Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10704 del 08/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10704 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 18665-2011 proposto da:
PELLE CONCETTINA PLLCCT65H57L219L, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 101, presso lo studio
dell’avvocato MACRI’ ANGELO FRANCESCO, rappresentata e
difesa dall’avvocato ROMEO VINCENZO, giusta delega a margine
del ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134/A, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, rappresentata e difesa dall’avvocato GRANOZZI
GAETANO, giusta delega a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 08/05/2013

- controricorrente avverso la sentenza n. 1138/2010 della CORTE D’APPELLO di
REGGIO CALABRIA del 25.6.2010, depositata il 09/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per la ricorrente l’Avvocato Angelo Francesco Macrì (per delega
avv. Vincenzo Romeo) che insiste per l’accoglimento del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 18665 sez. ML – ud. 21-02-2013
-2-

21/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 21
febbraio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Con ricorso notificato in data 8 luglio 2011, Concettina Pelle chiede,
con quattro motivi, la cassazione della sentenza depositata il 9 luglio 2010,

con la quale la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la decisione
di primo grado di rigetto della sua domanda di conversione del contratto a
tempo determinato stipulato con Poste Italiane s.p.a. dal 3 al 31 maggio 1999,
ai sensi dell’accordo 25 settembre 1997, integrativo del C.C.N.L. 26 novembre
1994, “per esigenze eccezionali…”, avendo preliminarmente ritenuto il rapporto comunque estinto per tacito mutuo consenso.
In proposito, la ricorrente denuncia numerosi vizi della sentenza, tra i
quali soprattutto, la violazione dell’art. 1372 c.c. e l’insufficienza della motivazione per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto sufficiente a realizzare l’assenso della lavoratrice alla risoluzione del rapporto il semplice trascorrere del tempo, la percezione delle spettanze finali del rapporto e il ritiro
del libretto di lavoro.
L’intimata società resiste alle domande con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche
e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla legge 18 giugno
2009 n. 69.
Il ricorso è manifestamente fondato.
Va infatti ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte è suscettibile di essere sussunto nella fattispecie legale di cui all’art. 1372, primo
comma, cod. civ. il comportamento delle parti che determini la cessazione della funzionalità di fatto del rapporto lavorativo a termine in base a modalità tali
da evidenziare il loro disinteresse alla sua attuazione, trovando siffatta operazione ermeneutica supporto nella crescente valorizzazione, che attualmente si
1

registra nel quadro della teoria e della disciplina dei contratti, del piano oggettivo del contratto, a discapito del ruolo e della rilevanza della volontà psicologica dei contraenti, con conseguente attribuzione del valore di dichiarazioni
negoziali a comportamenti sociali valutati in modo tipico; e ciò con particolare
riferimento alla materia lavoristica ove operano, nell’anzidetta prospettiva,
principi di settore che non consentono di considerare esistente un rapporto di

lavoro senza esecuzione (cfr., ad es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7 maggio
2009n. 10526).
In ogni caso va ricercata la volontà effettiva delle parti quale risultante
dal complessivo comportamento dalle stesse tenuto.
In proposito, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi
la volontà chiara e certa delle parti di voler porre fine al rapporto grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione dello stesso per mutuo consenso (cfr.
ad es. Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403).
E’ poi consolidato l’orientamento secondo cui il relativo giudizio, sulla
configurabilità o meno, in concreto, di un tale accordo per facta concludentia,
viene devoluto al giudice di merito, la cui valutazione, se congruamente motivata, si sottrae a censure in sede di controllo di legittimità della decisione (cfr.,
diffusamente, tra le altre, le sentenze citate).
E’ infine corrente l’affermazione giurisprudenziale, ripetutamente condivisa da questa Corte, in quanto corrispondente a valutazioni di tipicità sociale, secondo cui non possono avere valore significativo nel senso dell’adesione
del lavoratore alla volontà risolutoria del datore circostanze quali la mera inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine, così come
la percezione del t.f.r. o la ricerca medio tempore di una qualche occupazione,
ove non siano associate ad altre circostanze significative, quali ad es. la stipulazione di un contratto di lavoro equivalente rispetto a quello conseguibile col
ricorso, stabilizzatosi nel tempo et similia.

2

Ciò premesso, si rileva che la Corte territoriale ha attribuito alla mera
inerzia della lavoratrice nel tempo, valutata in rapporto alla durata del contratto di lavoro, un valore fortemente significativo della volontà di risolvere il rapporto, aggiungendo a ciò il fatto della percezione delle spettanze di fine rapporto e il ritiro del libretto di lavoro.

per attribuire significatività a circostanze (l’inerzia in rapporto alla durata dell’unico rapporto di lavoro, la percezione del t.f.r. e il ritiro del libretto di lavoro) generalmente, di per sé o tra loro associate, ritenute solo moderatamente
tali alla stregua di valutazioni di tipicità sociale.
Ove il collegio condivida le valutazioni indicate, il ricorso andrà accolto.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
La società ha depositato una memoria.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo pertanto
fondato il ricorso, che va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altro giudice, che provvederà altresì al regolamento delle spese di questo giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio,
anche per le spese, alla Corte d’appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2013
Il Presidente

Con ciò la Corte non ha fatto buon governo dei principi indicati, finendo

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