Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10717 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/06/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 05/06/2020), n.10717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 921-2016 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BORGOGNONA

37, presso lo studio dell’avvocato BRANCADORO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO VINCENZI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

con atto di costituzione – avverso la sentenza n. 1369/2015 della

COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA, depositata il 22/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2020 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

Che:

1. il 19 luglio 2005, B.R., per la registrazione dell’atto di acquisto di un terreno agricolo, dichiarava di volersi avvalere, quale imprenditrice agricola professionale, del beneficio della riduzione all’8 per cento dell’aliquota dell’imposta di registro, prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte I, art. 1, nota I, parte I, allegata (nel testo applicabile “ratione temporis”);

2. la contribuente ricevuto dall’Agenzia delle entrate avviso di liquidazione in revoca del beneficio, ricorreva, senza successo, alla commissione tributaria regionale di Forlì per l’annullamento dell’avviso medesimo;

3. con sentenza n. 1369, depositata il 22 giugno 2015, n. 1369, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, respingeva l’appello e così confermava la legittimità dell’avviso di liquidazione sul motivo che la contribuente non aveva presentato all’ufficio il certificato di cui al citato art. 1 entro il termine triennale ivi previsto;

4. la contribuente ricorre per la cassazione della suddetta sentenza sulla base di tre motivi;

5. l’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria di costituzione tardiva;

6. la contribuente ha depositato memoria illustativa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta, violazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, artt. 1 e 2, della L. n. 604 del 1954, artt. 1,2,3, 4 e 5, sostenendo di non aver avuto obbligo di presentare alcun certificato. Il motivo è fondato. Merita ricostruire il quadro normativo di riferimento. Il D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte I, art. 1, nota 1, allegata, prevedeva, nel testo applicabile ratione temporis (modificato dalla L. n. 311 del 2004, in vigore dal 1 gennaio 2005) che “Per gli atti traslativi stipulati da imprenditori agricoli a titolo principale o da associazioni o società cooperative di cui alla L. 9 maggio 1975, n. 153, artt. 12 e 13, ai fini dell’applicazione dell’aliquota dell’8 per cento l’acquirente deve produrre al pubblico ufficiale rogante la certificazione della sussistenza dei requisiti in conformità a quanto disposto dalla L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12. Il beneficio predetto è esteso altresì agli acquirenti che dichiarino nell’atto di trasferimento di voler conseguire i sopra indicati requisiti e che entro il triennio producano la stessa certificazione; qualora al termine del triennio non sia stata prodotta la documentazione prescritta l’ufficio del registro competente provvede al recupero della differenza d’imposta…”. Il D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, comma 5, ha abrogato la L. n. 153 del 1975, art. 12 ed ha sostituito la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale con quella di imprenditore agricolo professionale. Tale ultima qualifica è data, ai sensi del citato D.Lgs., art. 1, comma 1, a “colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi del regolamento del Consiglio, del 17 maggio 1999, (CE) n. 1257/1999, art. 5, dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui al citato regolamento (CE) n. 1257/1999, art. 17, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento”. Ai sensi dell’art. 1 comma 2, “Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1…”. Ai sensi dell’art. 1, comma 4, infine, “All’imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime”. La L. 6 agosto 1954, n. 604 si riferisce ad agevolazioni in favore dei coltivatori diretti (ossia, ex art. 2 della legge, di chi “dedica la propria attività manuale alla lavorazione della terra”), consistenti nella esenzione dalla imposta di bollo degli atti di trasferimento di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge medesima, nell’assoggettamento di tali atti “alla normale imposta di registro ridotta ad un decimo ed alla imposta ipotecaria nella misura fissa di lire 500”. Per la fruizione dei suddetti benefici, l’interessato deve presentare, al momento della registrazione o, ex art. 3, un certificato definitivo dell’ispettorato provinciale agrario, attestante la sussistenza dei requisti di cui all’art. 2 o, ex art. 4, un certificato provvisorio del predetto ispettorato e, nei tre anni successivi, il certificato definitivo. Questo il quadro di riferimento. Ciò posto, si osserva che la Corte, con sentenza n. 16071 del 26/06/2013 (e con la conforme pronuncia n. 23630 del 05/11/2014), ha già avuto modo di affermare che “In tema di imposte sulla registrazione dell’acquisto di terreni agricoli, il D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, comma 4, ha esteso anche all’imprenditore agricolo professionale (IAP) i benefici fiscali di cui alla L. 6 agosto 1954, n. 604, art. 1, già previsti per la piccola proprietà contadina, senza richiedere altresì la sussistenza in capo a detto imprenditore delle condizioni di cui alla citata L. n. 604, art. 2, n. 1, trattandosi di requisiti dettati per il solo coltivatore diretto e incompatibili con la nuova figura professionale che il legislatore intende incentivare; ne consegue che, per il beneficio menzionato, non è necessario il certificato rilasciato dall’Ispettorato provinciale agrario e da produrre a pena di decadenza all’Amministrazione finanziaria entro il termine triennale dalla registrazione dell’atto”. Nè sarebbe possibile argomentare che se, a seguito della abrogazione della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, è venuto meno l’obbligo di presentare al pubblico ufficiale rogante o all’ufficio del registro entro il triennio successivo alla registrazione la certificazione della sussistenza dei requisiti di cui alla L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12, tuttavia, sostituita per effetto del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1 la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale con quella di imprenditore agricolo professionale, all’obbligo di presentare la certificazione di cui alla L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12, si è sostituito l’obbligo di presentare la documentazione di accertamento rilasciata dalle regioni ai sensi del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 2. Simile argomentazione, oltre a forzare la lettera della L. n. 99 del 2014 -la quale non si esprime in termini di obbligo di presentazione della documentazione regionale nè, tanto meno, in termini di obbligo di presentazione sanzionato con la decadenza dal beneficio-, si scontrerebbe con il rilievo, contenuto nella già richiamata sentenza n. 16071/2013 e conseguente alla rimarcata incompatibilità delle condizioni previste dalla L. n. 604 del 1954, art. 2, con la qualifica di imprenditore agricolo professionale, per cui, “Nella sostanza il legislatore…, ha inteso riconoscere a favore dell’imprenditore agricolo professionale (IAP) un’agevolazione del tutto nuova, differente da quella prevista a favore del coltivatore diretto, questa soltanto richiamata per dire ch’essa dà luogo ara riduzione d’aliquota ivi prevista, che ha la funzione di promuovere la nuova imprenditoria agricola”;

2. il motivo deve essere accolto e, assorbiti gli altri (con cui la contribuente ha lamentato violazione della L. n. 99 del 2004, art. 1, assumendo che il certificato della comunità montana prodotto in causa era di per sè idoneo ad escludere la revoca dalla agevolazione, in quanto attestante la qualità imprenditore agricolo professionale fin dall’11 luglio 2008 e violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, deducendo che la sentenza impugnata presenta una motivazione solo apparente quanto all’affermazione per cui la pubblica amministrazione non era stata in grado di evadere tempestivamente la richiesta di rilascio della documentazione, per tardività nella presentazione della richiesta stessa), la sentenza deve essere cassata;

3. non vi sono ulteriori accertamenti in fatto da svolgere cosicchè la causa può essere decisa nel merito con accoglimento dell’originario ricorso della contribuente;

4.1e spese del merito sono compensate in ragione del consolidarsi in corso di causa del su richiamato indirizzo interpretativo;

5. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con accoglimento dell’originario ricorso della contribuente;

compensa le spese del merito;

condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla ricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2900,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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