Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10694 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 22/04/2021), n.10694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18579-2019 proposto da:

P.V., P.F., eredi della sig.ra T.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato CATALDO MICHELE;

– ricorrenti –

contro

RFI RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.

DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato ALESII LEONARDO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1011/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– la Corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza impugnata che aveva respinto l’opposizione proposta da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. avverso il precetto notificato da T.A. per il pagamento del saldo dovuto in base a sentenza del Tribunale di Firenze n. 1622 del 2005, accoglieva l’opposizione in ragione del pagamento della somma richiesta a seguito di ordinanza emessa ex art. 186-bis c.p.c.;

avverso la sentenza P.F. e P.V., quali successori di T.A., propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memorie;

RFI Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. resiste con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo i ricorrenti deducono nullità della sentenza di appello, violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., commi 2 e 6, violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 101,291,327 e 330 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, osservando che T.A. era deceduta il 10 maggio 2017, lasciando come eredi il marito e il figlio, mentre l’impugnazione proposta nei confronti della medesima era stata depositata a settembre 2017 e notificata, presso il procuratore costituito per il primo grado della stessa, a ottobre 2017, non avendo effettuato RFI s.p.a. una verifica circa l’esistenza in vita della parte, con la conseguenza che, invece di costituirsi un corretto contraddittorio con gli eredi, si era svolto un procedimento di gravame in assenza di contraddittorio;

con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 2909 c.c. e agli artt. 132,474,475 e 615 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando sotto l’aspetto della illogicità la decisione impugnata;

il primo motivo è manifestamente infondato;

le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, infatti, affrontando la questione relativa al caso in cui: a) la parte, costituita in appello a mezzo di procuratore, muoia prima dell’udienza di discussione e risulti vittoriosa nel grado; b) l’evento non sia stato nè dichiarato in udienza, nè notificato alla controparte; c) quest’ultima proponga ricorso per cassazione contro la parte deceduta, notificandolo a colui che era stato suo procuratore nel precedente grado di giudizio, hanno riaffermato il principio della ultrattività del mandato (Cass. n. 15295 del 04/07/2014), da cui discende, tra l’altro, che è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso il procuratore costituito, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del notificante.”;

il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, non essendo delineato con sufficiente chiarezza il vizio di cui si assume affetta la sentenza (Cass. n. 16700 del 05/08/2020), nè evidenziandosi una motivazione apparente nei termini indicati da Cass. 8053/2014, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza;

in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

 

 

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