Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10706 del 08/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10706 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 18769-2011 proposto da:
IAZZETTA ANIELLO ZZTNLL54D16A064Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA 16, presso MBE,
rappresentato e difeso dall’avvocato CAROZZA DOMENICO giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA 01585570581, (già Ferrovie
dello Stato Spa), società con socio unico soggetta all’attività di
direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane Spa, in
persona dell’institore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che
la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 08/05/2013

avverso la sentenza n. 2730/2010 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI dell’1/04/2010, depositata 11 27/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l’Avvocato Antonino Pellicano’ (delega avvocato Vesci)

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che
nulla osserva.

Ric. 2011 n. 18769 sez. ML – ud. 21-02-2013
-2-

difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 21
febbraio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Con ricorso notificato il 18-22 luglio 2011, Aniello Iazzetta, dipendente di R.F.I. s.p.a., ha chiesto, con un unico articolato motivo, la cassazione del-

la sentenza depositata il 27 aprile 2011, con la quale la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione del giudice di primo grado, di rigetto delle sue
domande di inquadramento nel superiore 8° livello (essendo inquadrato nella
qualifica di segretario tecnico superiore di 7° livello), a far tempo dal 4 febbraio 1986 o, in subordine, dal 18 luglio 1990, con le condanne conseguenti.
In proposito, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115, 116, 416,
3° comma c.p.c., 2103, 1175, 1375, 2729 c.c. D.M. n. 1085/85, CNL 1990/92
nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata relativamente al contenuto specialistico dei compiti svolti dal ricorrente, al grado di autonomia degli stessi e alla responsabilità anche verso l’esterno dei suoi atti.
La società Rete ferroviaria italiana s.p.a. resiste alle domande con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche
e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla legge 18 giugno
2009 n. 69.
Il relatore prospetta le seguenti valutazioni, a sostegno della richiesta di
trattazione del ricorso in camera di consiglio, a norma del combinato disposto
degli artt. 375 e 380-bis c.p.c..
La Corte territoriale ha in primo luogo individuato nel peculiare contenuto specialistico dei compiti e nell’autonomia e responsabilità con cui questi
vengono svolti i connotati differenziali della qualifica rivendicata dal ricorrente rispetto a quella riconosciutagli dalla società, sulla base dell’analisi dei testi

1

normativi di riferimento (D.M. n. 1085 del 1985, CCNL 1987/1989 e
1990/1992).
Analizzando quindi i compiti svolti dal ricorrente e le relative modalità
operative, la Corte territoriale ha ritenuto che tali mansioni non siano riconducibili alle declaratorie del livello rivendicato.
Nonostante le indicazioni di violazione di norme del decreto ministeria-

le indicato e della contrattazione collettiva contenute nella rubrica del motivo,
l’interpretazione operata dai giudici delle norme di inquadramento con riferimento alle due qualifiche non viene censurata in questa sede di legittimità nello sviluppo del ricorso, restando pertanto definitivamente acquisita.
Più in generale, le censure del ricorrente investono in realtà le valutazioni di merito compiute dalla Corte territoriale, sulla base delle risultanze istruttorie, in ordine al contenuto specialistico, l’autonomia e la responsabilità
delle mansioni svolte dallo Iazzetta, in tal mondo traducendosi in pretesi vizi
di motivazione della sentenza nel relativo apprezzamento.
In proposito, va peraltro qui ribadito che il controllo di legittimità in ordine alle valutazioni di fatto del giudice di merito non può spingersi fino alla
rielaborazione delle stesse alla ricerca di una soluzione alternativa rispetto a
quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre, quasi a formare un terzo
grado di giudizio di merito, a quella operata nei due gradi precedenti, magari
perché ritenuta la migliore possibile.
Tale controllo riguarda viceversa (attraverso il filtro delle censure mosse con il ricorso) unicamente il profilo della coerenza logico-formale e della
correttezza giuridica delle argomentazioni svolte, in base all’individuazione,
che compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo della
loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute idonee a
sostenerlo all’interno di un quadro valutativo complessivo privo di errori, di
contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo interno tessuto ri2

costruttivo della vicenda (cfr., per tutte, Cass. S.U. 11 giugno 1998 n. 5802 e,
più recentemente, ex ceteris, Cass., nn. 6288/11, 27162/09, 26825/09 e
15604/07).
Né appare sufficiente, sul piano considerato, a contrastare le valutazioni
del giudice di merito il fatto che alcuni elementi emergenti nel processo e invocati dal ricorrente siano in contrasto con alcuni accertamenti e valutazioni

del giudice o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti.
Ogni giudizio implica infatti l’analisi di una più o meno ampia mole di
elementi di segno non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati
che — per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra di loro e convergenti verso un’unica spiegazione — sono in grado di superare obiezioni e dati
di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la
rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, compete al giudice nei due
gradi di merito in cui si articola la giurisdizione (cfr. ad es. Cass. nn. 15156/11
e 5241/11).
Occorre quindi che i fatti della controversia dedotti per invalidare la
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante o determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (in proposito, cfr.,
ad es. Cass. nn. 2272/07 e 14973/06).
Poste tali premesse di principio, va rilevato che, nel caso in esame, le
censure del ricorrente non riescono ad incidere sul tessuto logico-giuridico del
giudizio della Corte territoriale, condotto sulla base di una analisi accurata delle risultanze istruttorie e sostenuto da considerazioni e valutazioni che delineano un percorso di ragionamento coerente sia nel suo interno procedere che
con riferimento al complesso di tali risultanze.

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In sostanza, il ricorrente propone, infatti, in questa sede una diversa valutazione di merito dei medesimi elementi acquisti al processo, una valutazione ritenuta migliore e maggiormente aderente alla realtà come rappresentata in
giudizio.
In tal modo, peraltro, tali censure non appaiono riconducibili ad un vizio

vrapporre al giudizio di merito della Corte territoriale un diverso giudizio,
chiedendo a questa Corte di legittimità di optare per quest’ultimo, come non
appare consentito nell’attuale sistema processuale.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Ambedue le parti hanno depositato una memoria.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, che non appare sufficientemente messo in discussione dalla memoria depositata dal ricorrente ai
sensi dell’art. 380-bis, secondo comma c.p.c., la quale insiste nel prospettare
una lettura delle risultanze istruttorie alternativa a quella, del tutto logica, della
sentenza impugnata.
Il ricorso va pertanto respinto, con le conseguenze di legge in ordine al
regolamento delle spese di questo giudizio, la cui liquidazione è operata in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla società resistente le spese di questo giudizio, liquidate in € 50,00 per esborsi ed €
3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2013
Il Presidente

della motivazione della sentenza, come sopra delineato, ma pretendono di so-

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