Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10735 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10735 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUFFO MICHEIAMELD,

rappresentato e difeso dall’avv. Claudio

Lucisano, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma in
via Crescenzio n. 91;
– ricorrente contro
CCMUNE DI COLLEGNO, in persona del Segretario direttore generale,

rappresentato e difeso dall’avv. Luca Vérrienti e dall’avv.
Giovan Candido Di Gioia, presso il

quale è elettivamente

domiciliato in Roma in piazza Mazzini n. 27;
– controricorrente e ricorrente incidentale —
avverso la sentenza della Commissione tributaria re gionale del
Piemonte n. 14/2/07, depositata il 19 giugno 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 2 ottobre 2012 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
uditi l’avv. Luca Vérrienti per il controricorrente e
ricorrente incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Tommaso Basile, che ha concluso per il ri getto di
entrambi i ricorsi.

Data pubblicazione: 08/05/2013

nozione
in
relazione all’area
fabbricabile
lastrico solare

SVOLGIMENTO EEME, PROCESSO

Michelangelo Buffo propone ricorso per cassazione, sulla
base di tre motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria del Piemonte che, rigettandone l’appello,
ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento dell’IC per gli
anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, con i quali il Comune di
Collegno aveva contestato l’omessa dichiarazione ed il mancato
versamento dell’imposta in relazione all’ampliamento ed alla
della superficie dagli originari mq. 113 a mq. 426, considerando
il lastrico solare utilizzato quale area fabbricabile ai sensi
dell’art. 5, coma 6, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Il giudice d’appello ha infatti ritenuto, alla stregua del
coma 6 dell’art. 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, che il lastrico
solare era stato oggetto di “utilizzazione edificatoria” per
lavori di notevole importanza, quali l’ampliamento e la
soprelevazione di un piano di mq. 176,3 e di un sottotetto
abitabile di mq. 135,9, che non poteva considerarsi come
manutenzione ordinaria e/o straordinaria né pertinenza, per cui
la base imponibile era costituita dal valore dell’area.
Il Comune di Collegno resiste con controricorso,
articolando un motivo di ricorso incidentale. Ha depositato
memoria illustrativa.
MOTIVI EdUALA DECISIONE

I ricorsi, siccome proposti nei confronti della medesima
sentenza, vanno riuniti per essere definiti con unica decisione.
Con il ricorso incidentale, il cui esame logicamente
precede, l’ente impositore, denunciando violazione degli artt. 12
e 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e 83, terzo coma, cod.
proc. civ., eccepisce la nullità delle procure al difensore per i
ricorsi di primo grado – le quali erano state conferite su fogli
separati ma spillati agli atti introduttivi – in quanto anteriori
ai ricorsi stessi, essendo le prime datate 29 luglio ed i secondi
12 agosto 2005.
Il motivo è infondato.
Conviene anzitutto ricordare che “le forme previste
dall’art. 83 cod. proc. civ. per il conferimento della procura
alla lite – secondo cui questa “si considera apposta in calce

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soprelevazione dell’immobile del contribuente, con un incremento

anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto
materialmente all’atto cui si riferisce” – tendono ad assicurare
la certezza dell’esistenza e della tempestività della procura
stessa e, quindi, della riferibilítà alla parte dell’attività del
procuratore, di guisa che la procura al difensore apposta su un
atto diverso da quello indicato in detto articolo deve ritenersi
valida e perciò idonea alla rituale instaurazione del rapporto
processuale, ove risulti depositata al memento della costituzione

circa la sua esistenza e tempestività, sicché siffatta
riferibilità non possa essere posta in dubbio” (Cass. n. 4384 del
2000).
Nella specie, tuttavia, non di procura alle liti
propriamente si tratta, ma di incarico per l’assistenza tecnica
davanti alla commissione tributaria del difensore abilitato.
In proposito, questa Corte ha chiarito che “nel processo
tributario, la mancanza di assistenza tecnica della parte privata
nelle controversie di valore superiore a lire 5.000.000
(attualmente, Euro 2.582,28) determina semplicemente il dovere
per il giudice tributario adito di imporre l’ordine di munirsi di
detta assistenza, ai sensi dell’art. 12, comma quinto, del d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, potendo l’eventuale omissione essere
eccepita, in sede di gravame, soltanto dalla parte di cui sia
stato leso il diritto all’adeguata assistenza tecnica, secondo
l’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., ma non anche dalla
controparte, né rilevata d’ufficio nel giudizio di secondo grado.
Invero, la disposizione va interpretata, in una prospettiva
costituzionalmente orientata, in linea con l’esigenza di
assicurare l’effettività del diritto di difesa nel processo e
l’adeguata tutela contro gli atti della P.A., evitando nel
contempo irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si
risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare;
inoltre, il difetto di assistenza tecnica, a differenza di quanto
avviene nel processo civile, non si traduce in difetto di
rappresentanza processuale, in quanto l’incarico al difensore, a
norma dell’art. 12, comma terzo, del d.lgs. n. 546 del 1992, può
essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla
proposizione del ricorso e non dà luogo, perciò, ad una nullità

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in giudizio e la controparte non sollevi specifiche contestazioni

attinente alla costituzione del contraddittorio” (Cass. n. 3266
del 2012).
Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando
violazione degli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, il
contribuente assume che l’area edificata non sarebbe soggetta
all’imposta in base al coma 6 dell’art. 5, che disciplina
l’utilizzazione edificatoria dell’area, individuando come base
imponibile il valore dell’area stessa. Nel caso di specie, di
costruzione, verrebbe in gioco la norma dell’art. 2, comma 1,
lettera a), che per l’applicazione dell’imposta ai fabbricati
individua i due criteri alternativi della data di ultimazione dei
lavori o la data di utilizzazione effettiva.
Con

il

secondo motivo

denuncia

l’illegittimità

dell’accertamento per la mancanza di motivazione sul procedimento
di determinazione del valore, in violazione anche dell’art. 7
della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Con il terzo motivo si duole, in ordine all’irrogazione
delle sanzioni, della mancata applicazione del disposto dell’art.
12 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, relativamente al concorso
di violazioni.
Il primo motivo è fondato.
Ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, infatti, la
nozione di fabbricato, di cui all’art. 2 del d.lgs. 30 dicembre
1992, n. 504, rispetto all’area su cui esso insiste, è unitaria,
nel senso che, una volta che l’area edificabile sia comunque
utilizzata, il valore della base imponibile ai fini dell’imposta
si trasferisce dall’area stessa all’intera costruzione
realizzata. Per l’applicazione dell’imposta sul “fabbricato di
nuova costruzione”, infatti, la norma individua due soli criteri
alternativi: la data di ultimazione dei lavori, ovvero, se
antecedente, quella di utilizzazione, senza alcun riferimento
alla divisione del fabbricato in piani o porzioni (Cass. n. 22808
del 2006).
Per la determinazione della base imponibile “di un
appartamento in costruzione al primo piano dell’edificio, quindi,
non trova applicazione l’art. 5, comma 6, del d. lgs. 30 dicembre
1992, n. 504, che disciplina l’utilizzazione edificatoria

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appartamento risultante dalla sopraelevazione, in corso di

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dell’area (individuando come base imponibile il valore dell’area
stessa), ma l’art. 2, carina 1, lettera a), che per
l’assoggettabilità ad imposta del “fabbricato di nuova
costruzione” individua due criteri alternativi: la data di
ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente,
quella di utilizzazione: di tal che, nella specie, non essendosi
realizzato alcuno dei due presupposti, il comune non poteva
assoggettare ad ICI l’area su cui si sviluppava la cubatura in
relazione alla quale era stata conseguita la concessione edilizia

per l’appartamento al primo piano, non essendovi altra “area
fabbricabile” che quella su cui insisteva l’appartamento a suo
tempo realizzato al piano terreno” (Cass. n. 23347 del 2004).
In conclusione, il primo motivo del ricorso principale va
accolto, assorbito resane del secondo e del terzo motivo, mentre
va rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va
cassata in relazione al morivo accolto e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, con raccoglimento del ricorso introduttivo del
contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si
liquidano come in dispositivo, mentre vanno compensate fra le
parti le spese per i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del
ricorso incidentale, assorbiti gli altri, e rigetta il ricorso
incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.
Condanna il Comune al pagamento delle spese del giudizio,
liquidate in complessivi euro 1.600 oltre agli accessori di
legge
Dichiara compensate fra le parti le spese per i gradi di
DEPCSTATONCANCELLERA
merito.
Così deciso in Roma il 2 ottobre 2012.

– 8 MAG.313

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