Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10716 del 03/05/2017

Cassazione civile, sez. I, 03/05/2017, (ud. 07/02/2017, dep.03/05/2017),  n. 10716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21151/2014 proposto da:

L.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresento e difeso

dall’avvocato Sergio Casareale, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento L.A., Società Gallipoli & C.

S.a.s.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1213/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Cons. Dott. SCALDAFERRI ANDREA

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.A., titolare della omonima ditta individuale, proponeva reclamo avverso la sentenza del 4 febbraio 2013 con la quale il Tribunale di Bari aveva dichiarato il suo fallimento, deducendo la omessa – o in subordine tardiva – notifica al debitore del ricorso per fallimento e del decreto di fissazione della udienza di comparizione delle parti. Deduceva al riguardo che la notifica ex art. 143 c.p.c.: a) era avvenuta, in (OMISSIS), presso un numero civico diverso da quello di effettiva residenza del debitore, cioè alla (OMISSIS), e non risultava esser stata preceduta da effettive ricerche e/o indagini compiute dall’Ufficiale giudiziario per accertare la residenza del destinatario; b) si era comunque perfezionata due soli giorni prima della udienza fissata per l’audizione del debitore, in violazione del termine dilatorio di quindici giorni previsto dalla L. Fall., art. 15, vigente all’epoca.

Con sentenza depositata il 24 luglio 2014, la Corte d’appello di Bari ha rigettato il reclamo osservando come da una sentenza (n. 257/12) della corte stessa, che aveva annullato una precedente sentenza di fallimento del L. per nullità della notifica della relativa istanza, emergesse già, attraverso la trascrizione delle risultanze di due relazioni L. Fall., ex art. 33, della Curatela, la sostanziale irreperibilità del medesimo. Infatti, dalle relazioni risultava che all’indirizzo anagrafico di (OMISSIS) vi era solo un locale “sottana” con funzione di deposito di attrezzi di fatto abbandonato dal predetto, e che nel precedente indirizzo anagrafico (via (OMISSIS), ove la precedente istanza di fallimento era stata notificata, non era rinvenibile il fallito bensì la sorella L.G..

Avverso tale sentenza il L., con atto spedito per la notifica il 25 agosto 2014, ha proposto ricorso per cassazione per due motivi. Gli intimati (Curatela e creditore istante) non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza per omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) sulle richieste espresse nel reclamo, cioè sulle ragioni di inesistenza o nullità della notifica della istanza di fallimento e del decreto di fissazione della udienza, e, comunque, sulla inosservanza del termine a comparire di cui alla L. Fall., art. 15, comma 3. Con il secondo motivo denuncia la violazione delle norme sulle notificazioni, nonchè della L. Fall., art. 15, nelle quali la corte distrettuale sarebbe incorsa ritenendo rituale la notifica eseguita secondo le norme dell’art. 143 c.p.c..

2. Il secondo motivo deve essere esaminato prioritariamente, anche perchè la fondatezza della censura in ordine alla ritenuta validità della notifica eseguita a norma dell’art. 143 c.p.c., assorbirebbe ogni altra valutazione, ivi compresa quella in ordine alla denuncia di violazione del termine a comparire.

3. Questa Corte ha più volte affermato (cfr. n. 17205/2013; n. 19986/2010; n. 18385/2003; n. 4037/2001) il principio – che il Collegio condivide – secondo cui il ricorso alle formalità di notificazione di cui all’art. 143 c.p.c., per il caso delle persone irreperibili, presuppone sempre e comunque, a pena di nullità, che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche, e che di esse l’ufficiale giudiziario dia espresso conto; con la conseguenza che, in mancanza di tali adempimenti, deve essere dichiarata la nullità della notificazione e, per violazione del contraddittorio, la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento che ha definito il procedimento instaurato dall’atto invalidamente notificato al debitore.

Ciò è quanto deve ritenersi nella specie. Dall’esame diretto, reso necessario dalla natura del vizio denunciato, degli atti e della relata di notifica in questione, risulta che l’Ufficiale giudiziario ha direttamente proceduto, in applicazione dell’art. 143 c.p.c., alla notifica nei confronti del L. mediante deposito dell’atto presso la Casa Comunale di Gravina di Puglia, senza dare alcun conto di averlo ricercato senza esito nel luogo di residenza in quel Comune – peraltro erroneamente indicato nella relata come quello di (OMISSIS)-, nè in altro luogo. Nè, in difetto di ogni precedente infruttuoso tentativo dell’Ufficiale giudiziario di eseguire la notifica presso il luogo di residenza conosciuto del destinatario, poteva la corte distrettuale attribuire valore equipollente a quello delle indagini ed accertamenti richiesti dalla norma in questione a valutazioni circa una “sostanziale irreperibilità” del predetto, che emergerebbe dal contenuto di relazioni depositate anni addietro dal curatore di altra precedente procedura.

4. La corte distrettuale doveva dunque accertare la nullità, per difetto di contraddittorio, della sentenza dichiarativa di fallimento, e conseguentemente rimettere gli atti al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c. (applicabile anche ai reclami camerali, quale deve considerarsi l’impugnazione avverso la dichiarazione di fallimento), perchè, rinnovati gli atti nulli, provvedesse sulla istanza di fallimento (cfr. Cass. n. 25218/2013; n. 17205/2013; n. 18339/2015).

Non avendo in tal senso la corte distrettuale provveduto, la sentenza impugnata è cassata, unitamente a quella di primo grado, e le parti debbono essere rimesse dinanzi al Tribunale di Bari perchè pronunci sulla istanza di fallimento proposta nei confronti dell’odierno ricorrente, nonchè sulle spese del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e quella di primo grado e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Bari perchè pronunci sulla istanza di fallimento nei confronti della ditta L.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2017

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