Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1073 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 18/01/2011, (ud. 21/09/2010, dep. 18/01/2011), n.1073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28514/2008 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 44, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO NIGRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FREDA Annunciata, giusta mandato

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.V.R.I. S.P.A – ISTITUTI DI VIGILANZA RIUNITI D’ITALIA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ROSA RAIMONDI GARIBALDI 12, presso lo studio dell’avvocato

MARIO DELFINO, rappresentata e difesa dall’avvocato DELFINO Matilde,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 825/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 04/07/2008 r.g.n. 711/07;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

21/09/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPFIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Salerno, depositato in data 14.10.2004 F.A., premesso di aver lavorato alle dipendenze degli Istituti di Vigilanza Riuniti d’Italia (I.V.R.I.) s.p.a. con mansioni di guardia giurata e premesso che la società predetta, a seguito dell’apertura della procedura di mobilità ai sensi della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24, con nota del 24.12.2003 gli aveva comunicato la risoluzione del rapporto di lavoro, assumeva la nullità della procedura suddetta per violazione dei criteri di scelta ed altri vizi afferenti alla medesima.

Chiedeva pertanto che venisse dichiarata l’illegittimità del licenziamento irrogatogli con conseguente reintegra nel posto di lavoro e condanna della società al consequenziale risarcimento del danno.

Con sentenza in data 3.10.2006 il Tribunale adito rigettava la domanda. In particolare il giudice di primo grado rilevava che la deduzione di parte ricorrente concernente la concreta attuazione dei criteri di scelta adottati in sede di esame congiunto con le parti sociali e sostanzialmente la arbitraria attribuzione dei punteggi ai fini della formazione della graduatoria, era stata formulata, inammissibilmente, per la prima volta con le note difensive depositate il 20.2.2006; e che nessuna violazione dell’iter procedimentale fissato dalla L. n. 223 del 1991, poteva nella fattispecie ravvisarsi.

Avverso tale sentenza proponeva appello il lavoratore lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo l’accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza in data 21.5.2008, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione F. A. con due motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso la società intimata.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Col primo motivo del ricorso F.A. lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’applicabilità dell’art. 437 c.p.c., comma 2, laddove veniva ravvisata la tardività di deduzioni già contenute nel ricorso introduttivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare rileva che erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che le argomentazioni dell’appellante, incentrate sulla violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, rappresentassero una allegazione di circostanze ulteriori e diverse da quelle rappresentate nel ricorso introduttivo, costituendo quindi deduzioni nuove e come tali tardive ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2. Ciò in quanto il tema della violazione dei criteri di scelta era stato già introdotto ed ampiamente sviluppato nel ricorso introduttivo del giudizio, al quale era stata altresì allegata la comunicazione inviata ai sindacati il 24.12.2003 con cui venivano comunicati unilateralmente i criteri che sorreggevano la formazione della graduatoria.

Col secondo motivo del ricorso il F. lamenta violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 4, 5 e 24, nonchè della L. n. 300 del 1970, art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che l’esame del giudice dovesse essere limitato alla regolarità formale della comunicazione della L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 9, senza poter entrare nel merito della ragionevolezza complessiva delle scelte operate.

Il primo motivo del ricorso non è fondato.

Ritiene in proposito il Collegio di dover innanzi tutto evidenziare, siccome più volte ribadito da questa Corte, che nel rito del lavoro l’interpretazione dell’atto introduttivo del giudizio è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione, il che comporta l’esame non del ricorso introduttivo ma delle argomentazioni esposte dal giudice nella sentenza impugnata a suffragio delle proprie determinazioni.

Alla stregua di quanto sopra non può dubitarsi che la Corte territoriale abbia compiutamente e correttamente proceduto alla interpretazione ed alla individuazione del contenuto del ricorso introduttivo, rilevando con motivazione logica e coerente, che si sottrae pertanto ai rilievi ed alle censure sollevate sul punto con il proposto gravame, come parte ricorrente avesse nell’atto introduttivo del giudizio posto a fondamento delle proprie istanze la illegittimità dell’accordo concluso con le organizzazioni sindacali all’esito dell’esame congiunto, non potendo in alcun modo essere derogati i criteri di scelta del personale da licenziare, posti dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, nonchè la mancata specifica indicazione delle esigenze tecnico produttive, la genericità della comunicazione di avvio della procedura di licenziamento, ed inoltre la genericità della comunicazione effettuata al termine di detta procedura, che non illustrava in alcun modo il contemperamento dei criteri utilizzati per la individuazione dei lavoratori da licenziare con quelli previsti dal predetto testo normativo.

Deve ritenersi pertanto che correttamente la Corte di merito ha rilevato che la deduzione in ordine alla arbitrarietà ed unilateralità dell’attribuzione dei punteggi ai fini della formazione della graduatoria, formulata con le note autorizzate in data 20.2.2006, fosse tardiva ed introducesse quindi nel giudizio un nuovo tema di indagine con immutazione delle ragioni su cui si fondava il petitum, e conseguente estraneità al thema decidendum effettivamente dedotto in giudizio.

Ciò in quanto non può dubitarsi che la contestazione relativa alla non corretta determinazione dei criteri di scelta del personale da collocare in mobilità si appalesa del tutto distinta rispetto alla contestazione relativa alla indebita ed unilaterale attribuzione dei punteggi ai fini della formazione della graduatoria dei lavoratori in esubero.

Nè siffatta carenza espositiva può ritenersi superata dalla allegazione al ricorso introduttivo della nota in data 24.12.2003 con la quale venivano comunicati i punteggi attribuiti ai lavoratori, atteso che in detta sede il ricorrente avrebbe dovuto espressamente dedurre che tale attribuzione non era mai stata oggetto di accordo con i sindacati; siffatto rilievo, formulato solo con le note in data 20.2.2006, ha introdotto pertanto tardivamente nel giudizio un nuovo tema di indagine.

Rileva infine il Collegio che non può ravvisarsi alcuna contraddittorietà della motivazione per avere la Corte territoriale, pur affermando che tra i compiti del giudice rientra quello di verificare che “nella scelta del personale da licenziare gli eventuali criteri definiti convenzionalmente rispondano ai canoni di generalità, obiettività e ragionevolezza, accertando l’esatta applicazione di tali criteri”, negato la possibilità di procedere a tale accertamento per essere la doglianza della parte tardiva.

Ed invero la rispondenza dei criteri ai predetti canoni di generalità, obiettività e ragionevolezza attiene alla valutazione, in via generale ed astratta, dei criteri di scelta – diversi da quelli stabiliti per legge – previsti in sede di accordo sindacale, mentre la concreta attribuzione da parte del datore di lavoro dei singoli punteggi ai fini della formazione della graduatoria appartiene ad un momento diverso (e successivo) rispetto a quello della valutazione dei criteri convenzionalmente stabiliti, e deve essere oggetto di specifica (e tempestiva) contestazione da parte dell’interessato.

Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso.

Osserva il Collegio che, in base al principio più volte ribadito da questa Corte, il potere del datore di lavoro di scegliere i lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni deve essere esercitato nel rispetto dei limiti interni (che impongono una scelta da effettuare secondo criteri obiettivi, ragionevoli e coerenti con l’istituto della cassa integrazione) e dei limiti esterni (che impongono l’osservanza dei doveri di correttezza e buona fede ed il divieto di realizzare le discriminazioni di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 15).

Orbene, la ragionevolezza complessiva delle scelte adottate, oggetto di valutazione da parte del giudice in sede di giudizio di merito, appartiene al momento genetico della scelta dei criteri, convenzionalmente stabiliti con le organizzazioni sindacali; le modalità con le quali i suddetti criteri sono stati applicati alla fattispecie in esame (e quindi la concreta attribuzione dei punteggi), che ai sensi della predetta L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, devono essere comunicate agli uffici competenti ed alle organizzazioni di categoria contestualmente alla trasmissione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, appartengono al momento applicativo di tali criteri; ne consegue che la contestazione in ordine alla attribuzione dei punteggi non concerne la ragionevolezza dei criteri di scelta adottati, alla stregua della quale i criteri concordati devono avere i caratteri della obiettività e della genericità.

E pertanto neanche sotto questo profilo il ricorso può trovare accoglimento.

Il proposto gravame va pertanto rigettato ed a tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 32,00 oltre Euro 2.500,00 (duemilacinquecento) per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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