Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10704 del 24/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10704 Anno 2016
Presidente: ARIENZO ROSA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 27980-2014 proposto da:
BONI CATERINA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato SERGIO ORLANDO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI,
MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO giusta procura
speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 24/05/2016

- controricorrente
avverso la sentenza n. 765/2014 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA del 25/09/2014, depositata 11 08/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

udito l’Avvocato Emanuela Capannolo difensore del controricorrente
che si riporta agli scritti.
Fatto e diritto

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 5
aprile 2016, ai .sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., sulla base della
seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc.civ.

CG

Caterina Boni adiva il giudice del lavoro chiedendo il riconoscimento
del diritto all’indennità di accompagnamento ex art. 1 L. n. 18 del
1980 a decorrere dalla data dell’istanza amministrativa del 25.8.2010. Il
Tribunale, in parziale accoglimento della domanda ed in adesione alle
conclusioni della disposta consulenza d’ufficio, riconosceva il diritto
alla prestazione con decorrenza dal 1.2.2013.
La decisione era confermata dalla Corte di appello di L’Aquila che
respingeva sia l’appello principale proposto dall’INPS sia l’appello
incidentale proposto dalla Boni .
La sentenza impugnata ha motivato le ragioni alla base del rigetto di
quest’ultimo, le uniche ancora rilevanti in questa sede, sul fatto che il
consulente di ufficio di primo grado aveva ampiamente argomentato
sulle condizioni di salute accertate nell’anno 2013 e spiegato le ragioni
per le quali le patologie riscontrate- “entrambe progressivamente
ingravescenti” — non consentivano di ritenere realizzata, alla data della

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P AGETTA;

visita collegiale presso la ASL, le condizioni medico — legali per la
concessione del beneficio in controversia.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Caterina Boni
sulla base di un unico motivo ; ha resistito con tempestivo
controricorso.

e carente motivazione in ordine a fatto decisivo e omessa valutazione
di un punto controverso, ha censurato la decisione per avere omesso
di valutare la specifica doglianza svolta con l’appello incidentale,
incentrata essenzialmente sul rilievo che l’ausiliare di primo grado non
aveva chiarito perché le patologie dalle quali era affetta la periziata,
presenti già all’epoca della visita collegiale presso la ASL, si sarebbero
aggravate solo in a partire dal gennaio 2013; ciò tanto più che l’unico
accertamento disposto dal cm era stata la visita neurologica, ed aveva
interessato, quindi, solo la patologia neuropsichiatrica mentre per la
patologia osteoarticolare l’ausiliare aveva fatto riferimento a
documentazione anteriore alla visita peritale.
Il motivo è inammissibile in quanto le censure alla decisione di
secondo grado non sono articolate con modalità coerenti con il
motivo di ricorso di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo
attualmente vigente.
Invero, in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata
— 25 settembre 2014 – trova applicazione l’art. 360 comma primo n. 5
cod. proc. civ., nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012,
n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134. Le sezioni unite di questa
Corte hanno chiarito che la modifica legislativa del vizio di
motivazione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici
dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo
costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. “Pertanto,
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Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo insufficiente

è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto
attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal
testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza

“motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione”. ( Cass. ss.uu. n.8053 del 2014) In
particolare è stato precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5)
dell’art. 360 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto
storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della
sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza
anche del dato extratest-uale), che abbia costituito oggetto di
discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato
avrebbe determinato un esito diverso della controversia). In
conseguenza la parte ricorrente sarà tenuta ad indicare, nel rigoroso
rispetto delle previsioni .di cui agli artt. 366, primo comma , n. 6), cod.
proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il fatto storico, il
cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o
extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti
l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale).
Alla luce della nuova configurazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
non possono, innanzitutto trovare ingresso le deduzioni della parte
ricorrente in punto di ritenuta insufficienza e contraddittorietà della
motivazione relativa all’accertamento operato dal giudice d’appello.

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assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella

Parte ricorrente, peraltro, non individua neppure lo specifico fatto
storico, avente rilevanza decisiva, il cui esame sarebbe stato omesso dal
giudice di appello, tale fatto non potendo consistere nella asserita
omessa esplicitazione da parte del cm di primo grado delle ragioni
relative alla accertata sussistenza delle condizioni giustificative della

parte ricorrente, si limita, in realtà, a contrastare la valutazione
espressa nella sentenza impugnata sulla base della risultanze della cm di
primo grado, mediante un generico richiamo alla documentazione
sanitaria in atti, dimostrando in tal modo di esprimere un mero
dissenso diagnostico rispetto alle conclusioni peritali condivise dal
giudice di secondo grado.
In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere
respinto in quanto manifestamente infondato.
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza
camerale.”
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono
del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata
giurisprudenza in materia . Ricorre con ogni evidenza il presupposto
dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. Civ. , per la definizione
camerale. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la
condanna della parte ricorrente alle spese di lite. La dichiarazione in
calce al ricorso per cassazione effettuata ai sensi ai sensi dell’art. 42
comma Il di n. 269 del 2003 conv, in legge a, 326 del 2003, in quanto
sottoscritta dal solo procuratore è inidonea, infatti, a determinare
l’esonero dalle spese di lite ai sensi dell’art. 152 disp att. cod. proc. civ.
( Cass. n. 5363 del 2012)
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prestazione solo a partire dalla data indicata. Con le doglianze svolte

L’ammissione della parte ricorrente al gratuito patrocinio determina
l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato previsto dall’art. I quater del D.P.R. n.
115 del 2002, art. 13 inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente
alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in complessivi €
2.500,00 per compensi professionali, € 100,00 per esborsi, oltre spese
forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002,

a atto della non

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1 bis dello stesso articolo 13 .

Roma, camera di consiglio del 5 aprile 2016
Il Presidente
R sa Atienzo
à

( Cass. n. 18523 del 2014)

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