Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10727 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/06/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 05/06/2020), n.10727

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20384/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa, dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è

domiciliata, in Roma, in via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

CONTRO

S.A., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Laudante,

con cui elettivamente domicilia in Roma alla via delle Accademie n.

47, presso l’avv. Giuseppe Nerio Carugno;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 27/51/13 della Commissione tributaria

regionale della Campania, pronunciata il 25/1/2013, depositata il

7/2/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio dell’11 febbraio

2020 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle entrate ricorre con quattro motivi avverso S.A. per la cassazione della sentenza n. 27/51/13 della Commissione tributaria regionale della Campania(di seguito C.t.r.), pronunciata il 25/1/2013, depositata il 7/2/2013 e non notificata, che, in controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento per maggiori Irpef ed Iva dell’anno 2004, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza della C.t.p. di Caserta, favorevole alla contribuente;

con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che l’accertamento basato sugli studi di settore da solo non costituiva un indizio con elementi di gravità, precisione e concordanza e che, nel caso di specie, l’area geografica in cui era svolta l’attività commerciale, la crisi a seguito della quale l’attività veniva posta in liquidazione e gli sconti normalmente praticati alla clientela giustificassero l’annullamento dell’accertamento;

a seguito del ricorso, la contribuente resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio dell’11 febbraio 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art.380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. 30 agosto 1993 n. 331, art. 62 sexies, comma 3, dell’art. 2729 c.c., dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 116 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

secondo la ricorrente, la C.t.r. non ha tenuto conto della mancata risposta all’invito al contraddittorio da parte della contribuente, circostanza pacifica ed incontestata, che avrebbe legittimato l’accertamento fondato sugli studi di settore;

i motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono fondati e vanno accolti;

invero, la natura di presunzione semplice degli studi di settore è stata chiarita dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha individuato negli studi di settore un metodo autonomo di accertamento affermando che “tale sistema affianca la (e non si colloca all’interno della) procedura di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in quanto la procedura di accertamento standardizzato è indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello standard, e la cui irregolarità, per i contribuenti in contabilità ordinaria, costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata”;

“si tratta di un sistema, che, diversamente da quello di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, trova il suo punto centrale nell’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, determinando il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell’elaborazione statistica) alla fase dinamica dell’accertamento (l’applicazione degli standard al singolo destinatario dell’attività accertativa)”;

“in estrema sintesi – secondo le Sezioni unite – l’onere probatorio negli accertamenti da studi di settore è così ripartito: a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente, che può utilizzare a suo vantaggio anche presunzioni semplici, fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce” (Sentenze Corte di Cassazione, SS.UU. nn. 26635/2009, 26636/2009, 26637/2009, 26638/2009);

l’Ufficio, dunque, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.t.r. nella sentenza impugnata, può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito;

nel caso di specie, la C.t.r. non ha tenuto conto dell’elemento indiziario derivante dalla mancata comparizione della contribuente in sede di contraddittorio endoprocessuale, ritenendo erroneamente che l’accertamento fosse basato sul solo scostamento del dichiarato dalla media degli studi di settore;

il giudice di appello, invece, avrebbe dovuto valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito e la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte;

con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., commi 1 e 2, e art. 116 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nel caso di specie, la C.t.r. ha ritenuto che vi erano dei dati, dai quali risultava la “non congruità” dello studio di settore, relativi all’area geografica in cui era svolta l’attività commerciale, alla crisi a seguito della quale l’attività veniva posta in liquidazione (cinque anni dopo) ed agli sconti normalmente praticati alla clientela (del tipo prendi due, paghi uno);

secondo la ricorrente, il giudice di appello avrebbe posto a base della propria decisione le giustificazioni della contribuente, senza verificare se le stesse avessero un supporto probatorio;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la motivazione apparente, in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, e dell’art. 11 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

la ricorrente deduce che, pur ricadendo sulla contribuente l’onere di provare le circostanza che giustificavano la non congruità dei ricavi con gli studi di settore, la sentenza impugnata aveva ritenuto fondate le giustificazioni fornite dalla stessa, senza chiarire da quali elementi avesse tratto il proprio convincimento;

il quarto motivo è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del terzo;

come è stato detto, “ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi, ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri” (Sez. 5, Sentenza n. 17646 del 06/08/2014);

pertanto, nel caso in esame, sarebbe stato onere della contribuente, che non ha risposto all’invito al contraddittorio dell’Ufficio (circostanza genericamente e tardivamente contestata dalla controricorrente solo nel giudizio di cassazione), dimostrare la fondatezza delle giustificazioni addotte con adeguato supporto probatorio, di cui il giudice avrebbe dovuto dare atto;

“ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto dinamico della dichiarazione stessa” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 23/01/2006);

pertanto, in accoglimento del primo, secondo e quarto motivo, assorbito il terzo la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.t.r. della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.t.r. della Campania, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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