Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10727 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/05/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 16/05/2011), n.10727

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE PARITARIO KENNEDY SRL, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA ORAZIO MARUCCHI 5, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO

PROIETTI, rappresentato e difeso dagli avvocati DIODATO RENATO,

DOMENICO PALMA giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INPS, ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO

e CALIULO LUIGI giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 216/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 16/05/2009, R.G.N. 1112/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato DIODATO RENATO; udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22/4 – 16/5/09 la Corte d’Appello di Salerno ritenne fondato l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza n. 864/2007 del 19/4/07 del giudice del lavoro del Tribunale di Nocera Inferiore, che aveva accolto le opposizioni proposte il 16/11/96 ed il 21/7/98 dall’Istituto tecnico-commerciale Kennedy di (OMISSIS) rispettivamente nei confronti del decreto ingiuntivo n. 1543/96, contenente l’intimazione del pagamento della somma di lire 795.159.663 per omesso versamento contributivo inerente il periodo 1/10/91 – 31/3/95 e relative somme aggiuntive, e dell’ordinanza- ingiunzione n. 376/96, relativa al pagamento della sanzione amministrativa di lire 4.050.000, e di conseguenza riformò la sentenza gravata, rigettando le predette opposizioni e confermando gli atti opposti, il tutto con compensazione per l’intero tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio.

La Corte salernitana addivenne a tale decisione dopo aver rilevato che la contestazione, concernente l’omissione contributiva in danno di alcuni docenti che risultavano aver ricevuto ufficiale incarico di insegnamento negli anni scolastici dal 1991 al 1995, senza essere stati mai riportati nei libri di rito della scuola e senza essere stati mai denunziati all’Inps, aveva trovato puntuale riscontro negli atti istruttori del giudizio, mentre, al contrario, si erano rivelate infondate le opposizioni tendenti ad accreditare una supposta natura autonoma dei rapporti lavorativi, risultati, invece, contraddistinti dai caratteri della subordinazione. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Istituto tecnico-commerciale paritario “Kennedy” srl, affidando l’impugnazione a quattro motivi di censura. Resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo l’istituto ricorrente denunzia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, adducendo l’erroneità della decisione della Corte territoriale di respingere la sua eccezione di inammissibilità dell’atto d’appello, eccezione attraverso la quale era stata evidenziata la circostanza della generica riproposizione nell’atto di impugnazione dell’Inps delle stesse tematiche difensive che tale istituto aveva sostenuto in primo grado. La tesi del ricorrente, al riguardo, è che l’appello dell’Inps difettava del requisito della specificità dei motivi di impugnazione, in quanto l’ente previdenziale si era limitato a riproporre in secondo grado le questioni attinenti alle pretese azionate nella fase monitoria del giudizio.

2. Col secondo motivo si denunzia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, 2729 c.c., art. 116 c.p.c., nonchè di insufficiente motivazione su un punto decisivo in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5. Attraverso tale motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia dato peso determinante e decisivo, ai fini della verifica della pretesa creditoria dell’Inps, al verbale ispettivo che, al contrario, non poteva esplicare una tale efficacia probatoria, in quanto in esso erano contenute semplicemente valutazioni personali dei verbalizzanti.

3. Col terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 246, 157 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5; in particolare il ricorrente si duole della mancata ammissione del diritto di provare il contrario di quanto emerso dal verbale ispettivo e della motivazione fornita al riguardo dalla Corte di merito con riferimento alla inattendibilità dei testi estromessi.

4. Con l’ultimo motivo il ricorrente denunzia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2222, 2230 e 2697 c.c., art. 116 c.p.c., nonchè di motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria in ordine a punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5. In particolare si rappresenta l’inadeguatezza della motivazione della sentenza in ordine alla qualificazione della natura subordinata dell’attività didattica svolta dagli insegnanti all’interno dell’istituto opponente, inadeguatezza a sua volta dipesa dalla supposta erroneità di valutazione del materiale probatorio.

Osserva la Corte che in nessuno dei quattro motivi sopra esposti, contenenti tutti una denunzia di violazione di norme di diritto, è contenuto il quesito prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c. applicabile “ratione temporis” alla fattispecie.

Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 4556 del 25/2/2009) che “l’art. 366 bis cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, numeri 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dieta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione”, (in senso conforme v. anche Cass. Sez. 3 n. 24339 del 30/9/2008 e Cass sez. 3, Ord. n. 5447 del 5/3/2010).

A tutto ciò non si è attenuto il ricorrente, per cui il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di Euro 6500,00 per onorario, oltre Euro 15,00 per esborsi, nonchè spese generali, IVA e CPA ai sensi di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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