Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10711 del 03/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/05/2017, (ud. 11/01/2017, dep.03/05/2017),  n. 10711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 582/2012 proposto da:

Q.S. (c.f. (OMISSIS)), in proprio e nella qualità di ex

socio nonchè liquidatore della (OMISSIS) s.r.l., nonchè

F.M. (c.f. (OMISSIS)), M.N. (c.f. (OMISSIS)),

Q.L.G. (c.f. (OMISSIS)) e Q.G. (c.f. (OMISSIS)),

– in proprio e nella qualità di legale rappresentante della AIACE

S.R.L., tutti nella qualità di ex soci della estinta (OMISSIS)

S.r.l., elettivamente domiciliati in Roma, Via Carlo Mirabello n.

26, presso l’avvocato Iannuccilli Pasquale, che li rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., Procura Generale della

Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli, Procuratore della

Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere;

– intimati –

avverso la sentenza n. 128/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2017 dal cons. Dott. ACIERNO MARIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO

Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Gli ex soci della estinta s.r.l. (OMISSIS) hanno proposto reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento della predetta società rilevando di aver richiesto,(l’ammissione a concordato preventivo mediante cessione di bene immobile del socio s.r.l. Aiace ai creditori. La domanda era stata formulata da uno dei soci, Q.S. anche quale mandatario di tutti gli ex soci della (OMISSIS) ( Q.S., L.G.; M.N., F.M. e Q.G. in proprio e quale legale rappresentante della socia Aiace s.r.l.). Q.G., in qualità di legale rappresentante della s.r.l. Aiace, conferiva mandato sostanziale a vendere il predetto immobile a Q.S. che gli veniva messo a disposizione.

Il Tribunale, disposta la convocazione delle parti, ha dichiarato inammissibile la proposta di concordato mancando “ogni deduzione in ordine al titolo giuridico che consentirebbe agli organi concordatari di procedere alla liquidazione del bene di proprietà del terzo” ed ha ritenuto improcedibile l’istanza di fallimento proposta da Equitalia, dichiarando il fallimento su istanza del p.m..

La Corte d’appello, investita del reclamo, lo ha rigettato sulla base delle seguenti argomentazioni:

a) La proposta di concordato si fonda sulla cessione pro solvendo di un bene immobile di un terzo (la s.r.l. Aiace, ex socia della fallita), messo a disposizione dei creditori al fine di procedere alla liquidazione ed essere soddisfatti. Secondo la Corte territoriale non è condivisibile la tesi dei reclamanti, secondo la quale la s.r.l. Aiace, sottoscrivendo la proposta di concordato tramite il mandato conferito a Q.S. (quest’ultimo, a sua volta, autorizzato da mandato conferito con procura notarile sottoscritta da tutti gli ex soci) si sia impegnata a mettere a disposizione il bene, in quanto il mandato in questione è risultato finalizzato alla predisposizione della proposta e alla facoltà di pagare la percentuale sulle spese dovuta, con facoltà di definire le modalità di liquidazione del cespite ma senza lo specifico conferimento di un potere di disposizione sull’immobile. Non è idoneo al riguardo il potere conferito con la proposta di concordato di “definire la liquidazione del bene” ciò costituendo una fase successiva alla disponibilità del bene stesso. Tale potere deve essere conferito per iscritto e con mandato specifico, trattandosi di atti traslativi per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam. Difetta, pertanto, in via consequenziale anche la legittimazione di Q.S. a disporre del bene.

b) Nella proposta di concordato manca sia un impegno diretto del Q. ad assumere in proprio le spese di procedura in quanto egli ha agito come mandatario, nè un impegno diretto della s.r.l. Ajace. Infine dalla procura notarile non si ricava che il mandato sia stato conferito al Q. anche per l’anticipo spese.

c) Non vi è stato sconfinamento di potere da parte del Tribunale che ha valutato soltanto il presupposto della legittimazione a presentare domanda di concordato, in mancanza della formale disponibilità del bene oggetto di cessione ai creditori. In questo contesto deve essere inserita la deduzione relativa alla mancata dimostrazione della proprietà del bene da parte della s.r.l. Aiace. Si tratta di un argomento volto a ribadire il difetto di legittimazione, apparendo trascurato nella proposta ogni profilo relativo alla disponibilità del bene in questione.

d) Non si ravvisa alcuna lesione del diritto al contraddittorio avendo il Tribunale indicato le ragioni della convocazione nel decreto di fissazione dell’udienza. Quanto alla medesima lesione ma in ordine alla dichiarazione di fallimento, osserva la Corte d’Appello che, in caso di fallimento dichiarato a seguito d’inammissibilità dell’istanza di concordato, il contraddittorio per la valutazione della situazione patrimoniale della società risulta già instaurato e la dichiarazione di fallimento consegue soltanto ad un’istanza del p.m. o del creditore;

e) Deve infine ritenersi sussistente lo stato d’insolvenza. I dati riportati nella relazione L. Fall., ex art. 161, evidenziano una rilevante esposizione debitoria a fronte di un attivo insufficiente e non liquidato. Quando la società è in liquidazione la valutazione del giudice deve essere diretta soltanto ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’uguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. (OMISSIS) in liquidazione, accompagnato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nel primo motivo (formulato sub b) viene dedotta la violazione dell’art. 1362 c.c. e L. Fall., art. 160, in relazione alla mancanza di un titolo giuridico idoneo a sostenere la messa a disposizione del bene immobile oggetto della proposta di concordato. Rileva la società ricorrente che l’attribuzione del potere di disposizione dell’immobile di proprietà della s.r.l. Aiace deriva dall’esame testuale della domanda di concordato nella quale la predetta società conferisce espressamente mandato a Q.S. di formulare l’indicata proposta con obbligo di mettere a disposizione l’immobile di sua proprietà. Oltre che dalla domanda di concordato (ed in particolare dall’intestazione) l’esistenza del potere di disposizione sul bene immobile da parte del proponente il concordato (mandatario degli ex soci) deriva anche dalla procura notarile con la quale tutti gli ex soci hanno conferito il mandato a Q.S. a proporre domanda di concordato anche per loro nome. Poichè Aiace era anche una delle parti proponenti il concordato, con la sottoscrizione del mandato volto a formalizzare la proposta risulta assunto anche l’obbligo di mettere a disposizione l’immobile. Inoltre con il mandato è stato conferito a Q.S. il potere di gestire le operazioni di liquidazione del bene. Il legale rappresentante della s.r.l. Aiace, previa autorizzazione assembleare ha rilasciato consenso alla proposta di concordato alle condizioni di cui all’allegato A) della procura notarile, nel quale sono rappresentate tutte le condizioni della domanda ed in particolare è indicato che alla procedura viene offerto un bene messo a disposizione da Aiace correttamente individuato catastalmente e dalla cui liquidazione verrà ricavata la liquidità necessaria al concordato. Non si applica nella fattispecie l’art. 1977 c.c., perchè il cedente nella proposta di concordato dedotta in giudizio non è terzo ma uno dei proponenti e la procedura ha rilievo pubblicistico mentre l’istituto codici stico sorge direttamente da un atto di esercizio dell’autonomia privata. La censura è formulata anche ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Nel secondo motivo (formulato sub c) viene dedotta la violazione della L. Fall., art. 160 e art. 1362 c.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto che l’obbligo di anticipo spese della procedura non fosse stato assunto in proprio da Q.S. in proprio in quanto lo stesso rivestiva soltanto la qualità di mandatario. Precisa la società ricorrente che nel mandato ai legali è indicato che il Q. agisce anche in proprio. Avere specificato in essa di essere ex socio non significa non aver agito anche in proprio ma ne è invece conseguenza. La censura è formulata anche ex art. 360 c.p.c., n. 5. Per quanto riguarda l’assunzione dell’obbligo di anticipo delle spese della procedura da parte della s.r.l. Aiace, ciò risulta dall’allegato a) alla procura notarile, controfirmato da tutti i partecipanti.

Nel terzo motivo (formulato sub d) viene dedotta la violazione della L. Fall., artt. 162 e 163 e il vizio di motivazione in ordine al ritenuto difetto di legittimazione del proponente. La Corte d’Appello ha affermato che Q.S. non ha dimostrato la titolarità della proprietà del bene immobile oggetto della proposta da parte della s.r.l. Aiace. Tale titolarità, invece, secondo la società ricorrente risulta dalla documentazione prodotta con la proposta ed in particolare dalla relazione del professionista e dalla perizia di stima allegati alla domanda oltre alla certificazione catastale. Ne consegue che attraverso il rilevato difetto di legittimazione il giudice di primo grado e la Corte d’Appello che ne ha confermato l’assunto hanno sindacato la fattibilità economica della proposta e non solo quella giuridica.

Nel quarto motivo (formulato sub e) viene dedotta la violazione della L. Fall., art. 162, con riferimento alla violazione del contraddittorio consumata in primo grado e non riconosciuta dalla Corte d’Appello derivante dalla mancata contestazione delle ragioni di inammissibilità della proposta di concordato nelle udienze disposte per la convocazione del proponente. Osserva al riguardo la parte ricorrente che nelle due udienze destinate all’interlocuzione sul contenuto della proposta non venivano richiesti chiarimenti od esigenze d’integrazione probatoria, nonostante, da parte della proponente, fosse stata ribadita la disponibilità a rettificare la proposta concordataria. La censura viene formulata anche in ordine al vizio di motivazione.

Nel quinto motivo (formulato con la lettera f) viene dedotta la violazione della L. Fall., artt. 1, 5, 162, per essere stato dichiarato il fallimento sulla base di un’istanza del pubblico ministero, sostanzialmente immotivata e generica in quanto giustificata soltanto dalla prossimità del termine annuale di scadenza, mentre al p.m. come alle parti privati spetta l’onere di giustificare adeguatamente l’stanza proposta. In conclusione si tratta di un fallimento dichiarato d’ufficio dal tribunale sulla base di riscontri per nulla indicati dall’istante.

Nel sesto, privo di autonoma rubrica viene contestata radicalmente la sussistenza dell’insolvenza.

Deve essere esaminato pregiudizialmente, in ordine logico, il quarto motivo di ricorso (rubricato sub e) in quanto diretto a far valere la nullità della sentenza impugnata per violazione del diritto di difesa consistente nella mancata contestazione in udienza delle ragioni o dubbi d’inammissibilità del concordato.

Il motivo è infondato. La L. Fall., art. 162, non prevede la preventiva comunicazione al debitore delle eventuali ragioni d’inammissibilità della proposta. Tale rilievo si coglie proprio dal confronto tra il primo e secondo comma della norma. Il tribunale è tenuto a convocare il debitore prima di dichiarare l’inammissibilità della proposta ma può discrezionalmente concedere un termine per integrazioni o produzioni documentali. Non si può ravvisare, di conseguenza, come invece ritiene la parte ricorrente che nel procedimento in questione, il tribunale debba, analogamente a ciò che accade nel procedimento ordinario di cognizione, sollecitare il contraddittorio sulle cd. “questioni rilevabili d’ufficio” ex art. 101 c.p.c., comma 2, dal momento che il controllo del tribunale sulla proposta è integralmente officioso e non assoggettabile o limitabile alle sollecitazioni di parte. Il diritto di difesa si realizza con la convocazione del debitore, il quale per la natura e lo scopo del sub procedimento è preventivamente avvertito sull’oggetto e l’estensione del sindacato del tribunale. La giurisprudenza di legittimità è, peraltro, costante nel circoscrivere l’esercizio del diritto di difesa così come illustrato. Nella sentenza n. 13083 del 2013 è espressamente chiarito che l’obbligo di convocazione del debitore L. Fall., ex art. 162, non richiede la preventiva contestazione delle eventuali ragioni di inammissibilità del concordato, restando nella discrezionalità del tribunale indicare le eventuali insufficienze del piano o della documentazione. La successiva pronuncia n. 12597 del 2016 non contrasta con l’orientamento indicato in quanto si limita ad affermare la necessità della convocazione del debitore e la fissazione di un’udienza quando la proposta non intervenga in sede prefallimentare.

Anche il quinto motivo attiene ad un rilievo pregiudiziale di nullità per un error in procedendo della sentenza impugnata dovuto alla ritenuta adeguatezza dell’istanza di fallimento del p.m. ancorchè genericamente prospettata.

L’istanza di fallimento formulata dal pubblico ministero si fonda, nel caso di specie, sull’emersione della situazione economico patrimoniale della società risultante dagli atti. L’art. 162, comma 2, non richiede che nell’istanza vengano specificate le ragioni dell’insolvenza che, invece costituiscono l’oggetto dell’accertamento al Tribunale. La censura deve, pertanto, ritenersi infondata.

Sempre seguendo l’ordine logico delle censure deve essere affrontato il terzo motivo di ricorso con il quale si contesta il difetto di legittimazione del proponente dovuta al difetto di prova della titolarità della proprietà del bene immobile, oggetto della proposta di concordato, in capo alla s.r.l. Aiace. In particolare viene rilevato che con tale rilievo il giudice del merito ha eseguito un illegittimo sindacato di fattibilità economica del piano cui non era tenuto.

La censura è infondata. la verifica officiosa e pregiudiziale della titolarità della proprietà del bene immobile oggetto della proposta concordataria in capo all’indicato titolare e il conseguente effettivo potere di disporne in capo al proponente al fine di procedere alla liquidazione dell’attivo derivante dalla vendita dello stesso, ha un oggetto esclusivamente giuridico, pur dovendosi fondare anche su accertamenti fattuali e probatori, quali la documentazione ipocatastale. Nella specie la Corte d’Appello ha condiviso con argomentazioni del tutto adeguate la duplice valutazione negativa del Tribunale svolta sia in ordine all’interpretazione della proposta concordataria e del complessivo conferimento di poteri di rappresentanza e disposizione del bene a Q.S., sia in ordine ai titoli documentali relativi alla certezza della proprietà del bene (pag. 14 sentenza impugnata su difetto documentazione ipotecaria). Tale accertamento non diverge da quello normalmente svolto dal giudice del merito in ordine alla verifica del contenuto effettivo di un testo negoziale, al fine di valutarne l’efficacia vincolante così come prospettata dalla parte, e all’esistenza dei titoli giustificativi il diritto di proprietà.

Il rigetto del motivo sub d) si estende a quello rubricato dalla parte ricorrente sub c), assorbendo quello sub b).

L’ultimo motivo relativo alla contestazione dell’esistenza dell’insolvenza si risolve integralmente nel tentativo di affidare al giudice di legittimità il riesame di merito della situazione economico patrimoniale della società. Esso, pertanto, è inammissibile.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato. In mancanza di parte resistente non vi è luogo a statuizione sulle spese processuali.

PQM

Rigetta il secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, assorbito il primo. Dichiara inammissibile il sesto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2017

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