Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10730 del 03/05/2017

Cassazione civile, sez. II, 03/05/2017, (ud. 15/03/2017, dep.03/05/2017),  n. 10730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25776/2012 proposto da:

CENTRO CONTABILE TAGLIAPIETRA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO

ZAGO;

– ricorrente –

contro

P.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

32, presso lo studio dell’avvocato MARA CURTI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RAFFAELLO SQUARCINA;

– controricorrente e ric. incidentale –

e contro

CENTRO CONTABILE TAGLIAPIETRA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO

ZAGO;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 684/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato CALDERARA Gianluca, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MANZI Luigi difensore del ricorrente e resistente

incidentale, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e

delle altre difese;

udito l’Avvocato CURTI Mara, difensore del resistente che chiede il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento delle difese

depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e rigetto incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Centro Contabile Tagliapietra srl ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda di risarcimento danni proposta dalla sign.ra P.I. avverso la società ricorrente a causa della riduzione del panorama che la propria abitazione sita in (OMISSIS), all’interno del residence “(OMISSIS)”, avrebbe patito in ragione della realizzazione di una “tenda chiusa con vetrate ad impaccamento laterale” a copertura della terrazza fronte mare di pertinenza del confinante (OMISSIS), di proprietà della società convenuta. La domanda, fondata sull’art. 2043 c.c., sosteneva l’illegittimità dell’opera per contrarietà alla normativa prevista dal regolamento del comune di (OMISSIS), in particolare all’art. 42, lett. c) e d).

Il ricorso si articola in due motivi.

P.I. si è costituita con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale a cui la ricorrente principale ha resistito con controricorso a ricorso incidentale.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 15.3.17, per la quale la sola ricorrente ha depositato memoria illustrativa e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso principale la società Centro contabile Tagliapietra lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 2043 c.c. unitamente all’art. 42 del Regolamento Edilizio del Comune di (OMISSIS), nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza gravata circa l’illegittimità dell’opera realizzata dalla ricorrente e circa l’ingiustizia del danno alla panoramicità subito dalla Sig.ra P., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Tali statuizioni sarebbero, secondo la ricorrente, erronee, dal momento che l’opera in contestazione avrebbe formato oggetto di apposita concessione edilizia rilasciata dal comune di (OMISSIS) in data 29.9.99 e allegata alla CTU, addirittura per una superficie e volumetria maggiore rispetto a quella effettivamente realizzata. L’amovibilità dell’opera, la cui conformità alla concessione sarebbe stata confermata dalla CTU espletata in primo grado, emergerebbe dal rilievo che i relativi pilastrini di sostegno sono ancorati al lastrico unicamente mediante imbullonamento. Secondo la ricorrente il carattere abusivo si sarebbe potuto ipoteticamente predicare solo in relazione al banco bar, con retro-locale, realizzato su una parte della terrazza coperta dalla tenda in contestazione; banco bar e retro-locale che, tuttavia, non rilevavano ai fini della legittimità della detta tenda e di per se stessi non determinavano alcuna riduzione del panorama godibile dall’immobile della sig.ra P..

Col secondo motivo del ricorso principale, proposto in via subordinata, si lamenta l’insufficiente motivazione della sentenza gravata circa la statuizione in ordine alla quantificazione del risarcimento riconosciuto la signora P., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5. La corte d’appello, nel liquidare il danno subito dall’attrice, si sarebbe attenuta al valore contenuto nella consulenza di primo grado, senza motivare le ragioni per cui riteneva non meritevoli di accoglimento le censure tempestivamente mosse sul punto dalla società ricorrente e limitandosi a sostenere la congruità della c.t.u. nonostante le contraddittorietà ivi contenute.

Il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

La corte veneziana ha ritenuto illegittima l’opera in contestazione – meglio qualificata dal c.t.u. in primo grado quale “serramento ad impaccamento laterale” – in quanto “struttura prefabbricata in pali metallici infissi al lastrico solare dell’albergo con tetto costituito da tenda non agevolmente, dato l’ancoraggio e le notevoli dimensioni, amovibile” e, quindi, “attesa l’installazione stabile e l’incremento di volume, costruzione illegittima in quanto priva di idoneo permesso di costruire. Tale non risulta la allegata in atti concessione per l’esecuzione di opere n. C 99/765, avente ad oggetto la facoltà di eseguire ristrutturazione per la riqualificazione adeguamento normativa antincendio, superamento barriere architettoniche, costruzione di tenda chiusura con vetrate ad impacchettamento laterale su fabbricato ad uso albergo, essendo stata nella specie eseguita non una semplice tenda ma una notevole costruzione ancorata al suolo con notevole aumento di volume”.

La corte veneziana ha in sostanza qualificato l’opera in questione come una “costruzione edilizia” (si veda il quint’ultimo rigo della seconda pagina manoscritta) e detta qualificazione costituisce un giudizio di fatto (dalla quale la stessa corte ha tratto il giudizio di diritto della sua illegittimità, per essere la relativa realizzazione “avvenuta in contrasto con la disciplina urbanistica” (si veda il quart’ultimo rigo della seconda pagina manoscritta) non sindacabile in questa sede se non sotto il profilo del vizio motivazionale; profilo non adeguatamente sviluppato nel mezzo di ricorso in esame, che non individua specifici vizi logici o lacune del percorso argomentativo della sentenza gravata (fondato sulla non agevole rimovibilità della tenda, in ragione delle relative dimensioni e modalità di ancoraggio), ma si limita a contrapporre all’apprezzamento del materiale istruttorio operato dalla corte territoriale quello ritenuto preferibile dalla ricorrente.

Il secondo motivo va invece giudicato parzialmente fondato. Se, infatti, va disattesa, perchè del tutto apodittica e generica, la censura mossa dalla ricorrente alla stima del valore dell’appartamento effettuata dal c.t.u. – e recepita dalla corte territoriale – in Euro 262.570, deve invece trovare accoglimento la doglianza relativa al conteggio del danno sviluppato dal c.t.u. e anch’essa integralmente recepita nella sentenza gravata. La motivazione della sentenza risulta infatti effettivamente carente laddove fa proprio il conteggio del c.t.u. senza esaminare lo scostamento – evidenziata già nel corso del giudizio di primo grado dal consulente di parte della odierna ricorrente – tra lo sviluppo di tale conteggio e il criterio indicato dallo stesso c.t.u.; criterio consistente nell’applicare alla somma corrispondente ai 33/180esimi del valore di stima dell’immobile (essendo 33 i gradi di visuale interclusi dal contestato manufatto e 180 i gradi dell’angolo piatto di visibilità) un coefficiente (dal c.t.u. denominato “di panoramicità”) – quantificato in 0,11 in sede di relazione (se ne veda la parziale trascrizione a pag. 20 del ricorso per cassazione) e in 0,6 in sede di replica alle osservazioni del consulente di parte.

La sentenza gravata va quindi cassata in parte qua con rinvio alla corte territoriale per nuova quantificazione del danno da riconoscere alla sig.ra P.; quantificazione che, partendo dal già accertato valore di stima dell’immobile, quantifichi il relativo decremento, ascrivibile alla parziale interclusione del panorama, secondo un ragionamento coerente nel suo sviluppo logico-matematico.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale la signora P. denuncia il vizio di omessa pronuncia, nonchè il vizio di omesso esame di fatto decisivo e il vizio di erronea applicazione dell’art. 42 del regolamento edilizio comunale, in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa omettendo di pronunciarsi sul motivo di appello con cui essa P. aveva censurato la sentenza di primo grado per aver ricondotto la fattispecie in esame alla previsione della lettera d) concernente “serramenti ad impaccamento laterale” – invece che alla previsione della lettera c) – concernente le tende – dell’art. 42 del regolamento edilizio del Comune di (OMISSIS).

In proposito la ricorrente incidentale svolgere le seguenti doglianze.

1) L’art. 42, lett. c), disciplina le tende e l’art. 42, lett. d), disciplina i “serramenti ad impaccamento laterale” (che richiedono la realizzazione di un piano urbano e che, secondo la difesa P., presupporrebbero la preesistenza di una copertura a cui applicare serramenti temporanei ad impaccamento laterale). Nessuna disposizione disciplina le “tende ad impaccamento laterale”. Nella specie l’opera in contestazione è una tenda (anche perchè così essa risulta definita nel provvedimento concessorio) e pertanto non poteva essere consentito l’impaccamento laterale, per di più non temporaneo ma permanente.

2) Sotto altro aspetto, la struttura in contestazione sarebbe da giudicare illegittima perchè, anche ritenendo applicabile la lettera d) dell’art. 42, sarebbe comunque necessario un piano urbano; secondo la difesa P. il primo giudice avrebbe errato nel ritenere il piano urbano necessario solo per l’istallazione di “serramenti ad impaccamento laterale” fronteggianti la pubblica e non anche per l’istallazione di tali serramenti fronteggianti il mare, quale quello in questione che “confina con la spiaggia, 50 m con la battigia, zona particolarmente protette da norme statali, regionali e comunali” (pagina 16 del controricorso).

3) Da ultimo, la difesa P. lamenta che la corte d’appello, pur riconoscendo l’illegittimità dell’opera, non ne abbia ordinato la demolizione, limitandosi a condannare la società Centro contabile Tagliapietra al risarcimento del danno.

La doglianza sub 1) e sub 2) attengono a profili di illegittimità urbanistica del manufatto in contestazione e risultano quindi assorbiti dal rigetto del primo motivo del ricorso principale.

La doglianza sub 3) va disattesa perchè la corte territoriale ha fatto buon governo del disposto dell’art. 872 c.c., giacchè l’articolo 42 del regolamento edilizio comunale di (OMISSIS) non ha carattere integrativo delle norme poste dal codice civile a tutela dei proprietari confinanti (cfr. Cass. 15886/05).

In definitiva il ricorso principale va accolto con riferimento al secondo mezzo, rigettato il primo, e il ricorso incidentale va rigettato, per assorbimento dei primi due mezzi e infondatezza del terzo; la sentenza gravata va cassata con rinvio in relazione al motivo accolto.

PQM

La Corte rigetta il primo mezzo del ricorso principale, accoglie il secondo per quanto di ragione, rigetta il ricorso incidentale e cassa la sentenza gravata in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della corte di appello di Venezia, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2017

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