Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10720 del 03/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/05/2017, (ud. 16/02/2017, dep.03/05/2017),  n. 10720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18777/2012 proposto da:

P.A., B.G.P., C.F.M.,

C.L., M.G., Pi.Lu., elettivamente

domiciliati in Roma, Via della Camilluccia n. 785, presso l’avvocato

Chiola Claudio, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Gorlani Innocenzo, Gorlani Mario, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Morengo, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via F. Confalonieri n. 5, presso l’avvocato

Manzi Andrea, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Bonomi Ignazio, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 342/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 13/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2017 dal cons. MARULLI MARCO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato CHIOLA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ANDREA REGIO, con delega

orale, che si riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO

Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e

correzione di errore materiale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con atto di citazione notificato il 21.12.2005 gli odierni ricorrenti, tutti comproprietari pro quota di una porzione di un fondo sito in (OMISSIS), oggetto di occupazione d’urgenza con decreto del 10.5.1983 e, di seguito, di trasformazione irreversibile entro la data di scadenza del termine di occupazione prorogato da ultimo al 1.7.1993, convenivano in giudizio avanti alla Sezione distaccata di Treviglio del Tribunale di Bergamo il Comune di Morengo chiedendo che, in ragione della mancato perfezionamento della procedura espropriativa nel predetto termine, il prefato convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni materiali e morali “conseguenti all’illegittima occupazione acquisitiva” da esso operata.

1.2. Rigettata l’eccezione di prescrizione opposta dal contenuto, la domanda era accolta dall’adito Tribunale con decisione che il Comune di Morengo appellava avanti alla locale Corte distrettuale e che questa con la sentenza oggi impugnata riformava ritenendo che la domanda attorea fosse prescritta.

Rilevava il decidente, richiamata la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla decorrenza del termine di prescrizione ai fini dell’azione risarcitoria in caso di occupazione acquisitiva e ritenute inconferenti le allegazioni di parte appellata circa gli effetti interruttivi del ricorso straordinario al Capo dello Stato e di altro pregresso giudizio avanti al medesimo Tribunale definito con sentenza 44 del 12.1.2004, che nella specie la domanda di condanna del Comune era stata per la prima volta proposta dagli odierni ricorrenti “con citazione notificata in data 21.12.2005, circa dodici anni dopo la scadenza del termine dell’occupazione d’urgenza legittimamente disposta”, di modo che il diritto doveva considerarsi perciò prescritto essendo a quell’epoca ampiamente decorso il termine di prescrizione quinquennale.

1.3. Per la cassazione di detta decisione gli odierni ricorrenti si affidano ad un ricorso fondata su quattro motivi, ai quali resiste con controricorso il Comune di Morengo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

1.4. Il collegio ha autorizzato l’adozione della motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e falsa applicazione di legge in relazione, nell’ordine, all’art. 2935 c.c., avendo la Corte d’Appello erroneamente sostenuto, ai fini di negarne ogni effetto interruttivo ai fini della prescrizione, che la vicenda impugnatoria della procedura espropriativa avviata dai ricorrenti con ricorso straordinario al Capo dello Stato “fosse estranea alla successiva illegittima trasformazione del fondo in assenza di esproprio”, quantunque l’iniziativa, come già riconosciuto dal primo giudice, fosse volta invece ad esercitare ogni diritto conseguente al lamentato illecito (primo motivo); in relazione all’art. 1 del Protocollo CEDU, agli artt. 42 e 47 Cost. e agli artt. 2935 e 2947 c.c. essendosi la Corte d’Appello uniformata in ordine alla rilevata incompatibile dell’istituto dell’occupazione acquisitiva con l’art. 1 del Protocollo CEDU “al ripetuto insegnamento della Corte di Cassazione”, già peraltro contraddetta dalla contraria giurisprudenza della Corte di Strasburgo e dalla giurisprudenza amministrativa in guisa della quale andrebbe invece riconosciuto il carattere permanente dell’illecito e la decorrenza del termine di prescrizione de die in diem, circostanze queste ultime che giustificano anche la denuncia di un vizio di insufficiente motivazione (secondo motivo); in relazione agli artt. 2943, 2945 e 2935 c.c. avendo la Corte d’Appello negato ogni concludenza “all’intervenuta tempestiva proposizione” del giudizio conclusosi con sentenza 44 del 12.1.2004, sebbene la prescrizione del diritto al risarcimento del danno possa al più farsi decorrere a partire dalla data di accertamento dell’avvenuta acquisizione del terreno alla proprietà pubblica decorrente appunto dalla citata pronuncia, circostanze anche queste rilevanti ai fini della contraddittorietà e lacunosità della motivazione (terzo motivo).

1.2. I motivi, così compendiati, possono essere esaminati congiuntamente in quanto afferenti al medesimo tema decisionale e meritano accoglimento risultando fondati, con conseguente assorbimento del quarto motivo.

1.3. Orbene l’assunto complessivamente fatto valere dagli odierni ricorrenti con i motivi in disamina – che insistono nel perorare il risarcimento dei danni da essi patiti in conseguenza dell’occupazione acquisitiva di un proprio fondo ad opera del Comune convenuto a fronte della prescrizione di ogni loro pretesa dichiarata dal giudice d’appello – ha ora trovato la piena condivisione delle SS.UU. di questa Corte che, archiviando definitivamente, su sollecitazione del giudice sovranazionale, la lunga stagione della legittimazione pretoria dell’occupazione acquisitiva, con la considerazione che “l’illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte dell’Amministrazione, sicchè il privato ha diritto a chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente”, ha in particolare affermato, circa l’argomento che ne occupa, sulla premessa che “l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della P.A., allorchè il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto i danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà del bene stesso”, che “la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente” (Cass., Sez. U, 19/01/2015, n. 735).

1.4. Errato è dunque il contrario convincimento del giudice d’appello, atteso che la natura permanente dell’illecito preclude la prescrizione del diritto risarcitorio sino a che la relativa pretesa non sia esercitata, principio alla luce del quale dovrà riesaminare la fattispecie nel merito e a decidere di conseguenza.

1.5. La sentenza va dunque cassata e la causa va rinviata per il seguito ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 1.

PQM

Accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il quarto, cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Brescia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2017

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