Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10690 del 24/05/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10690 Anno 2016
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA
sul ricorso 25978-2012 proposto da:
NICCOLAI MERI & C. DI NICCOLAI MERI SAS (già eredi di
NICCOLAI SILVANO S.N.C. DI NICCOLAI CLAUDIO & C. a
seguito di atto di trasformazione), in persona del
A

legale

rappresentante

signora

elettivamente domiciliata in
2016
309

MERI

NICCOLAI,

ROMA, VIA EMILIA

88,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA CHIRULLI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALDO
SANTILLI, ANNALISA CHEPPI giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente-

1

Data pubblicazione: 24/05/2016

contro

PIETRANGELI ALBERTO, PIETRANGELI FLAVIANO, in proprio
e nella loro qualità di eredi di PIETRANGELI SILVIO,
elettivamente domiciliati in ROMA, V. BALDO DEGLI
UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato SIMONA

dall’avvocato FEDERICO NANNIPIERI giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti nonché contro

NICCOLAI MERI, SZPURKA AGNIESZKA;
– intimate –

avverso la sentenza n. 1313/2011 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 17/10/2011,
R.G.N. 2306/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/02/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA
GRAZIOSI;
udito l’Avvocato FEDERICA CORSINI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

RINALDI GALLICANI, rappresentati e difesi

25978/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 14 settembre-17 ottobre 2011 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato
l’appello proposto da Niccolai Meri & C. s.a.s. (già Eredi di Niccolai Silvano s.n.c.) avverso
sentenza del 26 gennaio-8 agosto 2005 con cui il Tribunale di Pisa aveva respinto la domanda
della suddetta società di condannare Pietrangeli Ada e Pietrangeli Silvano (ai quali, deceduti

al risarcimento dei danni perché, dopo avere essi disdettato alla prima scadenza un contratto
di locazione di immobile ad uso commerciale – contratto stipulato il 1 febbraio 1983, in cui il
conduttore era Niccolai Silvano, deceduto il 24 giugno 1987 e del quale erano stati eredi i figli
Niccolai Claudio e Niccolal Meri – per necessità dell’immobile per una attività commerciale del
loro congiunto Pietrangeli Flaviano, dopo che II Pretore di Pisa con sentenza del 1990 aveva
dichiarato cessato il rapporto locatizio e dopo che il 28 febbraio 1993 l’immobile era stato
riconsegnato, quest’ultima attività a distanza di venti mesi dalla riconsegna dell’immobile non
era stata avviata. Il giudice d’appello, conformemente al giudice di primo grado, ha fondato il
rigetto dell’impugnazione sul difetto di legittimazione attiva della Niccolai Meri & C. s.a.s. ad
esercitare l’azione risarcitoria.
2. Ha presentato ricorso Niccolai Meri & C. s.a.s., sulla base di un unico motivo, che denuncia
la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 37 I. 392/1978 e 2498 c.c. ai sensi dell’articolo
360, primo comma, n.3 c.p.c., nonché omessa e/o insufficiente e contraddittoria motivazione
sul fatto decisivo ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., chiedendo anche la decisione nel
merito.
Lamenta la ricorrente che il giudice d’appello, anziché applicare l’articolo 37 I. 392/1978,
avrebbe applicato in effetti l’articolo 36 della stessa legge, riguardante la diversa fattispecie
della sublocazione. A differenza dell’articolo 36, invero, l’articolo 37 non esige per il subentro in
forza di successione nel contratto da parte di chi prosegue l’attività del conduttore alcuna
comunicazione al locatore e comunque alcun atto tra locatore ed eredi, come invece ha preteso
la corte territoriale. Deceduto il conduttore Niccolai Silvano, che nell’immobile svolgeva attività
di panificazione e di vendita al dettaglio, i suoi figli Claudio e Meri Niccolai, vista la rinuncia
all’eredità degli altri chiamati, ne furono gli unici eredi e proseguirono insieme la stessa
attività, formando In tal modo una impresa collettiva di fatto, e dunque una società di fatto, poi
regolarizzata ai sensi della I. 947/1982 in società in nome collettivo. Richiama la ricorrente
giurisprudenza di legittimità per cui quando due o più chiamati, divenendo eredi, subentrano
nell’azienda del de cuius continuando nell’attività, l’originaria comunione “incidentale” di
azienda si converte in società di fatto. Ne discende che la costituzione di una società in nome
collettivo non ha generato un soggetto nuovo, bensì solo regolarizzato la preesistente società

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nelle more del giudizio, sono poi succeduti in causa Pletrangeli Alberto e Pietrangeli Flaviano)

di fatto, realizzando una trasformazione nel senso di mera mutazione formale: e ciò troverebbe
riscontro nella giurisprudenza, appunto, di questa Suprema Corte.
Non sarebbero perciò consistenti gli argomenti dei giudici di merito dal momento che, essendo
il de cuius deceduto il 24 giugno 1987, i figli che gli erano succeduti come eredi e quindi come
gestori dell’azienda da lui ereditata avevano costituito (tra loro soltanto, unici soci) la società
Eredi di Niccolai Silvano s.n.c. in data 8 agosto 1988, onde la società era succeduta nel
contratto prima della sua scadenza al 1 febbraio 1989 ed era pertanto legittimata ad agire per

Si difendono con controricorso Pietrangeli Alberto e Pietrangeli Flaviano, chiedendo il rigetto
del ricorso e depositando poi anche memoria ex articolo 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è infondato.
La questione su cui si incentra il suo unico motivo è stata dirimente sia per il primo sia per il
secondo giudice di merito, che l’hanno risolta nel senso di escludere la legittimazione attiva
della attuale ricorrente a esercitare l’azione risarcitoria per illegittima disdetta del contratto di
locazione. La ricorrente qui ripropone quanto aveva già prospettato nei precedenti gradi, e cioè
che i figli dell’originario conduttore del contratto locatizio ad uso non abitativo stipulato il 1
febbraio 1983, Niccolai Silvano (che nell’immobile gestiva un’azienda di panificazione e vendita
al dettaglio), deceduto Il 24 giugno 1987 – e dunque prima della scadenza del 1 febbraio 1989
per cui il contratto era stato disdettato Niccolai Meri e Niccolai Claudio ne accettarono
l’eredità, continuando insieme l’attività dell’azienda. Unici eredi e quindi unici successori in tale
gestione, i due fratelli avrebbero così formato una impresa collettiva di fatto che, quale società
di fatto, avrebbero poi regolarizzato come società in nome collettivo 1 18 agosto 1988,

il risarcimento.

denominandola Eredi di Niccolai Silvano s.n.c., ora Niccolai Meri & C. s.a.s. Essa avrebbe
pertanto acquisito la legittimazione a esercitare l’azione risarcitoria di cui si tratta; e nella sua
motivazione il giudice d’appello avrebbe posto come fondamento del rigetto della pretesa
un’erronea applicazione alla fattispecie della disciplina relativa alla diversa ipotesi della
sublocazione, esigendo un atto di comunicazione al locatore che la società, invece, non
sarebbe stata tenuta a inviargli.
Nella sua non particolarmente ampia motivazione, in effetti, il giudice di secondo grado premesso che il giudice di primo aveva ritenuto che l’azione risarcitoria “fosse di spettanza
delle persone fisiche che erano state parti nel processo per la risoluzione del contratto di
locazione”, sulla base di ciò negando la legittimazione alla società attrice – richiama l’articoloO_y
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37 I. 392/1978 per cui, in caso di morte del conduttore, nel contratto locatizio gli succedono
“coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa
anteriore alla apertura della successione, hanno diritto a continuarne l’attività”. Esclude la
corte territoriale che sia stata allegata la sussistenza di rapporti anteriori al decesso del
conduttore da cui far discendere la successione nell’attività in capo a soggetti diversi dagli
eredi, ed esaminando quindi l’ulteriore ipotesi della successione nel contratto da parte di chi
continua l’attività in quanto erede afferma che “successori di Silvano Niccolai erano i figli di lui”

legis al conduttore defunto”. L’argomento in tal modo formulato non è del tutto privo di
inconferenza, dal momento che l’attuale ricorrente non aveva addotto di essere stata erede di
Niccolal Silvano, bensì di essere insorta in conseguenza di un contratto sociale tra gli eredi.
Peraltro la corte territoriale prosegue immediatamente specificando che, affinché un rapporto
di locazione proseguisse a favore della società, “sarebbe stato necessario un atto intervenuto
tra le parti del contratto originario ovvero tra concedenti ed eredi”, il quale “stabilisse che il
rapporto proseguiva tra soggetti diversi da quelli iniziali” – atto inesistente -, poiché la
costituzione della società “rimane un atto che ha legato tra loro i soggetti che vi hanno
partecipato, senza assumere alcuna efficacia sui rapporti interprivati di cui il defunto era
parte”.
È evidente che il giudice d’appello non ha per nulla – come gli imputa invece la ricorrente confuso la fattispecie con una sublocazione. Quello che la corte territoriale definisce atto
necessario a sostituire gli originari contraenti è evidentemente la comunicazione della cessione
da parte degli eredi alla società del contratto locatizio, posteriore alla successione

ex lege

verificatasi ai sensi del primo comma dell’articolo 37: cessione riconducibile – poiché gli eredi,
nel formare l’entità sociale, le hanno conferito l’azienda ereditata – proprio alla disciplina di cui
all’articolo 36 I. 592/1978, che impone appunto che ne sia data comunicazione al locatore e
tutela la posizione di quest’ultimo.
4. La ricorrente tenta, avvalendosi suggestivamente nell’ambito delle sue argomentazioni di
varie pronunce di legittimità, di svuotare di contenuto la successione ex lege nel contratto

(oltre alla moglie, che però aveva rinunciato) e dunque “i figli, non la società, succedevano ope

locatizio degli eredi stabilita appunto dalla suddetta norma. Ma gli insegnamenti
giurisprudenziali invocati concernono, a ben guardare, la disciplina della commutazione di
un’entità collettiva, non ipotizzando affatto l’automatica sostituzione di un’entità collettiva a
persone fisiche che, in quanto eredi, sono succedute ex articolo 37 in un contratto locatizio,
come se il contratto sociale possa vincolare anche soggetti estranei ad esso. A ciò si aggiunga
che la ricorrente, nella sua prospettazione, pretermette il fatto che gli stessi eredi, nel caso di
specie, non hanno voluto imporre al locatore alcun “effetto esterno” della loro società di fatto
prima e della loro società in nome collettivo dopo, poiché, pur avendo – sempre secondo la
prospettazione della ricorrente – formato la società di fatto dopo la morte del padre il 24
giugno 1987 e la società in nome collettivo 1’8 agosto 1988, ovvero prima che il locatore agisse
5
5

per ottenere dal Pretore la dichiarazione di risoluzione del contratto e la conseguente condanna
di controparte al rilascio dell’immobile, nel relativo giudizio – come ha rimarcato il giudice di
prime cure e come riporta pure la sentenza impugnata – le parti erano rimaste esclusivamente
le persone fisiche, sia nel primo grado dinanzi al Pretore di Pisa, sia nel secondo davanti al
Tribunale di Pisa..
A proposito, comunque, della giurisprudenza sulla quale cerca di sostenersi il motivo in esame,
deve anzitutto darsi atto che sono invocati alcuni arresti per cui, quando più eredi subentrano

azienda si converte in società di fatto. Si tratta anzitutto di Cass. sez. L, 27 novembre 1999 n.
13291, per cui, nel caso di comunione incidentale di azienda, qualora il godimento di questa si
attui mediante il diretto sfruttamento da parte di uno o

più dei comunisti, è configurabile

l’esercizio di una impresa individuale o collettiva, nella forma di società irregolare di fatto o di
società regolare, a ciò non contrastando l’articolo 2248 c.c. (che prevede per la comunione a
scopo di godimento l’applicazione degli articoli 1100-1139 c.c.): valendo quindi la disciplina
societaria, anziché la disciplina della comunione,

“nel caso in cui più eredi esercitino,

congiuntamente ed in via di fatto, lo sfruttamento diretto dell’azienda già appartenuta al “de
cuius”, deve escludersi la configurabilità di una mera amministrazione di beni ereditari in
regime di comunione incidentale di godimento e si è, invece, in presenza dell’esercizio di
attività imprenditoriale da parte di una società di fatto, con l’ulteriore conseguenza che, in
ordine alla responsabilità per i debiti contratti nell’esercizio di tale attività, restano prive di
rilievo la qualità successoria delle persone anzidette e le eventuali limitazioni di responsabilità
ad essa correlate.” Congiuntamente viene richiamata l’analoga Cass. sez. 2, 6 febbraio 2009 n.
3028, che ribadisce Io stesso principio sottolineando che l’elemento discriminante tra
comunione a scopo di godimento da un lato e società dall’altro è identificabile nello scopo di
lucro dell’attività imprenditoriale, che si sostituisce appunto al mero godimento e in funzione
del quale si utilizzano quindi i beni comuni.
È evidente che tale giurisprudenza non ha pertinenza nella tematica in esame, attinendo
esclusivamente alla conversione in attività imprenditoriale dell’originaria comunione degli eredi

nell’azienda del de cuius continuandone l’attività, l’originaria comunione “incidentale” di

in relazione all’azienda del de cuius, qualora l’attività di questo venga dall’erede (impresa
individuale) o dagli eredi (impresa collettiva, sotto forma di società irregolare o regolare)
proseguita, inserendo uno scopo lucrativo nell’utilizzazione dei beni comuni che ne fonda
l’utilizzazione stessa. Ciò rileva, logicamente, ai fini della conseguenza dell’attività
imprenditoriale sotto li profilo della responsabilità: quest’ultima infatti non è più rapportabile
alla qualità di erede. Ma non vi è incidenza su quel che è conseguenza della qualità di erede in
sé, tra cui si annovera, ai sensi dell’articolo 37 I. 392/1978, la successione

ope iegis nei

contratto locatizio in cui il de cuius era conduttore: e non a caso si è più volte evidenziato che
per fruire di tale successione non occorre che l’erede intraprenda effettivamente l’attività del
de culus (v. Cass. sez. 3, 3 febbraio 1998 n. 1093, per cui, in ipotesi di locazione immobiliare7
6

ad uso diverso da quello abitativo, l’articolo 37, prevedendo che in caso di morte del
conduttore gli succedono nel contratto coloro che jure hereditario o per atto di data anteriore
all’apertura della successione hanno diritto a continuare nell’attività, condiziona la
prosecuzione del rapporto locatizio alla sola titolarità astratta del diritto alla continuazione
dell’attività del de cuius, non esigendo anche il fatto materiale della continuazione della stessa;
conformi Cass. sez. 3, 10 febbraio 1994 n. 1359, Cass. sez. 3, 1 dicembre 1993 n. 11888 e
Cass. sez. 3, 4 marzo 1993 n. 2629).

che la regolarizzazione di una società non dà luogo a un soggetto nuovo, bensì, appunto,
regolarizza una società di fatto già esistente, imponendole una mera mutazione formale ovvero
trasformazione (si tratta di Cass. sez. 3, 9 marzo 1995 n. 2736 – che afferma come il principio
per cui la trasformazione di una società non genera un nuovo ente ma integra una mera
mutazione formale di un’organizzazione che permane senza soluzione di continuità si applica
non solo nel caso di trasformazione di società di persone in società di capitali, ma in ogni
fenomeno analogo modificante la disciplina giuridica e l’organizzazione di un ente societario
senza comportarne l’estinzione, ferma restando l’identità e l’integrità dell’impresa commerciale
da esso gestita – e Cass. sez. L, 21 agosto 2004 n. 16500 – che ribadisce la permanenza dello
stesso soggetto pur se dotato di nuova veste societaria -), inserendosi in un orientamento
consolidato della giurisprudenza di questa Suprema Corte (v. S.U. 31 ottobre 2007 n. 23019 per cui “la trasformazione di una società in un altro dei tipi previsti dalla legge non si traduce
nell’estinzione del soggetto e nella correlativa creazione di uno diverso, ma configura una
vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto”-, nonché le successive Cass.
sez.3, 1 dicembre 2009 n. 25287 e Cass. sez.2, 27 ottobre 2010 n. 21961). Ciò chiaramente
non incide sui caso in esame, in esso non risultando – ovviamente – configurabile una globale
conversione di persone fisiche (i due figli del defunto che in qualità di eredi sono succeduti nel
contratto ex articolo 37) in una entità societaria.
E infine, la ricorrente tenta di immedesimare la vicenda in esame in quella trattata da Cass.
sez. 3, 1 dicembre 2009 n. 25287, in cui gli eredi di un soggetto, succeduti ex lege ex articolo
37, avevano costituito una società di fatto per gestirne l’esercizio commerciale, società che poi
avevano regolarizzato in società in accomandita semplice. La sentenza richiamata,
conformemente a giurisprudenza più sopra citata, riconosce in motivazione che si tratta di una
“semplice vicenda modificativa dello stesso soggetto – con la sua trasformazione da un tipo
societario ad un altro – ai sensi dell’art. 2948 c. c. e non di costituzione di un nuovo e diverso
soggetto giuridico, a seguito della estinzione del primo”,

deducendone la “conseguente

persistenza dell’originario rapporto locativo”. è più evidente che la pronuncia si attesta sugli
effetti di una trasformazione della forma di un ente collettivo, il quale, prima della
trasformazione stessa, era già parte nel contratto locatizio; ciò però non significa che l’entità
collettiva abbia succeduto ex lege nel contratto, risultando invece che erano succeduti gli eredi.
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E non pertinenti risultano anche gli ulteriori arresti, richiamati dalla ricorrente, relativi al fatto

Logicamente, pertanto, si deduce che essi avevano applicato l’articolo 36 1.392/1978
comunicando al locatore la cessione del contratto locatizio.
Senza tale comunicazione, invece, come afferma il giudice d’appello, l’accordo che aveva
avvinti gli eredi di Niccolai Silvano nella società di fatto, poi regolarizzata, costituiva rispetto al
locatore meramente una res inter alios acta, secondo i principi generali per cui il contratto
delimita la sua forza giuridica alle parti che lo stipulano.

contratto sociale che l’ha originata un’automatica incidenza della sua formazione nell’ambito di
un rapporto negoziale stipulato tra il suddetto terzo quale locatore e il

de cuius quale

conduttore e in cui la successione a quest’ultimo è specificamente regolata dalla legge, cioè
dall’articolo 37 I. 392/1978: successione per legge che non può certo convertirsi – come in
sostanza tenta di sostenere la ricorrente – in una facoltà potestativa, in capo a chi succede
all’originario conduttore, di cedere il contratto ad altro soggetto senza alcuna tutela – neppure
informativa – del locatore, ma semplicemente per il fatto che tale ulteriore soggetto è originato
da un negozio tra i successori.
La pretesa della ricorrente risulta pertanto contraria ai più generali principi normativi, che,
seppure esponendoli con una motivazione alquanto sintetica, la sentenza impugnata ha
rispettato; e in conclusione il ricorso merita il rigetto, con conseguente condanna della
ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali,
liquidate in un totale di 4200, di cui E 200 per spese vive, oltre gli accessori di legge.

Così deciso in Roma 111 febbraio 2016

Il Consigl e Estensore

Il Pres ente

In ultima analisi, quindi, la ricorrente argomenta per imporre a un soggetto terzo rispetto al

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