Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 107 del 04/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 04/01/2017, (ud. 25/10/2016, dep.04/01/2017),  n. 107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4752/2012 proposto da:

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA

15, presso lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO ZAMBELLI;

– controricorrente incidentale –

avverso il provvedimento n. 1/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato VERINO Mario Ettore, difensore della resistente che

insiste sulle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 14/11/96 la signora V.M., assumendosi proprietaria in (OMISSIS), di un compendio immobiliare catastalmente identificato con le particelle (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) del catasto urbano del comune di Venezia, sezione di Burano, impugnava un avviso di pagamento notificatole dall’Ufficio del registro di Venezia avente ad oggetto l’indennità per occupazione senza titolo delle suddette particelle, le quali, risultando accatastate come stagni da pesca siti all’interno della laguna veneziana, dovevano considerarsi, secondo l’Amministrazione finanziaria, beni demaniali, sia per il disposto dell’art. 28 cod. nav., sia per il principio della demanialità della laguna di Venezia fissato dal R.D.L. n. 1853 del 1936, art. 1 (e poi ribadito dalla L. n. 366 del 1963) e, in precedenza, dall’art. 157 del codice della marina mercantile e, prima ancora, dal paragrafo 54 del regolamento di polizia lagunare 20/12/1841 dell’Amministrazione asburgica. L’attrice deduceva che la sua proprietà, da lei acquistata con atto di compravendita del 9/10/86, non comprendeva alcuna valle da pesca nè altro specchio d’acqua collegato alla laguna, ma era interamente costituita da un terreno stabilmente emerso dalle acque, tanto che sul medesimo era stato edificato un immobile ad uso abitativo munito di certificato di abitabilità fin dal 1962.

Il tribunale di Venezia accoglieva la domanda dell’attrice, ritenendo mancante la prova che le particelle in questione fossero mai state valli di pesca, non essendo al riguardo sufficienti le annotazioni catastali.

La corte d’appello di Venezia, adita con il gravame dell’Amministrazione finanziaria, riformò la sentenza di primo grado con riferimento alla particella (OMISSIS), confermandola con riferimento alla particella (OMISSIS).

La corte veneziana – premessa, in linea di diritto, la natura demaniale della laguna di Venezia e di tutta la rete di canali e specchi d’acqua, tra cui le valli da pesca, alla stessa collegati – ha argomentato:

– quanto alla particella (OMISSIS), che, secondo gli accertamenti peritali effettuati sulla scorta dei rilievi aerofotogrammetrici del 1934, la stessa negli anni ‘30 era rappresentata da una canaletta collegata ad altre analoghe canalette di formazione non naturale, raccordate mediante chiaviche con i vicini canali della laguna veneta; l’area rappresentata da tale particella faceva dunque parte della rete dei canali lagunari e pertanto costituiva area demaniale e tuttora – a nulla rilevando, in difetto di un provvedimento espresso di sdemanializzazione ex art. 35 cod. nav., la modificazione della morfologia dei luoghi, con il successivo interramento della canaletta – doveva ritenersi appartenente al demanio marittimo;

quanto alla particella (OMISSIS), per contro, che la vaghezza dei dati offerti in ordine alla natura demaniale del bene non consentiva, considerata la non decisività della qualificazione catastale della particella come stagno da pesca, di ritenere provate le pretese dell’Amministrazione.

La sentenza della corte d’appello è stata impugnata per cassazione tanto dall’Amministrazione finanziaria, con ricorso principale, quanto dalla signora V., con ricorso incidentale, in relazione ai capi di rispettiva soccombenza.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 25.10.16, per la quale solo la signora V. ha depositato una memoria illustrativa e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale si fonda su un unico motivo, rubricato come violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

L’Amministrazione in sostanza lamenta che la corte territoriale abbia ritenuto insufficientemente provato che anche la particella (OMISSIS) facesse originariamente parte della rete di canali della laguna veneziana, rigettando la richiesta di supplemento di c.t.u. al riguardo avanzata dalla difesa erariale e, comunque, trascurando che all’udienza del 22/2/01, come risulta dal verbale, il consulente di ufficio dichiarò: “in ogni caso posso dire che anche il mappale (OMISSIS) ha le stesse caratteristiche del 324 e quindi valgono le stesse considerazioni”.

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso per mancata indicazione degli atti e documenti su cui esso si fonda, sollevata nel controricorso della signora V.. Il motivo su cui si fonda il ricorso è infatti essenzialmente il verbale dell’udienza del giudizio di primo grado del 22.2.01, contenente l’esame del c.t.u., e tale verbale risulta indicato precisamente nel ricorso.

Ciò premesso, il Collegio osserva che la doglianza della difesa erariale va giudicata fondata, perchè la corte d’appello – una volta accertata la natura demaniale della particella (OMISSIS), in relazione alle caratteristiche morfologiche della stessa, quali desunte dalla relazione del c.t.u. – avrebbe dovuto spiegare per quali ragioni ha ritenuto di escludere, nonostante l’affermazione del c.t.u. sopra trascritta, la natura demaniale della particella (OMISSIS) e quindi, in definitiva, per quali ragioni ha ritenuto che detta affermazione del c.t.u. non fosse sufficiente a fondare una valutazione delle caratteristiche morfologiche della particella (OMISSIS) analoga a quella sulla cui base la stessa corte ha affermato demanialità della particella (OMISSIS).

La motivazione della sentenza gravata risulta quindi insufficiente per l’omessa valutazione dell’affermazione del c.t.u. secondo cui le due particelle oggetto di causa presenterebbero caratteristiche analoghe; d’onde la ricorrenza del denunciato vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 (nel presente giudizio applicabile nel testo anteriore alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012).

Anche il ricorso incidentale si fonda su un unico motivo, rubricato come violazione e falsa applicazione di norme in relazione agli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alle reali caratteristiche morfologiche del mapp. (OMISSIS), fg. (OMISSIS), del Catasto Terreni del Comune di Venezia, sez. Burano.

La difesa della signora V. svolge le seguenti considerazioni.

Sotto un profilo di fatto, argomenta che:

– dalla stessa descrizione della situazione del 1934 operata nella relazione del c.t.u. sarebbe emerso che la particella (OMISSIS) era principalmente coltivata a vite e tenuta a prato e che il sistema di canali ivi presente era un sistema irriguo artificiale che nulla aveva a che vedere con le valli da pesca;

che le mappe catastali non erano attendibili perchè, come affermato dal c.t.u. all’udienza del 22/2/01, l’isola di (OMISSIS) aveva formato oggetto di riconfinazione negli anni 60;

– il terreno in questione non era mai stato soggetto a mareggiate o ad essere sommerso temporaneamente, giacchè, diversamente, non sarebbe stato possibile costruirvi un edificio regolarmente dotato di certificazione di abitabilità;

che nell’atto di compravendita era contenuto il trasferimento di una cavana (tettoia adibita ricovero di imbarcazioni) ed a tale trasferimento si riferiva la menzione, nel testo del contratto, del “diritto di mantenere l’occupazione dello specchio d’acqua lagunare con cavana coperta”.

Sotto un profilo di diritto, la ricorrente incidentale deduce che il richiamo della sentenza gravata al regolamento del governo asburgico del 20/12/1841 non può essere condiviso, in quanto tale regolamento dovrebbe ritenersi riferito soltanto alla c.d. “laguna viva” e non alla c.d. “laguna morta” (cioè le aree poste al margine della laguna medesima come le valli da pesca ed i terreni stabilmente emersi e non soggetti essere sommersi dall’acqua nemmeno per brevi periodi dell’anno). Secondo la ricorrente incidentale, peraltro, il sistema giuridico dell’impero asburgico non contemplava un regime di demanialità analogo a quello previsto dall’attuale ordinamento italiano, cosicchè, ai fini che ci occupano, si dovrebbe avere riguardo esclusivamente afte disposizioni del codice della navigazione, all’epoca della cui entrata in vigore di terreni in questione erano già stabilmente emersi dalle acque e non potevano quindi essere considerati demaniali.

Il ricorso incidentale non può trovare accoglimento.

Quanto alle considerazioni svolte in linea di fatto, sopra sintetizzate, Il Collegio osserva che le stesse non attingono il percorso argomentativo della sentenza gravata, ma si risolvono in un mero dissenso rispetto all’apprezzamento delle risultanze istruttorie operato alla corte d’appello (peraltro corredato dalla prospettazione di questioni fatto, quale quella che la particella (OMISSIS) non sarebbe mai stata soggetta a mareggiate, che non emergono dalla sentenza gravata e non possono essere accertate in sede di legittimità.

Quanto alle considerazioni svolte in linea di diritto, le stesse risultano superate dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 3811/11.

In disparte il rilievo che con tale sentenza le Sezioni Unite hanno giudicato corretta la lettura della disciplina precostituzionale delle acque lagunari operata, anche nella pronuncia oggetto del presente giudizio, dalla corte veneziana (si veda pag. 9, ultimo cpv, della sentenza n. 3811/11: “In particolare, sul punto, la Corte di merito sostiene, da un lato, che anche in base alla normativa previgente la laguna (e quindi le valli da pesca) era considerata demanio pubblico, e, dall’altro lato, che tale demanialità trova conferma nella vigente legislazione in relazione alle caratteristiche fisiche della laguna (e con essa delle valli da pesca) con particolare riferimento all’art. 28, lett. b) cod.nav. ed ai relativi collegamenti funzionali con il mare. Tale ratio non è di per sè censurabile (e “resiste” alle censure della società ricorrente), pur se la Corte ritiene di ampliarla”), è comunque assorbente la considerazione che nella sentenza n. 3811/11 la demanialità delle valli da pesca viene affermata non solo alla stregua della disciplina anteriore alla Costituzione repubblicana ma anche alla stregua dei principi costituzionali relativi alla tutela del paesaggio e dell’ambiente.

Nè è concludente l’osservazione della ricorrente incidentale secondo cui la suddetta sentenza n. 3811/11 non si attaglierebbe alla fattispecie, in quanto concernente soltanto le valli da pesca, “intese come un bacino acqueo rimasto pur sempre in collegamento con la laguna aperte quindi con il mare” (cfr. pagina 27 del controricorso), perchè la corte territoriale ha appunto accertato, con giudizio di fatto non adeguatamente censurato, che sulla particella (OMISSIS) era presente, ancora negli anni ‘30 del ventesimo secolo, uno specchio d’acqua e, precisamente, un canale collegato ad altri canali e facente parte della rete dei canali della laguna. L’accertamento di fatto della corte territoriale, in sostanza, individua nella particella (OMISSIS) proprio quelle caratteristiche morfologiche alle quali la stessa sentenza n. 3811/11, nell’ultimo capoverso della pag. 22, collega – richiamando il testo dell’art. 28, lett. b), cod. nav. – la qualificazione giuridica della demanialità (“bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno ben possono comunicare liberamente con il mare, seppure con l’azionamento dei meccanismi idraulici approntati dai privati”, pag. 22, ultimo cpv, della sentenza). D’altra parte, la ricorrente non ha specificamente censurato l’assunto della corte territoriale secondo cui, per il disposto dell’art. 35 cod. nav., non è possibile la sdemanializzazione tacita del demanio marittimo, conseguentemente affermando che, accertato che negli anni ‘30 del ventesimo secolo la particella in questione aveva caratteristiche morfologiche tali da farla considerare rientrante nel demanio marittimo, la successiva modificazione di tali caratteristiche non ha fatto venir meno la demanialità.

In definitiva deve dunque accogliersi ricorso principale e rigettarsi quello incidentale. La sentenza gravata va cassata in relazione alla statuizione sulla particella 830, con rinvio alla corte territoriale.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza gravata per quanto di ragione e rinvia ad altra sezione corte d’appello di Venezia, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2017

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