Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1070 del 20/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1070 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso per revocazione (iscritto al N.R.G. 97901’12) proposto da:
FUSINI ROBERTO (C.F.: FSN RRT 74L19 G088U); SANTERINI ANDREA (C.F.: SNT
NDR 70L12 G702B); RUGGIU GIANFRANCO (C.F.: RGG GFR 60S03 H501P); ALECCI
GIUSEPPE (C.F.: LCC GPP 72L23 C351D); GRASSI FABIANO (C.F.: GRS FBN 69E26
G648E); MARASCA GIANNI (C.F.: MRS GNN 63B01 D211J); CANTOLI GIANCARLO
(C.F.: CNT GCR 71-C16 D137S); CENTI ALESSANDRO (C.F.: CNT LSN 67M04 E625V) e
FIRINU SERGIO (C.F.: FRN SRG 63B09 A192F), tutti rappresentati e difesi, in forza di
procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Daniele Vannini e Silvio Agresti ed
elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, via G. Severano, n. 35;
– ricorrenti –

contro
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Data pubblicazione: 20/01/2014

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro-tempore;
– intimato-

Avverso la sentenza n. 250101’11 della I Sezione civile della Corte di Cassazione,
depositata il 25 novembre 2011 (e non notificata);
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 13 dicembre 2013 dal

udito l’avv. Daniele Vannini, per i ricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Carmelo Sgroi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, con sua decisione nel
merito.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza n. 25010 del 2011 (depositata il 25 novembre 2011 e non notificata), la
Prima Sezione civile di questa Corte dichiarava l’inammissibilità del ricorso per cassazione
proposto nell’interesse dei ricorrenti indicati in intestazione avverso il decreto n. 4531’08
della Corte di appello di Firenze adottato all’esito di un procedimento conseguente ad una
domanda di equa riparazione formulata ai sensi della legge n. 89 del 2001 nei confronti del
Ministero dell’Economia e delle Finanze.
I predetti ricorrenti hanno impugnato per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. la
suddetta sentenza deducendo che, con la stessa, il collegio aveva illegittimamente
dichiarato l’inammissibilità del ricorso, avendo fondato la sua decisione sull’errore di fatto
della ritenuta insussistenza del quesito di diritto (imposto dall’art. 366 bis c.p.c., “ratione
temporis” applicabile) a corredo dell’unico motivo avanzato, che, invece, risultava
inequivocabilmente riportato a conclusione della medesima censura (per come potevasi
rilevare, inequivocamente, a pag. 12 del testo del ricorso proposto avverso il decreto della
Corte fiorentina).

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Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

Con ordinanza interlocutoria n. 12237 del 2013 (depositata il 20 maggio 2013), il designato
collegio della VI Sezione civile di questa Corte dichiarava — in sede rescindente l’ammissibilità del proposto ricorso per revocazione e rinviava per l’esame dell’adeguatezza
del quesito — e, quindi, per la valutazione della fondatezza o meno del ricorso ordinario
ritenuto erroneamente inammissibile – alla competente fase rescissoria, da trattare in

Rileva il collegio che il formulato ricorso per cassazione — la cui istanza di revocazione è
stata già ritenuta ammissibile in sede camerale – è fondato e deve, perciò, essere accolto
nel termini che seguono, previa revocazione della predetta sentenza di questa Corte n.
25010 del 2011.
Come già rilevato in sede rescindente, i ricorrenti — con il ricorso formulato avverso il
menzionato decreto della Corte di appello di Firenze, con il quale era stata dichiarata
l’inammissibilità della domanda (per sua assunta indeterminatezza) proposta per
l’ottenimento dell’equa riparazione in ordine alla durata irragionevole di un giudizio
instaurato dinanzi al T.A.R. Lazio — avevano denunciato, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la
violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 nonché dell’art. 6 §1
della C.E.D.U., formulato, all’esito della relativa doglianza, il seguente quesito di diritto: dica
la Corte se, nei giudizi in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo
ex artt. 6 Cedu e e legge 89/2001, il diritto all’equo indennizzo del danno non patrimoniale,
in assenza di specifica prova contraria, consegua normalmente all’accertamento
dell’avvenuta violazione del termine, configurandosi quale danno conseguenza e, pertanto,
senza che vi sia necessità per la parte istante di assolvere a specifici oneri probatori in
ordine alla concreta esistenza ed entità di tale danno non patrimoniale”.

Ciò posto e ritenuto che il limite dell’errore percettivo chiaramente posto dalla legge
alla revocazione della sentenza della Corte di cassazione riconduce l’ambito di
ammissibilità di detta impugnazione all’ipotesi di svista o mancata attenzione su di
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pubblica udienza.

un fatto materiale o processuale che si traduca in una omessa percezione
dell’esistenza stessa di un motivo di ricorso o di un suo requisito essenziale, come —
proprio – la formulazione del quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis c.p.c. (cfr., da
ultimo, Cass. n. 4605 del 2013, ord.), la censura in questione è da considerarsi
manifestamente fondata, poiché il quesito di diritto esternato nei sensi precedentemente

ammissibilità del motivo a cui esso si riferiva), siccome rispondente ai principi stabiliti in
proposito dalla giurisprudenza di questa Corte, risultando congruo, specifico e rapportato
alla violazione di legge dedotta (consentendo la comprensione dalla sua sola lettura di
quale fosse l’errore di diritto asseritamene compiuto dal giudice di merito e quale, secondo
la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare: cfr., ad es., Cass. n. 8463 del 2009
e, da ultimo, Cass. n. 774 del 2011).
Chiarito quanto innanzi, ne consegue che è necessario esaminare la fondatezza del motivo
di ricorso proposto avverso il decreto della Corte di appello fiorentina, illegittimamente
dichiarato inammissibile.
La censura si prospetta meritevole di accoglimento.
Si osserva, in proposito, che nel giudizio per l’equa riparazione per la violazione del
termine di durata ragionevole del processo, a norma dell’art. 2, comma secondo, della
legge n. 89 del 2001, la parte assolve all’onere di allegazione dei fatti costitutivi della
domanda esponendo gli elementi utili a determinare la durata complessiva del giudizio
presupposto, salvi i poteri della Corte d’appello adita di accertare, d’ufficio o su
sollecitazione dell’Amministrazione convenuta, le cause che abbiano giustificato in tutto o
in parte la durata del procedimento (cfr. Cass. n. 2207 del 2010). E’ anche risaputo che il
danno patrimoniale indennizzabile come conseguenza della violazione del diritto alla
ragionevole durata del processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, è soltanto
quello che costituisce “conseguenza immediata e diretta” del fatto causativo (art. 1223 c.c.
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richiamati si sarebbe dovuto considerare ritualmente formulato (con la correlata

richiamato dall’art. 2, comma 3, legge cit. attraverso il rinvio all’art. 2056 stesso codice), in
quanto sia collegabile al superamento del termine ragionevole e trovi appunto causa nel
non ragionevole ritardo della definizione del processo presupposto. Si è, altresì,
puntualizzato che, in tema di equa riparazione per il mancato rispetto del termine di
ragionevole durata del processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, solo il danno

l’allegazione quale conseguenza dell’irragionevole durata del processo presupposto), deve
essere oggetto di prova piena e rigorosa, occorrendo che ne siano specificati tutti gli
estremi, fra l’altro variabili da caso a caso, ovvero che ne sia possibile l’individuazione
sulla base del contesto complessivo dell’atto (cfr. Cass. n. 5213 del 2007 e, da ultimo,
Cass. n. 14775 del 2013).
Oltretutto, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 14975 del 2012) ha anche
sottolineato che, in tema di equa riparazione ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001,
n. 89, la sofferenza morale per l’eccessivo protrarsi di un processo amministrativo o
contabile, quale conseguenza normale di tale irragionevole durata, non può essere
disconosciuta per la sola mancanza di istanze dirette a sollecitare la decisione, trattandosi
di omissione rilevante solo ai fini dell’apprezzamento dell’entità del lamentato pregiudizio
non patrimoniale, non già per escluderlo, atteso che la presenza di strumenti sollecitatori
non sospende, né differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, né
trasferisce sul ricorrente la responsabilità per il superamento del termine ragionevole di
definizione.
In definitiva, deve affermarsi il principio di diritto alla stregua del quale, in tema di equa
riparazione ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, il danno non
patrimoniale, in quanto conseguenza normale (ancorché non automatica e
necessaria) della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, si
presume sino a prova contraria, onde nessun onere di allegazione può essere
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patrimoniale, diversamente da quello non patrimoniale (per il quale occorre soltanto

addossato al ricorrente, essendo semmai l’Amministrazione resistente a dover
fornire elementi idonei a farne escludere la sussistenza in concreto (v. Cass. n.
21857 del 2005 e Cass. n. 19979 del 2009).
Non essendosi conformata la Corte fiorentina a tale principio, consegue la cassazione del
decreto impugnato con il correlato rinvio della causa (occorrendo valutare la durata

alle parti e di altri possibili impedimenti verificatisi nello svolgimento del giudizio non
attribuibili all’Amministrazione giudiziaria) dinanzi alla stessa Corte, in diversa
composizione, che, oltre ad attenersi al predetto principio di diritto, provvederà a regolare
anche le spese delle varie fasi giudiziali pregresse nonché di quelle del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il proposto ricorso per revocazione e, per l’effetto, revoca la sentenza
della I Sezione civile di questa Corte n. 25010 del 2011; pronunciando, conseguentemente,
sul ricorso formulato dai ricorrenti avverso il decreto della Corte di appello di Firenze
emesso nel proc. di V.G. n. 453/2008, lo accoglie; cassa il decreto stesso e rinvia la causa,
anche per le spese delle complessive fasi giudiziali pregresse e di quelle del presente
giudizio, alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 13 dicembre 2013.

complessiva del giudizio presupposto anche tenendo conto di eventuali ritardi addebitabili

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