Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10723 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31378-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2742/23/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

DELLA LOMBARDIA, SEZ. DISTACCATA di BRESCIA, depositata

l’11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CATALDI

MICHELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione,

affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 2742/23/2018, depositata l’11 giugno 2018, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia – sezione staccata di Brescia ha deciso (come infra si dirà), dopo averli riuniti, gli appelli erariali contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Brescia, che aveva accolto, dopo averli riuniti, i ricorsi proposti: a) dalla FGS Costruzioni s.r.l. unipersonale in liquidazione contro gli avvisi d’accertamento, in materia di Ires, Irap ed Iva, relativi agli anni d’imposta 2010 e 2011, che avevano determinato induttivamente il maggior reddito d’impresa, il maggior valore della produzione ed i maggiori ricavi, con la determinazione delle conseguenti maggiori imposte e dei relativi intessi e sanzioni; b) da P.F., titolare dell’intero capitale sociale della predetta s.r.l., contro gli avvisi d’accertamento, in materia di Irpef relativi agli anni d’imposta 2010 e 2011, che avevano determinato il maggior reddito da partecipazione, sulla base della presunzione di distribuzione al socio (unico in questo caso) degli utili extra-bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base sociale.

La sentenza impugnata reca il seguente dispositivo: “La Commissione dichiara inammissibili i ricorsi di primo grado proposti in nome della società estinta. Respinge gli appelli dell’Ufficio nei confronti del ricorrente socio P.F.. Spese compensate per entrambi i gradi di giudizio.”.

La FGS Costruzioni s.r.l. unipersonale in liquidazione e P.F. sono rimasti intimati.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, deve darsi atto che la lettura coordinata della motivazione e del dispositivo della sentenza d’appello evidenziano che, secondo la CTR, “poichè al momento dell’accertamento, la società era estinta non poteva essere oggetto dell’accertamento medesimo. Da quanto sopra peraltro deriva anche che nessun ricorso poteva essere proposto in nome di un soggetto non più esistente, conseguendone l’inammissibilità del ricorso proposto in nome della società.”.

Come espressamente evidenziato nel ricorso, l’Agenzia non impugna in questa sede le statuizioni d’appello relative agli accertamenti nei confronti della s.r.l. unipersonale (che, come risulta dalla sentenza impugnata, già la CTP aveva annullato per l’estinzione della società, cancellatasi dal registro delle imprese, prima della notifica degli atti impositivi in questione) ma solo il capo della decisione di secondo grado che dalla ritenuta “inesistenza” e/o “inefficacia” degli accertamenti di maggior imponibile nei confronti della società fa derivare, come conseguenza necessaria, anche l’annullamento degli atti d’accertamento nei confronti del socio, poichè “Essendo il reddito sociale inesistente tale è pure quello di partecipazione.”.

Pertanto, non sono in discussione in questa sede l’estinzione della società, e la sua opponibilità all’Amministrazione, prima della notifica degli accertamenti, ed il conseguente effetto invalidante su questi ultimi, ma esclusivamente il riflesso che tali premesse possano proiettare sugli accertamenti dei presunti maggiori redditi da partecipazione imputati al socio unico a titolo personale.

2.Con l’unico motivo l’Amministrazione deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione “dell’art. 2495 c.p.c. (rectius art. 295 c.p.c.), comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65”.

Assume infatti il ricorrente Ufficio che solo l’accoglimento per motivi di merito del ricorso della società, avente ristretta base sociale, contro l’accertamento che le attribuisca ricavi occulti, può avere un’efficacia di giudicato riflesso anche sull’accertamento che imputi, a titolo personale, al socio il maggior reddito derivante dalla presunzione che i ricavi sociali non dichiarati siano stati distribuiti pro quota ad ogni appartenente alla compagine sociale come utili altrettanto occulti.

Nel caso di specie, l’estinzione della società prima dell’accertamento nei suoi confronti, non comportando alcuna verifica circa l’inesistenza dell’imponibile da essa non dichiarato, non avrebbe potuto costituire la ragione (l’unica, secondo la sentenza d’appello) dell’inesistenza del corrispondente reddito da partecipazione accertato nei confronti del socio unico.

Il motivo è fondato.

Infatti, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “In tema di contenzioso tributario, la sentenza, passata in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale, se fondata su motivi di rito (nella specie, per l’estinzione della società), non fa stato nei confronti dei soci, mancando un accertamento inconfutabile sull’inesistenza dei ricavi non contabilizzati e della relativa pretesa fiscale.” (Cass. 07/06/2016, n. 11680).

Rileva, in motivazione, tale precedente di legittimità che il giudicato di accertamento negativo dell’utile extracontabile sociale, emesso nel giudizio tra una società di capitali a ristretta base sociale e l’Amministrazione finanziaria, fa stato anche nei confronti del socio, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, a condizione che l’annullamento della pretesa fiscale nei confronti della società a ristretta base sociale sia conseguito ad una pronunzia che ha negato nel merito l’esistenza di siffatto presupposto dell’utile extra-bilancio, non potendosi negare che l’Ufficio abbia posto a base della pretesa fiscale spiccata nei confronti del socio, correlata al maggiore reddito di partecipazione, l’esistenza dei ricavi non contabilizzati da parte della società. Tuttavia, si legge nella stessa motivazione, “Tale possibilità non risulta invece preclusa dal ‘giudicatò formatosi nei confronti della società per ragioni di rito, qual è quello che viene qui in considerazione, per essere stato annullato l’atto impositivo in ragione dell’estinzione della società medesima, dovendosi ritenere che proprio l’assenza di un accertamento irrefutabile sull’inesistenza nel merito della pretesa correlata ai ricavi non contabilizzati possa, impregiudicata la sorte dell’accertamento notificato alla società, essere posto a base della pretesa nei confronti del socio e costituire, se dimostrato dall’Ufficio, condizione legittimante della richiesta fiscale correlata al maggior reddito di partecipazione a carico del socio, fermi peraltro i principi già più volte espressi da questa Corte a proposito della presunzione di attribuzione ai soci degli utili extra bilancio e dell’inversione dell’onere della prova che ad essa consegue – cfr. Cass. n. 25271 del 28/11/2014; Cass.,n. 18032/2013 -. Tali principi, del resto, non sono in alcun modo stati smentiti dalla ricordata Cass.n. 23899/2015 che ha ritenuto l’efficacia del giudicato riflesso formatosi nei confronti della società sulla pretesa azionata a carico del socio proprio in ragione dell’accertamento negativo del credito sociale compiuto nel giudizio in cui era stata parte la società.” (conforme, in motivazione, Cass. 28/12/2017, n. 31043).

Dunque, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’invalidità, in ragione dell’estinzione della società a ristretta base sociale cui era destinato, dell’accertamento emesso nei confronti di quest’ultima, non determina necessariamente l’illegittimità degli atti impositivi nei confronti dei suoi soci per i redditi costituiti dagli utili extra-bilancio percepiti pro quota, neppure se la formale illegittimità dell’accertamento societario sia stata dichiarata con un precedente ed irrevocabile annullamento giurisdizionale.

Non si è quindi conformata a tali principi la sentenza impugnata che, pertanto, va cassata in parte qua, con rinvio alla CTR per i necessari accertamenti in fatto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia-sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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