Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10695 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/06/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 05/06/2020), n.10695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13469/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Stante & Ecotrans s.r.l., in persona del L.R. pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv.ti Cristina Zunino, Valentina Picco

e Maria Antonelli, elett. dom. c/o lo studio di quest’ultima in

Roma, Piazza Gondar 22;

– controricorrente –

Brugola Service International s.r.l., in persone del L.R.

pro-tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 5650/9/2017 del 5 dicembre 2017, depositata il 28

dicembre 2017, non notificata.

Fatto

1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane avverso la sentenza della commissione provinciale di Como che aveva accolto i ricorsi della società Brugola Service International S.p.A. (di seguito: la Società) e di Stante & Ecotrans Srl (rappresentante doganale) avverso l’avviso di accertamento dazi relativamente alle importazioni di elementi di fissaggio in acciaio, asseritamente provenienti dall’Indonesia e dichiarati originari di tale paese, ma accertati essere invece di origine cinese.

2. Con gli atti impugnati, l’Ufficio delle dogane aveva proceduto alla riscossione dei dazi antidumping ed alla applicazione di sanzioni.

3. Il giudice d’appello riteneva che con il Reg. di esecuzione UE n. 278/2016 erano stati abrogati i dazi antidumping sulle importazioni dalla Cina dei materiali oggetto di importazione, di conseguenza non sussisteva la pretesa erariale, anche in caso che fosse stata disconosciuta l’origine indonesiana degli elementi di fissaggio ed accertata quella cinese.

3. La sentenza è stata impugnata dall’Agenzia delle dogane sulla base di due motivi. La società Stante & Ecotrans S.r.l. a socio unico resiste con controricorso, illustrato da memoria; la società Brugola è rimasta intimata.

Diritto

1. Con il primo motivo, l’amministrazione ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). In sintesi, si rileva che la CTR aveva reso una motivazione apparente non contenendo la sentenza la concisa esposizione dello svolgimento del processo nè le richieste delle parti.

Con il secondo motivo, l’Agenzia eccepisce la violazione e falsa applicazione dei Reg. CE n. 91 del 2009 e del Reg. di esecuzione UE n. 278 del 2016, art. 3 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), non avendo considerato che il Reg. di esecuzione 2016/278 aveva abrogato i dazi definitivi imposti con il Reg. n. 91 del 2009 sulle importazioni in contestazione a decorrere dalla data di sua entrata in vigore e non consentiva il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Pertanto, detto regolamento non era applicabile ratione temporis.

2. Prioritaria appare la trattazione del secondo motivo di ricorso, poichè, “in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c. (Sez. 5 -, Sentenza n. 11458 del 11/05/2018, Rv. 648510 – 01).

2. Il motivo è fondato per le considerazioni che seguono.

2.1. Il Regolamento di Esecuzione (Ue) 2016/278 della Commissione del 26 febbraio 2016 ha abrogato “il dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese, esteso alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia”.

2.2. Per quanto qui interessa, il regolamento ha rilevato che:

– “(2) Il 28 luglio 2011 l’organo di conciliazione (“DSB”)

dell’Organizzazione mondiale del commercio (“OMC”) ha approvato la relazione dell’organo d’appello e la relazione del gruppo di esperti, modificata dalla relazione dell’organo d’appello nella controversia “Comunità Europee – Misure antidumping definitive su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina” (“le relazioni originali”). In seguito a un riesame per l’attuazione delle relazioni originali, il Consiglio ha adottato il Reg. di esecuzione (UE) n. 924 del 2012, che ha modificato il Reg. (CE) n. 91 del 2009.

– (3) Con il Reg. di esecuzione (UE) 2015/519 la Commissione Europea (“la Commissione”) ha mantenuto, in seguito a un riesame in previsione della scadenza effettuato a norma del Reg. (CE) n. 1225 del 2009 del Consiglio, art. 11, par. 2, le misure modificate dal Reg. di esecuzione (UE) n. 924 del 2012″;

– nell’ambito delle consultazioni tra la Cina e l’Unione Europea sull’attuazione delle misure antidumping in contestazione, a fronte della opinione cinese di un contrasto delle relazioni originali con l’accordo GATT, è stato costituito un gruppo di esperti, a norma dell’art. 21.5 del DSU (“gruppo di esperti per la verifica della conformità”);

– il gruppo nella sua relazione ha rilevato che l’U.E. aveva agito in contrasto con “gli artt. 4.1 e 3.1 dell’accordo antidumping per quanto riguarda la definizione dell’industria nazionale e del pregiudizio”.

In conseguenza con il Reg. n. 28 del 2016 è stata disposta l’abrogazione delle misure controverse con effetto a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, con esclusione del rimborso dei dazi riscossi prima di tale data.

3.2. Ciò, però, non supporta la tesi della illegittimità del Reg. n. 91 del 2009, sostenuta dalla società nella memorìa illustrativa. Il Codice antidumping OMC (Accordo relativo all’applicazione dell’art. VI dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994) non ha valore normativo, diversamente dai Regolamenti che sono atti legislativi vincolanti nell’Unione Europea, con la conseguenza che, l’eventuale contrasto tra il codice OMC e un Regolamento, non integra una violazione di legge. Infatti, risulta da una costante giurisprudenza Europea che, tenuto conto della loro natura e della loro economia generale, gli accordi OMC, non figurano, in linea di principio, tra le norme alla luce delle quali può essere verificata la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione (v., segnatamente, sentenze del 23 novembre 1999, Portogallo/Consiglio, C-149/96, EU:C:1999:574, punto 47, del 10 marzo 2005, Van Parys, C-377/02, EU:C:2005:121, punto 39, nonchè del 4 febbraio 2016, C & 3 Clark International e Puma, C-659/13 e C-34/14, EU:C:2016:74, punto 85). Le eccezioni riguardano, in primo luogo, l’ipotesi in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito di detti accordi e, in secondo luogo, il caso in cui l’atto di diritto dell’Unione in discussione rinvii espressamente a precìse disposizioni dei medesimi accordi (v. sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/ Rusal Armenal, C-21/14 P, EU:C:2015:494, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

3.3. Nel caso in esame, non ricorrendo alcuna delle due eccezioni sopra richiamate, gli accordi OMC non figurano tra le norme alla luce delle quali può essere verificata la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione. Nella causa C-207/17, Rhoto Blaks s.r.l., al punto 46, la Corte di Giustizia ha affermato ” Più in particolare, la Corte ha già avuto modo di precisare che non può essere ammessa neppure la possibilità per un operatore economico di far valere dinanzi al giudice dell’Unione che una normativa di quest’ultima è incompatibile con una decisione del DSB, come, nella fattispecie, la decisione del DSB del 28 luglio 2011. Infatti, le raccomandazioni o le decisioni del DSB che constatano il mancato rispetto delle regole dell’OMC non possono, in via di principio, e indipendentemente dalla portata giuridica ad esse attribuita, essere fondamentalmente distinte dalle norme sostanziali che traducono gli obblighi assunti da un membro nell’ambito dell’OMC. Pertanto, una raccomandazione o una decisione del DSB che constata il mancato rispetto delle regole suddette non può, in via di principio, così come avviene per le norme sostanziali contenute negli accordi OMC, essere invocata dinanzi al giudice dell’Unione al fine di stabilire se una normativa di quest’ultima sia incompatibile con la suddetta raccomandazione o decisione (sentenza del 10 novembre 2011, X e X BV, C-319/10 e C-320/10, non pubblicata, EU:C:2011:720, punto 37 nonchè la giurisprudenza ivi citata), “concludendo, al punto 56, che dall’esame dei Regolamenti che hanno imposto i dazi “non si può ritenere che la legittimità dei regolamenti controversi possa essere valutata in rapporto all’art. VI del GATT 1994 o in riferimento alla decisione del DSB del 28 luglio 2011”.

3.4. D’altra parte, è anche agevole constatare che il Reg. n. 278 del 2016, nel recepire la raccomandazione, non constata una violazione di legge, ma si muove su un piano di opportunità e pro futuro.

4. La sentenza va quindi cassata, con rinvio, anche per l’esame delle questioni rimaste assorbite, delle quali danno conto ambo le parti, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione. Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e, rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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