Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10712 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 04/05/2010), n.10712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ – A.N.M. S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato RIZZO GAETANO, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.R.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ESPOSITO GENNARO DARIO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6219/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/11/2005 R.G.N. 613/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12.10 – 24.11.2005, la Corte d’Appello di Napoli, accogliendo l’impugnazione proposta da D.R.G. nei confronti dell’Azienda Napoletana Mobilita’ – ANM spa, dichiaro’ il diritto del D.R. alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la Societa’ appellata sino al compimento del 65 anno di eta’ e condanno’ la parte datoriale alla corresponsione del trattamento economico per il periodo 30.6.1998 – 30.6.2000. A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne che:

– l’istanza svolta dal D.R. per la permanenza in servizio fino al 65 anno di eta’ era stata proposta nel rispetto della normativa all’epoca vigente (che fissava al 60 anno il pensionamento di vecchiaia) e non necessitava di rinnovazione;

– doveva escludersi che l’inerzia del lavoratore dopo il collocamento in quiescenza potesse qualificarsi come rinuncia al diritto, gia’ fatto valere, alla permanenza in servizio;

– al D.R. spettava il risarcimento del danno, da determinarsi nella misura delle retribuzioni perdute per il rifiuto della controprestazione lavorativa;

– dall’importo delle retribuzioni non poteva ritenersi detraibile quanto riscosso a titolo di pensione, siccome ripetibile dal soggetto erogatore.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Azienda Napoletana Mobilita’ – ANM spa ha proposto ricorso per Cassazione fondato su due articolati motivi e illustrato con memoria. L’intimato D.R.G. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo la ricorrente denuncia violazione di legge (D.L. n. 791 del 1981, convertito in L. n. 54 del 1982; artt. 1322, 1324 c.c., art. 1362 c.c. e segg., artt. 1366, 1372 e 1375 c.c.), nonche’ vizio di motivazione, osservando che:

– l’intervenuto mutamento della normativa inerente all’eta’ pensionabile (elevata da 60 a 63 anni) aveva influenzato la persistenza ed efficacia della pregressa dichiarazione di volonta’;

– erroneamente la Corte territoriale non aveva attribuito valore di caducazione della dichiarazione all’inerzia dei lavoratore successiva al suo collocamento a riposo.

Con il secondo mezzo la ricorrente denuncia violazione di legge (art. 1206 c.c. e segg., artt. 1218, 1223 e 2099 c.c.), nonche’ vizio di motivazione, osservando che:

– erroneamente la Corte territoriale non aveva considerato che il diritto al risarcimento del danno consegue soltanto alla costituzione della mora credendi del datore di lavoro mediante l’offerta della prestazione lavorativa, che nella specie non era avvenuta;

– del pari erroneamente la Corte territoriale aveva escluso la detraibilita’ degli importi riscossi dal D.R. a titolo pensionistico, stante a sussistenza di un nesso di causalita’ tra il mancato guadagno e l’avvenuto incremento patrimoniale.

2.1 Il primo profilo del primo mezzo deve ritenersi infondato, poiche’ il succedersi delle norme relative all’eta’ pensionabile, comunque nella specie inferiore al 65 anno di eta’, non incide sulla gia’ avvenuta manifestazione di volonta’ di proseguire il rapporto lavorativo sino al predetto limite.

2.2 Deve invece ritenersi la fondatezza del secondo profilo dello stesso mezzo.

Questa Corte, pronunciando in controversia sostanzialmente analoga alla presente, ha avuto modo di affermare il principio secondo cui il comportamento – interpretato alla luce dei principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. – del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo trascuro’ di esercitarla e generi cosi’ un affidamento della controparte nell’abbandono della relativa pretesa, e’ idoneo come tale (essendo irrilevante qualificarlo come rinuncia tacita ovvero oggettivamente contrastante con gli anzidetti principi) a determinare la perdita della medesima situazione soggettiva (cfr, Cass. n. 9924/2009, nonche’ i precedenti di legittimita’ ivi richiamati).

In particolare e’ stato rilevato che, in base ai principi di cui all’art. 1175 c.c. (che assoggetta il creditore alle regole della correttezza) e all’art. 1375 c.c. (che impone alle parti di eseguire il contratto secondo buona fede), il comportamento del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo abbia trascurato di esercitarla, generando cosi’ l’affidamento della controparte sull’abbandono della relativa pretesa, deve ritenersi idoneo a determinare la perdita della stessa situazione soggettiva, determinandosi in tal modo “…la preclusione di un’azione, o eccezione, o piu’ generalmente di una situazione soggettiva di vantaggio, non per illiceita’ o comunque per ragioni di stretto diritto, ma a causa di un comportamento del titolare, prolungato, non conforme ad essa e percio’ tale da portare a ritenere l’abbandono”.

Condividendo il Collegio tali considerazioni, deve quindi rilevarsi l’errore in diritto della sentenza impugnata, che, sostanzialmente, ha ritenuto irrilevante il comportamento inerte dell’odierno intimato, il quale, collocato in quiescenza per raggiunti limiti di eta’ a far data dal 30.6.1998, non aveva fatto offerta della propria prestazione lavorativa e aveva agito in giudizio soltanto nel 2001, quando peraltro, avendo gia’ compiuto il 65 anno di eta’ (essendo nato nel 1935), comunque non avrebbe piu’ potuto riprendere servizio.

3. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va dunque accolto (restando assorbite le censure svolte con il secondo motivo) e la sentenza impugnata deve per l’effetto essere cassata.

In difetto della necessita’ di nuovi accertamenti di fatto, la controversia puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto delle domande proposte dall’odierno intimato.

Gli alterni esiti dei gradi di merito inducono a compensare le spese processuali dell’intero processo.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie parzialmente il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande svolte da D.R.G.; spese dell’intero processo compensate.

Cosi’ deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

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