Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10694 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/06/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 05/06/2020), n.10694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1238/2013 R.G. proposto da:

CONSACER s.cons. a r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore

pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Petrecca e

Rosamaria Nicastro, con domicilio eletto presso lo studio legale

Macchi di Cellere Gangemi, sito in Roma, via Giuseppe Cuboni, 12;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

Equitalia Sud s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Francesco Franco,

con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, via

Giovanni Pierluigi da Palestrina, 19;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 99/10/12, depositata il 28 maggio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2019

dal Consigliere Paolo Catallozzi.

Fatto

RILEVATO

che:

– la CONSACER s.cons. a r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 28 maggio 2012, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento di due intimazioni di pagamento aventi ad oggetto il debito consacrato in una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che l’impugnazione degli atti impositivi era fondata sulla nullità della notifica della cartella di pagamento, in quanto effettuata in un luogo in cui era originariamente fissata la sede legale, ma non più attuale a seguito del trasferimento della stessa operato circa sei anni prima della notifica della cartella di pagamento;

– il giudice di appello ha respinto il gravame della contribuente evidenziando che la contribuente aveva comunicato all’Agenzia delle Entrate la variazione della sede legale solo in epoca successiva alla notifica della cartella di pagamento;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resistono, con separati controricorsi, sia l’Agenzia delle Entrate, sia la Equitalia Sud s.p.a.;

– la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.;

– il pubblico ministero conclude chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60 e degli artt. 145 e 148 c.p.c., per aver la sentenza impugnata ritenuto valida la notifica della cartella di pagamento, benchè effettuata presso l’indirizzo diverso da quello in cui era stata trasferita la sede della società e senza l’esperimento di un tentativo di notifica presso l’effettivo indirizzo della sede legale;

– aggiunge, in proposito, che l’ente impositore era a conoscenza della variazione intervenuta e che la ricezione dell’atto notificato da parte di un soggetto qualificatosi quale “addetto al ritiro degli atti” non assumeva rilevanza in quanto la notifica era stata effettuata presso un luogo estraneo alla società;

– il motivo è infondato;

– giova rammentare che, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, nella versione applicabile ratione temporis, la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa;

– allorchè l’Ufficio proceda alla notifica mediante invio diretto della cartella di pagamento a mezzo posta, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, si applicano le disposizioni concernenti il servizio postale ordinario con la conseguenza che, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario la quale si sia dichiarata “addetto al ritiro degli atti”, deve presumersi che la qualità indicata, sostanzialmente equivalente a quella di “incaricato”, sia stata dichiarata proprio da chi ha ricevuto l’atto (cfr. Cass., ord., 3 aprile 2019, n. 9240; Cass., ord., 30 dicembre 2018, n. 32981);

– infatti, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica, con la conseguenza che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (così, Cass., ord., 20 novembre 2017, n. 27420; Cass., ord., 5 settembre 2012, n. 14865);

– nella sentenza non vengono in rilievo elementi idonei a superare tale presunzione, per cui la decisione di appello, sul punto, risulta immune dal vizio prospettato;

– pertanto, la notifica della cartella alla società contribuente, eseguita mediante consegna alla persona specificamente preposta alla ricezione per conto dell’ente, va considerata idonea a produrre gli effetti che le sono propri nei confronti dell’ente medesimo, data la diretta riferibilità a questo, in virtù del principio di immedesimazione organica, degli atti compiuti da e nei confronti di coloro che lo rappresentano e ne realizzano esecutivamente le finalità (cfr. Cass. 28 febbraio 2007, n. 4785; Cass. 22 agosto 2002, n. 12373; Cass., 21 gennaio 1993, n. 704);

– tale conclusione va tenuta ferma anche qualora, come nel caso in esame, la notifica sia eseguita presso un luogo già indicato quale sede legale, poi trasferita presso un luogo diverso;

– infatti, l’esistenza di un collegamento fattuale tra il luogo presso cui la notifica è stata effettuata e le sedi in cui, nel tempo, l’attività della società si è svolta, valutato unitamente al ruolo dichiarato dal consegnatario della cartella di pagamento di incaricato alla ricezione degli atti, induce a ritenere che tale luogo costituisca (ancora) una sede operativa dell’ente e di escludere, per tale via, che lo stesso sia estraneo all’ente medesimo;

– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36 e 60, per aver la Commissione regionale ritenuto la società fosse tenuta a comunicare all’Agenzia delle Entrate la variazione dell’indirizzo della sede legale;

– il motivo è inammissibile, in quanto la validità della notifica della cartella di pagamento è fondata, anche e principalmente, sulla diversa e autonoma ratio decidendi rappresentata dalla ricezione dell’atto da parte di soggetto a ciò incaricato dalla società e dalla riferibilità di tale ricezione alla persona giuridica destinataria dell’atto medesimo;

– da ciò consegue che la resistenza di siffatta ratio decidendi alla censura avverso la stessa proposta con il primo motivo determina il venir meno dell’interesse all’esame della censura in esame, in quanto, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (cfr. Cass., ord., 11 maggio 2018, n. 11493; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108);

– con l’ultimo motivo di ricorso la società contribuente si duole dell’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla circostanza che la notificazione non è avvenuta presso la sede legale della società;

– il motivo è inammissibile poichè il fatto dedotto non è controverso, avendo la controricorrente riconosciuto, sia pure implicitamente, che la notifica è stata eseguita presso un luogo diverso da quello in cui era fissata la sede legale al momento della notifica medesima, e, inoltre, non è decisivo per le ragioni indicate in precedenza in sede di esame del primo motivo di ricorso;

– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, in favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 8.000,00, oltre rimborso spese prenotate a debito e, in favore della Equitalia Sud s.p.a., in Euro 8.000,00, oltre rimborso spese forfettario nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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