Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10736 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. II, 04/05/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 04/05/2010), n.10736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A. (OMISSIS), ME.AN.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE OCEANO

ATLANTICO 25, presso lo studio dell’avvocato LEUCI MARIAGRAZIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato RIVELLINO DEMETRIO;

– ricorrenti –

e contro

Z.G., Z.M., ZI.MA., D.

A. (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 6513-2005 proposto da:

D.A. (OMISSIS) vedova Z.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 2, presso lo

studio dell’avvocato BLASI PAOLO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MANCUSI UGO;

– ricorrenti –

e contro

M.A. (OMISSIS), ME.AN.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 158/2003 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 16/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato RIVELLINO Demetrio difensore dei ricorrenti che ha

chiesto accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per rigetto del ricorso

principale assorbito il ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’controversa la proprietà condominiale o esclusiva di una rampa di scale realizzata da Z.D. (al quale sono succeduti gli odierni resistenti G., M. e Zi.Ma. e la vedova D.A.) nel fabbricato di via (OMISSIS) in (OMISSIS). La rampa era stata costruita in prosecuzione della scala condominiale per raggiungere il piano sopraelevato da Z. D. dopo aver acquistato la relativa area edificabile con atto del 21 febbraio 1968 da M.A., che l’aveva acquistata nel 1965 da M.G.. I coniugi M.A. e M. A., odierni ricorrenti, agivano nel 1989 lamentando che la soffitta in sopraelevazione era stata realizzata con appoggio a un muro di loro proprietà esclusiva e che controparte aveva chiuso con una porta l’ultimo tratto di scala. Il tribunale di Campobasso nel dicembre 1999 accoglieva la domanda con riguardo a una parte della scala, correggendo poi la sentenza nel senso che dovevano intendersi condominiali le due rampe finali e che solo al culmine di esse parte Z. poteva nuovamente apporre la porta che aveva collocato a suo tempo per delimitare la rampa di nuova costruzione. Il tribunale e successivamente la Corte d’appello di L’Aquila respingevano l’eccezione di usucapione sollevata da parte Z., non essendo stata raggiunta la prova che fossero passati venti anni dal tempo in cui, dopo la costruzione delle rampe, il convenuto ne aveva materialmente riservato a sè l’uso. La Corte d’appello accoglieva tuttavia il gravame principale di parte Z.. Affermava che dall’atto di acquisto risultava che l’originario convenuto aveva acquistato integralmente l’area sopraelevabile, senza che ne restasse esclusa la colonna d’aria insistente sulla scala condominiale.

Interpretava in tal senso il tenore letterale dell’atto, che aveva specificato in metri quadri la superficie complessiva del venduto. La Corte territoriale spiegava che a quel tempo i M. non avevano a loro volta sopraelevato l’adiacente corpo di fabbrica, ditalchè non esisteva l’esigenza per essi di prevedere una colonna destinata alla costruzione di scale.

Avverso questa sentenza, resa il 16 dicembre 2003, i M. ricorrono per cassazione con due motivi. La vedova Z. resiste con controricorso. Gli altri eredi sono rimasti intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., nell’interpretazione dei titoli di acquisto degli immobili e relativo vizio di motivazione. Parte ricorrente lamenta, tra l’altro, che non sarebbe stato dato rilievo alla comune intenzione delle parti”di fronte alla pluralità di interpretazioni possibili”; sostiene che per area “venduta” o “sopraelevabile” non doveva intendersi l’intera superficie del piano, ma solo la parte da costruire sopra quella preesistente, escludendo quindi la colonna scale. Evidenzia che l’atto di acquisto Z. specificava che parte resistente aveva acquistato i diritti in proporzione sulla scalinata sino a raggiungere l’area venduta, intendendosi che la scalinata realizzata da Z. era comune.

Deduce che la comunione della scala era stata prevista e voluta dall’unico comune venditore delle unità immobiliari delle parti in causa, prevedendo la sopraelevazione anche del fabbricato M.- M..

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1117 e 1121 c.c., in cui sarebbe incorsa la sentenza citata per non aver considerato che l’atto di acquisto di parte Z. poneva un limite alla condominialità nell’area sopraelevabile da individuare al colmo del vecchio tetto, restando ricompresa nello spazio condominiale la scala poi realizzata dall’acquirente.

Le censure, che per la loro intima connessione possono essere congiuntamente esaminate, sono infondate.

Va in primo luogo escluso che vi sia stata la violazione di legge esposta nel secondo motivo. La sentenza ha avuto infatti ben presente il principio di diritto sancito dall’art. 1117 c.c. (cfr pag. 17 in fine e pag. 19 della sentenza), che ricomprende le scale tra le parti comuni dell’edificio, a meno che “il contrario non risulta dal titolo”. La Corte territoriale ha ritenuto che dal titolo di acquisto risultasse l’inclusione nella vendita dell’area su cui sono state costruite le due rampe controverse e solo in forza del convincimento circa l’esistenza di una risultanza dal titolo contraria alla condominialità ha respinto la domanda dei ricorrenti. Ogni eventuale errore di sussunzione della fattispecie rileverebbe quindi quale vizio di motivazione, da scrutinare globalmente.

La sentenza sfugge però alle critiche. Essa ha esaminato gli atti notarili e in particolare quello M.- Z., ponendo attenzione al testo letterale e all’intenzione delle parti stipulanti. A tal fine ha valorizzato sia la specificazione della superficie venduta, mq 156, che corrispondeva all’intera area sopraelevabile, comprensiva di quella su cui furono erette le due rampe, sia l’intenzione delle parti. Lo si evince dall’attenzione con la quale ha considerato che all’epoca della vendita a Z. non v’era alcun motivo per prevedere una qualche utilità comune ai M., perchè costoro erano proprietari di un fabbricato adiacente di cui all’epoca non era prevista la sopraelevazione. I due fabbricati, ha spiegato con ineccepibile rigore logico la sentenza, costituiscono corpi separati e le due sopraelevazioni sono sfalsate.

Pertanto era da ritenere, come ha fatto la Corte d’appello, il cui giudizio, congruo e logico, non può essere in questa sede sindacato, che non vi fossero ragioni utili per prevedere una colonna condominiale destinato, al piano scale. Non vi era quindi intenzione contraria a quella manifestata chiaramente nell’atto che potesse emergere contro il testo letterale,che invece fu chiaramente voluto specificando in metri quadrati la “superficie complessiva del venduto” in modo da ricomprendere tutta l’area, inclusa quella sulla quale il convenuto costruì le rampe.

La scala condominiale, e quindi il vano scale, si interrompevano, ha considerato la sentenza, al limite dell’area edificabile venduta, restando comune l’accesso alle altre soffitte, ma non la prosecuzione della scala, che inizia dalla superficie del suolo sopraelevabile, cioè dalla soffitta del convenuto.

Dal ricorso, che peraltro non riporta integralmente il testo degli atti notarili indicati, non emerge alcun elemento di segno contrario.

In particolare va escluso che la clausola che contempla “l’acquisto dei diritti in proporzione sul portone d’ingresso … nonchè sulla scalinata fino a raggiungere l’area venduta” sia in contraddizione con la ricostruzione contenuta in sentenza. Essa anzi riafferma che la condominialità venne rispettata e considerata proprio fino a quel punto e non oltre. Si rafforzava così la precisazione successiva di esclusiva cessione dell’intera area soprastante al nuovo compratore:

le due indicazioni sono coerenti e si saldano, confermando la proprietà esclusiva del vano su cui furono edificate le nuove rampe.

Le altre considerazioni del ricorso sono irrilevanti e comunque non esaminabili, perchè dedotte in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in virtù del quale il ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che il controllo di essa deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative(Cass 11886/06; 8960/06; 7610/06).

Va tuttavia aggiunto che l’opzione interpretativa della Corte d’appello corrisponde agli insegnamenti di questa Corte, secondo la quale in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto; il rilievo da assegnare alla formulazione letterale dev’essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell’art. 1363 cod. civ.(Cass 4176/07; 12400/07; 18180/07). Bene ha fatto quindi il giudice di merito ad ancorarsi al senso letterale del testo contrattuale, ad indagarlo complessivamente e a ricercare conferma nella situazione all’epoca esistente, che non faceva emergere alcun elemento di una diversa intenzione delle parti.

Non va taciuto che coerente con l’assunto dei giudici di merito è la circostanza, valorizzata in controricorso, del fatto che solo alcuni anni dopo i M.- M. avevano a loro volta sopraelevato la propria adiacente porzione, realizzando autonomo accesso e formulando solo nel 1988 la richiesta di accedere più comodamente attraverso il contiguo vano scale. Si trova conferma di ciò anche nella eccezione riconvenzionale di usucapione sollevata da parte resistente, ma non accolta solo per la difficoltà di provare (essendo inutilizzabile il parere del consulente in tal senso) che la sopraelevazione fosse stata effettuata immediatamente dopo l’acquisto, avvenuto nel 1968.

Segue da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna di parte soccombente alla refusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 2.000,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA