Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10726 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38435-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE – (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO

D’AREZZO N. 28, presso lo studio dell’avvocato MARIA BRUNA CHITO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FAUSTO DI PEDE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 235/3/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA BASILICATA, depositata l’08/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CATALDI

MICHELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate – riscossione (A.d.e.r.) propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 235/03/2019, depositata l’8 maggio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Basilicata ha accolto l’appello di M.N. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Matera, che aveva rigettato il ricorso del medesimo contribuente contro il preavviso di fermo amministrativo, fondato su 17 cartelle di pagamento, che gli era stato notificato da Equitalia Sud s.p.a.

Il contribuente si è costituito con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente A.d.e.r. deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata in conseguenza della natura apparente della sua motivazione.

Assume infatti la ricorrente Agenzia che il giudice a quo ha esposto nella motivazione due argomentazioni diametralmente opposte e tra loro insanabilmente inconciliabili, in ordine alla medesima ed unica ratio decidendi, espressamente qualificata come preliminare ed assorbente, relativa alla dichiarata decadenza, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ex art. 25, per la mancata tempestiva notifica al contribuente, coobbligato in solido quale socio accomandatario della Quality Program s.a.s. di N.M. & C., delle cartelle di pagamento attinenti debiti di quest’ultima.

Il motivo è ammissibile (non ravvisandosi il difetto di autosufficienza eccepito genericamente nel controricorso) e fondato.

La CTR, invero, ha, nella prima parte della motivazione, affermato che la notifica delle cartelle di pagamento alla s.a.s. non varrebbe ad impedire la decadenza, eccepita dal contribuente, nei confronti del socio illimitamente responsabile in solido con essa, citando a sostegno di tale conclusione la motivazione di Cass. 03/12/2017, n. 29845, nella quale si legge che “Nè la cronologicamente precedente, eventuale notificazione alla società contribuente di cartelle recanti la medesima iscrizione a ruolo può spiegare effetti per così dire conservativi dei termini fissati all’ufficio per la notifica al coobbligato, ove si consideri che secondo l’insegnamento di questa Corte, con riguardo alla “solidarietà tra coobbligati, l’art. 1310 c.c., comma 1, dettato in materia di prescrizione, non è applicabile anche in tema di decadenza, non solo per la chiarezza del testo normativo, riferito solo alla prescrizione, ma anche per la profonda diversità dei due istituti, fondandosi la prescrizione sull’estinzione del diritto che, per l’inerzia del titolare, si presume abbandonato e fondandosi, invece, la decadenza sulla necessità obiettiva di compiere un determinato atto entro un termine perentorio stabilito dalla legge, oltre il quale l’atto è inefficace, senza che abbiano rilievo le situazioni soggettive che hanno determinato l’inutile decorso del termine o l’inerzia del titolare e senza possibilità di applicare alla decadenza le norme relative all’interruzione e/o alla sospensione della prescrizione contemplate dall’articolo indicato” (Cass. n. 16945 del 2008).”.

Fondato quindi l’accertamento della decadenza dalla riscossione sull’inapplicabilità, nel caso di specie, dell’art. 1310 c.c. e quindi sulla ritenuta inefficacia, nei confronti del contribuente coobbligato solidale, dell’efficacia interruttiva (o meglio impeditiva) della notifica delle cartelle esattoriali alla società condebitrice, la motivazione prosegue affermando il principio esattamente contrario.

Infatti, la CTR premette in questa seconda parte della motivazione che “secondo la giurisprudenza ritenuta ormai granitica, infatti, trova in ambito fiscale applicazione l’art. 1310 c.c.” e (citate Cass. 25.05.2017, n. 13248 e cass. 14.11.2014, n. 24322) conclude che, in ragione della diversità e specialità della disciplina tributaria, trattandosi di attività di diritto pubblico regolata da norme proprie, tra cui il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, “la Corte di Cassazione, ha stabilito con l’ordinanza n. 2545/19 (rectius Cass. 01/02/2019, n. 2545, come ulteriormente e correttamente citata nella motivazione) che il principio in virtù del quale la notifica dell’atto impositivo ad uno dei coobbligati impedisce la decadenza dal diritto di procedere nei confronti dell’altro (condebitore) opera anche nel caso del “termine decadenziale””.

Infine, la motivazione si conclude con l’affermazione che la CTR “non intende discostarsi dalle statuizioni della Suprema Corte innanzi esposte”.

Appare quindi evidente come la motivazione rassegnata dal giudice a quo si basi, contemporaneamente, su due argomentazioni in diritto che (anche a prescindere dagli indirizzi giurisprudenziali di legittimità evocati a sostegno di ciascuna) sono oggettivamente inconciliabili, una negando e l’altra sostenendo l’applicabilità dell’art. 1310 c.c. alla decadenza in materia tributaria, e specificamente al termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

Le due argomentazioni, tra loro collidenti, sono poste, nel ragionamento logico-giuridico esposto nella motivazione, sullo stesso piano, sicchè (a differenza di quanto assunto nel controricorso) non sussistono elementi per ritenere che il giudicante abbia esposto una delle due con l’intento di spiegare perchè intendesse discostarsene. Nè appare risolutivo di tale contraddizione il dichiarato intento di “non discostarsi dalle statuizioni della Suprema Corte innanzi esposte”, formula che si adatta ad ambedue le argomentazioni, contrapposte, che la precedono (ed anzi, ove tale formula dovesse intendersi, in senso letterale, come riferibile alla tesi, immediatamente precedente nel testo, dell’applicabilità dell’art. 1310 c.c., la motivazione evidenzierebbe comunque un insanabile contrasto con il dispositivo, che ha invece respinto l’appello che sosteneva tale tesi).

Inoltre, una (quella dell’inapplicabilità dell’art. 1310 c.c.) delle due argomentazioni, paritetiche ma contraddittorie, della motivazione è a sua volta insanabilmente contraddittoria con l’inequivoco dispositivo di rigetto dell’appello del contribuente, non sostenuto da altra ratio.

Tanto premesso, l’appena descritta anomalia della motivazione corrisponde alla fattispecie del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, che secondo la giurisprudenza di questa Corte si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio (come nel caso di specie) risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex plurimis, Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. L -, Sentenza n. 17196 del 17/08/2020), quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice.

1.1. Giova peraltro aggiungere che nella motivazione (solo apparente, per quanto sinora argomentato) della decisione impugnata la CTR premette che, per effetto dell’accoglimento dell’appello ed in riforma della decisione impugnata, “annulla il preavviso di fermo amministrativo impugnato ed i richiamati atti prodromici per i motivi appresso indicati.”. Immediatamente dopo, la CTR, premesso altresì che l’omessa notifica delle cartelle al coobbligato e la notifica delle stesse alla sola s.a.s. integra “un vizio procedimentale che inficia insanabilmente la nascita del titolo esecutivo”, ne fa anche derivare espressamente la decadenza dal diritto alla riscossione: “Ne consegue, pertanto, l’avvenuta decadenza da parte dell’Agente della riscossione per non avere essa ritualmente notificato, per tempo, ciascun titolo esecutivo al coobbligato, a nulla rilevando la notifica alla sola società.”.

Infine, la CTR conclude rilevando che “trattandosi, nel caso di specie, di vizi rilevati in via preliminare, il Collegio ritiene interamente assorbiti gli altri motivi di doglianza portati nell’atto di appello.”.

Pertanto la CTR, ha accolto l’eccezione, proposta dal contribuente nel ricorso introduttivo (al capo V, per come riprodotto nel controricorso) e riproposta nell’appello (al punto 7, come risulta dalla sentenza qui impugnata), di “decadenza di tutti i crediti vantati dall’Amministrazione finanziaria”. Tale pronuncia non è quindi limitata alla mera pretesa illegittimità formale del preavviso di fermo, ma incide a monte sui relativi diritti sostanziali oggetto delle cartelle presupposte da quest’ultimo. Pertanto, essa non esprime una mera ratio decidendi concorrente all’accoglimento del motivo d’appello relativo all’invalidità del preavviso di fermo per mancata notifica delle cartelle da esso presupposte al socio coobbligato; ma è piuttosto l’unica ratio decidendi sulla quale poggia l’autonoma e preliminare rilevazione della decadenza.

Sussiste, pertanto, l’ammissibile interesse della ricorrente Agenzia a censurare la dichiarazione della decadenza, anche a prescindere da una specifica censura in ordine alla validità formale del preavviso di fermo.

2.Con il secondo motivo la ricorrente A.d.e.r. deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1310 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

Assume infatti la ricorrente Agenzia che il giudice a quo avrebbe errato laddove ha accolto l’appello, dichiarando la decadenza per effetto della mancata tempestiva notifica al contribuente socio coobbligato delle cartelle presupposte dal preavviso di fermo, nonostante la notifica degli stessi atti alla s.a.s. debitrice fosse idonea e sufficiente, ai sensi dell’art. 1310 c.c., ad escludere la maturazione del termine legale decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, anche nei confronti del condebitore solidale.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.

3. All’accoglimento del primo motivo consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo, anche per la trattazione delle questioni rimaste assorbite dalla decisione d’appello.

PQM

Accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinviando alla Commissione tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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