Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1071 del 20/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1071 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 1482-2008 proposto da:
CANTARO FRANCESCO CNTFNC43S10F065G,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SESTO FIORENTINO 41, presso
lo studio dell’avvocato FERRARA FABRIZIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato RUSSO GIAMPIERO;
– ricorrente 2d13
2641

contro

ARENA VINCENZO, LI VELI MARIANNA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 170/2007 della CORTE D’APPELLO
di CALTANISSETTA, depositata il 13/06/2007;

Data pubblicazione: 20/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Cantaro-Arena
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 17.4.1989 Francesco CANTARO evocava
in giudizio Vincenzo Arena e Marianna Li Veli, esponendo di essere proprietario

proprietà dei convenuti e che entrambi i fondi erano gravati da reciproca servitù
di passaggio per raggiungere le aree destinate al parcheggio dei veicoli,
come stabilito nell’atto pubblico d’acquisto stipulato in data 3.6.1968 notaio Ielo
e in conformità con l’art. 40 della legge regionale n. 19/72. Deduceva quindi
che i convenuti avevano realizzato un muro di confine tra i due fondi, che
impediva l’esercizio della servitù in questione, per cui chiedeva la loro condanna
ad eliminare ogni ostacolo impeditivo del suo diritto di passaggio, oltre al
risarcimento del danno.
Si costituivano gli Arena – Li Veli eccependo la prescrizione estintiva ventennale
della servitù in questione, rilevando nel merito l’insussistenza della servitù stessa
e la carenza di utilitas.
L’adito Tribunale di Gela, con sentenza n.307/03 rigettava la domanda del
Cantaro, ritenendo in specie che la tale servitù doveva ritenersi prescritta per
non uso ultraventennale di cui all’art.1073 c.c.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello il Cantaro deducendo che in
ogni caso il termine prescrizionale in parola non si era verificato perché il dies a
quo non decorreva all’atto di stipula del menzionato rogito di vendita, che

Corte Suprema di Cassazione —11 sez. c

rsese-

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di un fondo sito nella via Morandi in Mazzarino, confinante ad Est con il fondo di

prevedeva la nascita della servitù in discorso,

ma solo dall’approvazione da

parte della competente Commissione edilizia di Mazzarino del progetto edilizio
definitivo relativo al terreno acquistato e cioè dalla data del 12.9.1968.
L’adita Corte d’Appello di Caltanissetta, con sentenza n . 170/2007 depos. in

ribadendo l’avvenuta prescrizione della servitù per decorrenza del termine
ventennale previsto dall’art.1073 c.c., che era certamente maturato alla data di
notifica dell’atto introduttivo del primo giudizio e ciò anche con riferimento ad un
preteso atto interruttivo della prescrizione ( c.d. atto stragiudiziale di diffida di
rispettare la destinazione della servitù di passaggio sull’area destinata a
parcheggio) notificato in data 17.11.98 agli appellati, quando la prescrizione si
era maturata; veniva altresì rigettata la domanda di risarcimento danni non
ravvisandosi i presupposti per il suo accoglimento.
Per la cassazione

la suddetta decisione ricorre il Cantaro sulla base di

4 mezzi; gli intimati non hanno svolto difese.

MOTIVI DELLE DECISIONE
1 – Con il primo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli
artt. 167 c.p.c. nonché il vizio di motivazione. Secondo il ricorrente la domanda
riconvenzionale contenente l’eccezione di prescrizione della servitù era stata
tardivamente proposta nella comparsa di risposta in data 5.5.1989 e quindi
successivamente alla prima udienza di comparizione; pertanto tale

Corte Suprema di Cassazione — II sez. civ. – est. dr. G

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data 3.6.2007, rigettava il gravame, confermando la sentenza impugnata e

riconvenzionale doveva essere dunque dichiarata inammissibile dal primo
giudice. A conclusione del motivo viene posto il seguente quesito di diritto:
” La domanda riconvenzionale del convenuto va proposta, nel procedimento
avanti al pretore, con il primo atto responsivo ed entro la prima udienza di

esclude che tempestività della riconvenzionale e la Corte territoriale avrebbe
dovuto dichiarare inammissibile la domanda”.
2- Con il 2° motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’ art. 167 c.p.c. e
la contraddittorietà della motivazione : la censura si riferisce alle conclusioni
contenute nella comparsa di costituzione dei convenuti in primo grado in cui —
secondo l’esponente — mancava la proposizione di una vera e propria domanda
di estinzione della servitù di passaggio in parola, non essendo sufficiente
indicare che il loro fondo era libero ed esente da vincoli reali.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto ex art.366 bis:
” Il convenuto in actio confessoria…che intenda in via riconvenzionale eccepire
la prescrizione della servitù…deve, a pena di inammissibilità, proporre
l’eccezione nel primo atto difensivo e indicare nell’atto in modo specifico le
richieste di merito e le proprie conclusioni”; Il convenuto altresì che intenda
proporre domanda riconvenzionale ….deve specificatamente indicare nelle
proprie conclusioni la domanda di merito relativa;”

Corte Suprema di Cassazione — II sez. civ. – e

r. G. A. B

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comparizione fissata dall’attore. La successione temporale degli atti processuali

”Ai fini dell’ammissibilità dell’eccezione di prescrizione di servitù ai sensi dell’art.
1073 c.c. non è sufficiente indicare nelle conclusioni che il fondo è libero ed
esente da vicoli reali”.
Le due censure che precedono — congiuntamente esaminate essendo

Intanto i motivi in esame non risultano in precedenza formulati e non sono
autosufficienti; sono dunque inammissibili. D’altra parte i convenuti odierni
intimati non hanno proposto — come risulta dagli atti, direttamente esaminabili
trattandosi di errores in procedendo –

una domanda riconvenzionale vera e

propria di declaratoria dell’avvenuta prescrizione della servitù, quanto piuttosto
di un’eccezione di prescrizione , comunque proponibile in base alla legge
processuale vigente ratione temporis.

Secondo questa S.C.: “L’eccezione di

prescrizione, trattandosi di eccezione in senso proprio, essendo rivolta
unicamente al rigetto della domanda avversaria, può essere proposta anche in
grado di appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c.. nel testo anteriore alla legge 26
novembre 1990, n. 353, art. 52″ ( Cass. 3, n. 1074 del 01/02/2000; Cass. Sez.
3, n. 1074 del 01/02/2000 ). Nella fattispecie dunque la formulazione della
predetta domanda o eccezione di prescrizione ha il solo fine di paralizzare la
pretesa avversaria( Cass. n. 4629 del 22.2.13; Cass. n. 14765 del 03/09/2012).
3 – Con il 3 motivo l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1029,1062.1073 c.c. nonché il vizio di motivazione: a suo avviso ” la
Corte territoriale ha fatto malgoverno delle carte processuali, pervenendo alla

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strettamente connesse – sono entrambe infondate.

conclusione che, prendendo in esame la successione cronologia degli atti
processuali ed extraprocessuale, sia intervenuta la prescrizione estintiva del
diritto di servitù.” Invero emerge proprio dagli atti che la domanda introduttiva
venne proposta prima della scadenza del termine previsto dall’art. 1073 c.c.

31.5.1968 ( data del parere favorevole della Commissione Edilizia ); trattasi di
presupposto erroneo ” in quanto il parere della Commissione edilizia del 31.5.68
non costituiva parametro temporale utile e certo, trattandosi di servitù per un
vantaggio futuro ad un fondo, secondo il disposto dell’art. 1029 c.c., che
prescrive che la servitù non abbia effetto se non dal giorno in cui la costruzione
non sia eseguita”. In effetti occorreva a tal fine fare riferimento al fatto che la
costruzione non era stata iniziata alla data del 6.6.69 e quindi anche a voler
seguire il percorso motivazionale della Corte d’Appello, a quella data non si era
verificata la situazione giuridica determinante la sussistenza
della servitù , ciò che sarebbe avvenuto solo con la realizzazione della
costruzione. La censura si conclude con il seguente articolato quesito di diritto
di cui all’art. 366 bis c.p.c. :
“In tema di servitù futura ai sensi dell’art. 1029 c.c. il termine di prescrizione ex
art. 1073 c.c. decorre dalla data di costruzione e non di rilascio delle
autorizzazioni amministrative ; la domanda giudiziale è tempestiva se proposta
nel termine di cui all’art. 1073 c.c.; l’atto interruttivo della prescrizione ex art.
2943 c.c. può essere costituito anche dalla dichiarazione ricettizia che manifesti

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dr. G. A. Bursese-

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Invero il dies a quo non decorreva – come ritenuto dalla Corte – dalla data del

da parte del titolare del diritto l’intenzione di esercitare tale diritto anche
mediante lettera raccomandata di diffida all’eliminazione di ostacoli all’esercizio
della servitù. ”
Secondo l’ esponente, pertanto, nella fattispecie si verserebbe nell’ipotesi di

per cui la servitù sorgeva dalla data di costruzione dell’edificio e non da quella
precedente, di rilascio delle autorizzazioni e concessioni amministrative ad

aedificandum. Ma tale doglianza non ha pregio ed è anzi inammissibile,
trattandosi di motivo nuovo, che non risulta in precedenza mai proposto.
E’ peraltro il caso di ricordare in questa sede, che ai fini dell’ interruzione e
sospensione dell’usucapione vige il principio della tassatività degli atti
interruttivi, costituiti dalla perdita materiale del potere di fatto sulla cosa o da
specifici atti giudiziali, per cui la “mera diffida a riconsegnare la res da altri
posseduta, non può ritenersi atto idoneo a sospendere o interrompere il
possesso ai fini dell’usucapione ex artt. 2943 e 1165 c.c. cioè la perdita
materiale del potere di fatto sul bene.
Secondo questa S.C. “in tema di usucapione, poiché, con il rinvio fatto dall’art.
1165 cod. civ. all’ad 2943 cod. civ., risultano tassativamente elencati gli atti
interruttivi del possesso, non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad
atti diversi da quelli stabiliti dalla legge, con la conseguenza che non può
riconoscersi tale efficacia se non ad atti che comportino, per il possessore, la
perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ovvero ad atti giudiziali diretti ad

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costituzione di “servitù futura” ex art. 1029 c.c. ( servitù per vantaggio futuro)

ottenere “ope iudicis” la privazione del possesso nei confronti del possessore
usucapente” ( Cass. n. 16234 del 25/07/2011).
4 — Con il 4° motivo infine l’esponente denunzia la violazione di cui agli artt.
2043, 2056 e 1126 c.c. nonché il vizio di motivazione :
rigetto della domanda di risarcimento del danno

conseguente alla lesione della servitù , che a suo dire non si poteva ritenere
assorbita dalla declaratoria di prescrizione dell’actio con fessoria servitutis.
Peraltro il supposto danno poteva essere comunque liquidato in via equitativa
e quindi la domanda non era generica come ritenuto dal giudice a quo.

Il motivo si conclude con il seguente quesito:
“Il risarcimento del danno conseguente alla lesione di diritto del creditore può
essere esercitato nel termine di prescrizione del diritto leso e può essere
determinato, in assenza di criteri certi di liquidazione ai sensi dell’art. 1226 c.c.
ed in relazione al comportamento delle parti, limitato o ridotto ai sensi dell’ad.
2056 c.c.”
La doglianza non ha pregio. Occorre rilevare che la Corte ha ritenuto la
domanda di risarcimento dei danni di” assoluta genericità ….per la mancanza di
qualunque allegazione specifica sia in ordine alla natura che all’entità dei danni
reclamati ” . A fronte di tale assorbente considerazione , non sembrerebbe
potersi invocare- come fa il ricorrente – una possibile quanto generica
valutazione equitativa del danno stesso, ai sensi dell’art. 1226 c.c. perché
l’interessato ha pur sempre l’onere di allegare gli elementi di fatto costituenti i

Corte Suprema di Cassazi

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L’esponente si duole del

fattori costitutivi dell’ammontare dei danni liquidandi , ciò che nella fattispecie
egli non ha mai fatto.
Invero, secondo questa S.C.: “…. la liquidazione del danno in via equitativa,
che può aver luogo soltanto in caso di impossibilità o difficoltà di una precisa

dall’obbligo di offrire gli elementi probatori sulla sussistenza del medesimo – la
quale costituisce il presupposto indispensabile per una valutazione equitativa per consentire che l’apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, limitato
alla funzione di colmare solo le inevitabili lacune al fine della precisa liquidazione
del danno ( Cass. n. 15585 del 11/07/2007; Cass. n. 13288 del 07/06/2007 ;
Cass. n. 8213 del 04/04/2013).
In definitiva il ricorso dev’essere rigettato. Nulla per le spese processuali non
avendo gli intimati svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
In Roma li 17 dicembre 2013

prova sull’ammontare e sull’entità del danno subito, non esonera l’interessato

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