Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10698 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/06/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 05/06/2020), n.10698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2344/2015, promosso da:

C.C.R.;

M.M.;

M.F.;

tutti rappresentati e difesi dagli avv. Maria Teresa Vasciaveo e

Ferdinando Aspesi del foro di Milano e dagli avv. Massimo Filippo

Marzi e Corinna Marzi, presso lo studio dei quali sono domiciliati

in Roma, via Giuseppe Ferrari, 35;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore;

– resistente –

e contro

Equitalia Nord s.p.a.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza n. 2810/13/2014 emessa il 27 maggio

2014 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, avente

ad oggetto la cartella di pagamento (OMISSIS) per i.re.s. e altro

2005 e l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per i.r.pe.f., i.v.a. e

altro.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Milano, con l’accertamento sopra indicato, contestò, sulla base di indagini bancarie, agli eredi di M.G., titolare di un’impresa individuale, maggiori ricavi per Euro 172.307,00, di cui Euro 52.957,00 per maggiori versamenti rispetto al volume di affari dichiarato e Euro 119.350,00 per maggiori prelevamenti rispetto agli acquisti dichiarati.

L’accertamento, impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, fu annullato in ragione del fatto che dai maggiori ricavi non erano state dedotti i movimenti – sicuramente transitati dal conto corrente bancario – per il pagamento dell’I.v.a. e dei contributi previdenziali.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, su appello dell’Agenzia, in riforma della sentenza di primo grado, validò l’accertamento, considerando che le movimentazioni erano state riprese proprio perchè non risultavano giustificate e che il contribuente non aveva provato, nè in sede amministrativa nè in sede giudiziaria, che dette movimentazione comprendessero anche i pagamenti dell’I.v.a. e dei contributi previdenziali. “In particolare non vi è documentazione che possa consentire a questa Commissione di collegare le movimentazioni riprese con i pagamenti effettuati per IVA e contributi previdenziali e pertanto l’affermazione dei Primi Giudici sul punto appare infondata. Nel merito il contribuente produce notevole documentazione al fine di dimostrare la correttezza degli importi come dichiarati, tuttavia da tale documentazione non è possibile accertare che tali movimentazioni siano effettivamente transitate sui conti correnti oggetto di verifica, dei quali, peraltro, non vengono prodotti tutti gli estratti conto annuali integrali, non essendo sufficiente la produzione di una serie di fatture e un elenco compilato dal contribuente sulla base di tali fatture, senza specifico riferimento alle movimentazioni bancarie contestate”.

Ricorrono, per la cassazione di detta sentenza, per tre motivi, i contribuenti, deducendo “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., commi 1, n. 3, dell’art. 115 c.p.c., comma 1, seconda parte; “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 115, comma 1, prima parte e dell’art. 116 c.p.c.”; e “contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 5 novembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 168 del 2016.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I primi due motivi, che ruotano intorno alla rilevanza probatoria dei documenti fiscali e bancari prodotti nel corso dei giudizi di merito e qui allegati al ricorso, possono essere trattati unitariamente e appaiono fondati.

Il thema decidendum riguarda la detrazione, dal calcolo dell’imponibile accertato dall’Agenzia delle Entrate sulla base della verifica bancaria e risultante dal confronto fra i versamenti e i prelevamenti accertati con il volume d’affari e il totale acquisti dichiarati (detratti prelevamenti per autoconsumo), degli importi, transitati dallo stesso istituto bancario, per i versamenti di i.v.a. e contributi previdenziali, pari complessivamente a Euro 82.766,00 per i.v.a. e Euro 12.572,00 per contributi.

I ricorrenti precisano innanzi tutto che l’importo delle due voci risulta dai quadri VE e VF del modello i.v.a. 2006 prodotto (e qui allegato; non è allegato il rigo (OMISSIS) per i contributi previdenziali); osservano in secondo luogo, attraverso la produzione degli elenchi delle fatture, attive e passive, che l’I.v.a. incassata e quella corrisposta coincide con quella dichiarata; affermano infine che i pagamenti e gli incassi ricevuti, comprensivi di i.v.a., risultano tutti essere passati attraverso le contabili bancarie prodotte. Ne deducono la violazione dell’art. 115 c.p.c., sia per la mancata considerazione delle prove documentali prodotte sia per la mancata considerazione che trattava comunque di fatti non controversi.

La Commissione Tributaria Regionale ha accolto il gravame dell’Agenzia fondando la decisione su una svalutazione aprioristica dei documenti prodotta, ritenendoli apoditticamente inidonei a dimostrare che il pagamento o l’incasso delle fatture fosse transitato dal conto corrente bancario e dubitando, a monte, dello stesso valore probatorio dell’elenco delle fatture redatto dallo stesso contribuente. Argomenti che danno luogo ad una motivazione apparente e tautologica, perchè sarebbero dovuti essere preceduti da un concreto e specifico raffronto fra l’importo di ciascuna delle fatture con i movimenti bancari registrati. Solo alla fine di questa indispensabile attività istruttoria la CTR avrebbe potuto e dovuto affermare che i documenti prodotti dal contribuente fossero o non concretamente idonei a dimostrare, in tutto o in parte, il pagamento o l’incasso dell’I.v.a. e il pagamento degli importi contributivi e quindi la deducibilità reclamata dal contribuente.

Il terzo motivo, cosi come formulato, è inammissibile perchè al presente procedimento – proposto avverso sentenza pubblicata il 27 maggio 2014 – si applica il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5, secondo il quale la motivazione insufficiente o contraddittoria dell’atto impugnato non è più motivo di ricorso (Cass., Sez. U, 2014/8053; Cass., 23940 del 12/10/2017). Si tratta comunque di motivo assorbito dall’accoglimento dei primi due.

La sentenza va, quindi, cassata e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame della controversia e il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo e il secondo motivo; dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la statuizione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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