corrispondere dal soggetto pubblico gli interessi di mora, nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002, sorge soltanto qualora, in data successiva all’8 agosto 2002, sia stato concluso, tra l’Ente pubblico competente e la struttura, un contratto avente forma scritta a pena di nullità, con il quale l’Ente abbia assunto l’obbligo, nei confronti della struttura privata, di retribuire, alle condizioni e nei limiti ivi indicati, determinate prestazioni di cura da essa erogate” (più recentemente anche Sez. 3, Sentenza n. 17665 del 02/07/2019).

In considerazione di quanto sopra il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in Euro 5.600,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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