Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10700 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/06/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 05/06/2020), n.10700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12540/2015, promosso da:

Società Immobiliare Campoloniano a r.l., ora TUIPER s.r.l.,

rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Trinchi del foro di Rieti e

assieme a lui domiciliata in Roma, via Donizetti, 20, presso lo

studio dell’avv. Paola Spagnoli;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 6808/21/14 della Commissione

Tributaria Regionale del Lazio, emessa il 13 novembre 2014, avente

ad oggetto l’avviso di accertamento n (OMISSIS) per I.RE.S., I.V.A.

I.R.A.P. e altro 2005 della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle

Entrate di Rieti.

Fatto

RILEVATO

Che:

con l’avviso di accertamento in oggetto l’Agenzia delle Entrate accertò a carico della Società Immobiliare Campoloniano a r.l. – esercente impresa edile – maggiori ricavi per Euro 58.648,00 rispetto a quelli dichiarati per Euro 454.515,00 per l’anno d’imposta 2005;

l’accertamento fu basato sullo studio di settore (OMISSIS), sull’insufficienza delle spiegazioni fornite dalla contribuente in sede di contraddittorio, e su altri elementi di riscontro, fra i quali la conferma dei risultati da parte del successivo studio di settore (OMISSIS);

l’accertamento, annullato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Rieti, è stato validato dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio con sentenza 13 novembre 2014;

ricorre per la cassazione di detta sentenza la contribuente per tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 5 novembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 168 del 2016.

Diritto

CONSIDERATO

che:

secondo quanto risulta dallo stesso ricorso introduttivo e dal controricorso dell’Agenzia delle Entrate, l’accertamento fu motivato, oltre che dallo scostamento sopra specificato, “1) dalla incongruenza dei ricavi accertata nel tempo, dato che secondo gli studi di settore anche negli anni precedenti e successivi a quello in esame (2005) vi sarebbero stati maggiori ricavi pari ad Euro 7.715,00 per l’anno 2003, ad Euro 0,00 per l’anno 2004, ad Euro 3.366,00 per l’anno 2006 e ad Euro 1.315,00 per l’anno 2007; 2) dalle anomalie risultanti negli anni 2004, 2005 e 2006 dai modelli di comunicazione dei dati rilevanti per l’applicazione degli studi di settore; 3) dalla incongruenza reiterata nel tempo della redditività dell’impresa e della posizione ai fini I.V.A.”;

la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, richiamata la giurisprudenza formatasi sul valore probatorio degli studi di settore, ha validato l’accertamento negando che uno scostamento inferiore all’ll% rispetto al risultato dello studio di settore fosse – come invece ritenuto dalla Commissione Tributaria Provinciale – insignificante e marcando l’incongruità dei ricavi per la loro discontinuità rispetto a quelli dichiarati per gli anni successivi.

La ricorrente denuncia:

“Nullità della sentenza per violazione del disposto dell’art. 111 Cost., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2) e 4) e dell’art. 132 c.p.c., n. 4) e dell’art. 156 c.p.c., in riferimento al dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione”, mancando la sentenza di una compiuta enunciazione dei motivi sui quali si era fondata la sentenza di primo grado e dei motivi dell’appello dell’Agenzia; essendo incongrua e contraddittoria rispetto ai principi di diritto prima enunciati la compiuta valorizzazione dello scostamento inferiore all’11%; incomprensibile nel riferimento a ricavi contabilizzati con i dati delle rimanenze finali e alla necessaria continuità fra i susseguenti esercizi;

“Falsa applicazione del dettato del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, convertito dalla L. n. 427 del 1993”, in quanto la sentenza avrebbe ritenuto “grave incongruenza” lo scostamento inferiore all’11% fra risultato dello studio di settore e reddito dichiarato;

“Nullità della sentenza per violazione del disposto dell’art. 112 c.p.c. e per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in riferimento al dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 4; Violazione e falsa applicazione del disposto degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e del D.L. n. 331 del 1993, artt. 6 bis e 62 sexies, convertito dalla L. n. 427 del 1993, e della L. n. 146 del 1998, art. 10, come modificato dalla L. n. 301 del 2004, art. 1, comma 409, in riferimento al dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto la Commissione Tributaria Regionale avrebbe fondato la sua decisione su motivi non dedotti dall’appellanti e avrebbe ritenuto immotivatamente grave lo scostamento accertato fra ricavi dichiarati e ricavi accertati tramite lo studio di settore.

Il primo motivo è infondato.

In tema di contenuto della sentenza, anche per la formulazione che l’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, aveva anteriormente alla modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 17, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto della decisione non rappresentava un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza solo quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, stante il principio della strumentalità della forma, per il quale la nullità non può essere mai dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156 c.p.c., comma 3); e considerato che lo stesso legislatore, nel modificare l’art. 132 cit., ha espressamente stabilito un collegamento di tipo logico e funzionale tra l’indicazione in sentenza dei fatti di causa e le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione (Cass., sent. 10/10/2010, n. 22845). Questo principio è stato ovviamente ribadito nel vigore della nuova formulazione dell’art. 132 c.p.c. (cass., n. 990 del 2015). Nel caso di specie il richiamo che la Commissione Tributaria Regionale ha fatto ai principi giurisprudenziali sul valore probatorio degli studi di settore consente appieno di ricostruire le fasi pregresse del processo e il thema decidendum.

Parimenti deve dirsi in ordine al contenuto della motivazione, che fa evidente riferimento agli ulteriori elementi indiziari posti a corredo dello studio di settore che è la stessa ricorrente a riportare nella prima parte del ricorso.

Il secondo e il terzo motivo vanno trattati congiuntamente in quanto attengono entrambi alla valutazione compiuta dalla Commissione Tributaria Regionale sulla motivazione e sulla legittimità dell’accertamento fondato su studi di settore.

Nella parte in cui il ricorso richiama il punto della motivazione, dove la Commissione Tributaria Regionale afferma: “… condivisibili, di contro, appaiono dunque i rilievi mossi dall’Ente impositore in punto di incongruità dei ricavi dichiarati dalla parte, posto che gli stessi, al di là anche della loro sostanziale mancanza di riscontri nella contabilità aziendale, non evidenziano la loro necessaria continuità con quelli relativi all’esercizio d’imposta successivo…” per denunciare, in relazione ai riscontri nella contabilità, la violazione dell’art. 101, comma 2 e dell’art. 112 c.p.c., è inammissibile, perchè il riferimento alla contabilità è un mero espediente retorico subito superato (“al di là…”) ed escluso dalle ragioni effettive della decisione.

Nella parte in cui richiama, riguardo ai ricavi dichiarati dalla contribuente, la mancanza di continuità fra gli esercizi successivi, il ricorso è inammissibile perchè non coglie il punto della motivazione che fa riferimento alle divergenze tra le rimanenze finali di un anno e quelle iniziali dell’anno successivo; divergenze che nell’atto d’appello l’Ufficio aveva evidenziato, non essendo le rimanenze un mero valore numerarlo, ma una precisa quantificazione determinante ai fini dell’importo del costo del venduto, che influisce in modo decisivo su tutto l’impianto contabile e la rideterminazione reddituale.

Nella parte in cui richiama la valutazione sulla gravità dell’incongruenza, inferiore all’11%, il motivo è infondato, perchè la valutazione espressa dalla CTR in ordine alla necessità che lo scostamento fra redditi dichiarati e redditi risultati dagli studi di settore sia “grave” si pone in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte che, con ordinanza 8854/2019 ha affermato che in tema di accertamento basato sugli studi di settore, anche alla luce della giurisprudenza Eurounitaria, il presupposto della “grave incongruenza” di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, (conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993) è necessario anche per gli avvisi di accertamento notificati dopo il 1 gennaio 2007, in quanto la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, pur dopo le modifiche apportate dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, (in vigore dal 1 gennaio 2007), continua a fare riferimento al detto art. 62 sexies, che, pertanto, non può ritenersi implicitamente abrogato. Riguardo all’individuazione della concreta soglia di gravità dello scostamento – che nel caso in esame è per tabulas prossimo al 13%: ricavi dichiarati Euro 454.515,00; ricavi dedotti dallo studio di settore Euro 513.199,00; differenza Euro 58.684,00) la stessa ordinanza, con un approccio sistematico che il collegio intende condividere, ha fatto riferimento al D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570, art. 2 comma 1, lett. a), (“Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività di impresa, arti e professioni”), il quale dispone: “ai medesimi fini indicati nel comma 1, le contraddizioni tra le scritture obbligatorie e i dati e gli elementi direttamente rilevati si considerano gravi e rendono altresì inattendibile la contabilità ordinaria degli esercenti attività di impresa, quando: a)i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali…abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, a condizione che tale scostamento non sia riconducibile a errata applicazione dei criteri di valutazione ovvero di imputazione temporale”; nonchè al D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, comma 2, lett. b), dove si prevede che “tali contraddizioni” si considerano “gravi” quando “non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali…il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati…”.

Alla luce di questi criteri, la sentenza impugnata non merita neppure queste ultime censure.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.900.00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale/incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale/incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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