Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10690 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. un., 04/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 04/05/2010), n.10690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di Sezione –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8295-2009 proposto da:

L.I.G. ((OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE 18, presso lo studio

dell’avvocato GIAN MARCO GREZ, rappresentata e difesa dagli avvocati

PECCHIOLI PAOLO, DE DONNO PECCHIOLI DONATELLA, per delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI AREZZO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso

lo studio dell’avvocato BRIZZOLARI MAURIZIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MANNESCHI MARCO, per delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/2009 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 16/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

uditi gli avvocati Paolo PECCHIOLI, Maurizio BRIZZOLARI per delega

dell’avvocato Marco Manneschi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.I.G. ha impugnato davanti al tribunale superiore della acque pubbliche: a) la delibera della giunta della provincia di Arezzo in data 15 maggio 2006 con la quale, in conformità con il parere del nucleo di valutazione, è stata negata la compatibilita ambientale del progetto per la realizzazione di una piccola centrale elettrica sul fiume (OMISSIS); b) la Delib. 8 agosto 2006 con la quale, confermando la precedente deliberazione, la stessa giunta ha più specificamente affermato che la riduzione della portata idrica del tratto sotteso avrebbe modificato in modo sostanziale la continuità ecologica necessaria alla risalita delle specie ittiche presenti, procurando un danno incalcolabile alla loro riproduzione; c) i pareri ai quali entrambe le delibere si conformano.

Il t.s.a.p., con sentenza del 16 gennaio 2009, ha ritenuto infondati i motivi formulati con il ricorso principale e i motivi aggiunti, affermando, per quello che ancora rileva in questa sede, che: a) le valutazioni relative alle conseguenze negative della realizzazione del progetto sulla fauna ittica, pur in presenza di accorgimenti tecnici come la costruzione di una scala di rimonta e quelle derivanti dalla riduzione della portata idrica nel tratto di fiume interessato, che produrrebbe un impatto ambientale non sostenibile e non diversamente mitigabile, rientrano nella discrezionalità tecnica riservata all’amministrazione e non censurabili in sede giurisdizionale essendo adeguatamente motivate e non palesemente illogiche; b) la decisione negativa del nucleo di valutazione è logica e non contrasta con le, peraltro non uniformi, valutazioni interdisciplinari operate, ai sensi della L.R. n. 79 del 1998, art. 16 anche se, come è legittimo, la decisione stessa si è basata solo su alcune di tali valutazioni, che ha ritenuto di privilegiare in relazione alla prevalente finalità di tutela ambientale; c) non era necessario procedere a conferenza di servizi, ai sensi della L.R. n. 79 del 1998, art. 17 perchè, nella specie, non era necessario acquisire ulteriori “specifici pareri, nulla osta, autorizzazioni” da parte di differenti amministrazioni pubbliche.

Avverso la sentenza la L.I. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi illustrati con memoria, al quale resiste l’amministrazione provinciale con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L.R. toscana n. 79 del 1998, art. 17 sostenendo che, essendo prevista la partecipazione al procedimento della soprintendenza per i beni architettonici e ambientali, e cioè di un’altra amministrazione statale, era necessario indire la conferenza di servizi ai fini della valutazione di impatto ambientale (VIA), anche perchè non può ritenersi equipollente alla conferenza di servizi l’espressione di pareri, assensi ecc, effettuata separatamente da ogni amministrazione, per quanto confluente in un unico atto.

Il motivo non è fondato.

La L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 14 ter (aggiunto dalla L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 176 così come successivamente modificato con la L. 24 novembre 2000, n. 340, art. 11), al comma 4 dispone che “Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima”.

Tale disciplina è recepita nella legislazione regionale pertinente.

Infatti, il testo originario della L.R. toscana 24 febbraio 2005, n. 39, art. 12, comma 2, recante disposizioni in materia di energia, applicabile nella specie ratione temporis, dispone che “L’amministrazione competente di cui all’art. 3 convoca la conferenza di servizi ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 14 e segg.

…”. La successiva modificazione della disposizione operata con la L.R. toscana 23 novembre 2009, n. 71 ha una portata meramente formale in quanto il richiamo alla legge statale generale è sostituito con il rinvio agli art. 21 e seguenti della L.R. 23 luglio, n. 40, legge di semplificazione e riordino normativo del 2009, la quale alla L.R. 14 dicembre 2009, n. 75, art. 24 bis, aggiunto dall’art. 48 espressamente dispone, con espressione identica a quella contenuta nella L. n. 241 del 1990, art. 14 ter, comma 4 che “Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima …”.

Peraltro, a conclusioni non diverse si perviene anche all’esito di una corretta lettura della L.R. toscana 3 novembre 1998, n. 79, art. 17 recante norme per l’applicazione della valutazione di impatto ambientale, perchè tale disposizione prevede la conferenza di servizi per la “realizzazione del progetto sottoposto a VIA …” e pertanto nella fase successiva all’espressione della VIA. Il comma 4 della stessa disposizione, che poteva leggersi come previsione di un obbligo dell’amministrazione locale di convocare la conferenza di servizi ai fini dell’emanazione degli atti previsti dai commi 1 e 2, se rientranti nella competenza di un’amministrazione statale, e quindi prima della formulazione della VIA, in realtà, con il rinvio alla L. n. 241 del 1990, art. 14 e successive modifiche e integrazioni, non può, per la natura stessa del rinvio operato dal legislatore regionale, che interpretarsi in modo conforme a quanto previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 14 ter sopra riportato, a norma del quale la conferenza di servizi segue e non precede la VIA. Non è, infine, inutile rilevare che, comunque, come ha osservato la sentenza impugnata, la conferenza di servizi deve essere convocata soltanto quando sia necessario acquisire da differenti amministrazioni pubbliche specifici pareri, nulla osta, autorizzazioni, ulteriori rispetto a quelli già comunque acquisiti.

Essendo, in punto di fatto, pacifico tra le parti che tutti gli specifici pareri, nulla osta, e autorizzazioni delle altre amministrazioni, anche di quelle statali, sono state acquisiti prima della espressione della VIA, deve ritenersi raggiunto lo scopo della conferenza di servizi la quale, come è noto, è uno strumento o metodo organizzativo orientato a realizzare il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, in quanto semplifica e snellisce tale azione, attraverso la contestuale partecipazione delle amministrazioni diverse portatrici degli interessi coinvolti nel procedimento amministrativo, e ha la funzione di accelerare i tempi e di consentire un’effettiva cooperazione tra le amministrazioni, consentendo la reciproca interlocuzione.

Pertanto, quando siano comunque intervenute le determinazioni delle amministrazioni interessate e siano acquisiti i relativi atti, sarebbe contrario alle esigenze di semplificazione e accelerazione del procedimento e quindi di buon andamento dell’azione amministrativa procedere alla convocazione della conferenza di servizio tra le amministrazioni stesse, al solo scopo di reiterare le valutazioni in forma contestuale.

2. Il secondo motivo deduce la violazione della L.R. n. 79 del 1998, art. 16 per non essere stato correttamente predisposto un rapporto interdisciplinare sull’impatto ambientale, che richiederebbe una comparazione tra i diversi pareri, nell’ambito di una complessiva visione delle problematiche ambientali nascenti dalla realizzazione dell’opera, mentre, nella specie, sarebbe stato effettuato un semplice assemblaggio di alcuni pareri, dando prevalenza ai pareri negativi, senza neppure richiedere alla parte privata più ampie indicazioni o approfondimenti e integrazioni del progetto predisposto, come richiesto da alcuni dei pareri acquisiti.

Il motivo, è inammissibile.

Infatti, se la censura dovesse intendersi, così come espressamente risulta dalla rubrica del motivo, quale deduzione di un’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa applicabile, è evidente che in realtà tale deduzione è contraddetta dalla ricorrente stessa la quale sostiene che nella specie è stata applicata la norma (della L.R. n. 79 del 1998, art. 16) pertinente e pertanto non sarebbe ipotizzabile la dedotta violazione di legge. Se, invece, il motivo dovesse intendersi come deduzione di una erronea applicazione della legge conseguente alla carente ricostruzione della fattispecie concreta, deve osservarsi che la ricorrente deduce una circostanza di fatto (assemblaggio invece che valutazione complessiva e comparativa delle diverse valutazioni espresse dalle differenti amministrazioni) il cui apprezzamento esula dall’ambito del giudizio di legittimità, non essendo peraltro tale deduzione neppure mediata da quella di errori o insufficienze della motivazione della sentenza impugnata, la quale ha dato atto che la valutazione interdisciplinare è stata operata e che la valutazione stessa è logica e coerente con le determinazione delle diverse amministrazioni, anche se, in presenza di valutazioni difformi, l’amministrazione competente all’autorizzazione ha dato prevalenza a quelle ritenute più conformi alle esigenze di tutela ambientale.

3. Con il terzo motivo, deducendo il vizio di motivazione apparente, la ricorrente lamenta che il t.s.a.p. abbia ritenuto che le valutazioni effettuate dall’amministrazione rientrano nella discrezionalità tecnica ed essendo congruamente e logicamente motivate sono insuscettibili di sindacato in sede giurisdizionali, con ciò utilizzando argomentazioni che si adattano a qualsiasi provvedimento amministrativo senza alcun specifico riferimento ai contenuti effettivi degli atti impugnati dai quali risulterebbe che le esigenze relative alle migrazioni della fauna ittica erano state tenute presenti nel progetto, che prevedeva la costruzione di una scala di risalita per i pesci e che la diminuzione della portata del corso d’acqua riguarderebbe un tratto di appena sessanta metri.

Anche tale motivo appare inammissibile risolvendosi in una critica alla valutazione del contenuto degli atti amministrativi impugnati operata dal t.s.a.p. che, con motivazione sintetica, ma sufficiente, ha ritenuto adeguate e non palesemente illogiche le valutazioni tecniche effettuate.

4. Con il quarto motivo la ricorrente critica la sentenza del t.s.a.p. per non avere pronunciato, e comunque fornito motivazione, in ordine alla censura, contenuta nei motivi aggiunti, con la quale era stato dedotto l’eccesso di potere per difetto e falsità dei presupposti di fatto e travisamento in relazione alle erronee indicazioni relative alla portata del deflusso minimo vitale.

Il motivo è infondato poichè, come emerge dalla sentenza impugnata, il t.s.a.p. ha espressamente esaminato (il primo motivo e) i motivi aggiunti con i quali era stata dedotto il vizio di eccesso di potere in relazione al rilascio del deflusso minimo vitale ovvero, “alla riduzione della portata idrica nel tratto di fiume interessato” affermando che le valutazioni compiute dall’amministrazione non apparivano, affette dagli elementi di illogicità dedotti dalla ricorrente.

Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese con Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite civili, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

 

 

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