Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10689 del 22/04/2021
Cassazione civile sez. III, 22/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 22/04/2021), n.10689
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34661/2019 proposto da:
C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO AVERNI, rappresentato e difeso dall’avvocato
FEDERICO DONEGATTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3535/2019 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,
depositata il 09/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
02/12/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.
Fatto
RILEVATO
Che:
C.M., cittadino del (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);
a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di essere arrestato avendogli la polizia locale prospettato – a seguito di un’aggressione fisica perpetrata dall’odierno ricorrente – la possibilità di essere rinchiuso in carcere in caso di ripetizione del fatto;
la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;
avverso tale provvedimento C.M. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia che ne ha disposto il rigetto con ordinanza del 29/1/2018;
tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza in data 9/9/2019;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) della sostanziale inattendibilità del relativo racconto di vita; 2) della mancata corrispondenza tra le ragioni di fuga del ricorrente dal proprio paese di origine e le ipotesi che legittimano il riconoscimento della protezione internazionale rivendicata; 3) della mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato;
il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da C.M. con ricorso fondato su quattro motivi;
il Ministero dell’Interno, non costituito in termini mediante controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione apparente, per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto generico e inconferente il racconto di vita del ricorrente in relazione al riconoscimento delle forme di protezione internazionale rivendicate;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte d’appello erroneamente escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, in relazione alle ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), senza tener conto dei rischi connessi alla sottoposizione dell’odierno ricorrente ai trattamenti inumani e degradanti propri del regime carcerario attualmente esistente in Gambia;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte d’appello erroneamente escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, senza procedere all’acquisizione di informazioni in via ufficiosa al fine di verificare i pericoli di incolumità per il ricorrente in relazione alla situazione giudiziaria e carceraria del Gambia;
tutti e tre i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;
osserva il Collegio come ciascuna delle censure oggetto d’esame muova dal presupposto di fatto, trattato come asseritamente pacifico dall’odierno ricorrente, consistente nel carattere effettivo e concreto del rischio, precisamente corso da quest’ultimo, di essere sottoposto alla pena del carcere in caso di rimpatrio;
varrà al contrario considerare come, secondo quanto espressamente dichiarato dallo stesso ricorrente, le minacce di carcerazione asseritamente proferite dalla polizia giudiziaria nei relativi confronti non riguardassero l’eventuale punizione per l’aggressione dallo stesso già compiuta, bensì la prospettabile eventualità di una sua carcerazione laddove lo stesso avesse nuovamente compiuto i fatti violenti allo stesso già contestati (“la polizia mi ha detto che se l’avessi rifatto t..) sarei tornato in prigione”: cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
ciò posto, deve ritenersi del tutto irrilevante l’esame delle censure concernenti la valutazione di attendibilità del racconto reso dall’odierno ricorrente in relazione al riconoscimento della protezione sussidiaria rivendicata con riguardo alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), atteso che, per quanto ritenuto attendibile, il racconto del richiedente risulta tale (come correttamente rilevato dal giudice a quo) da non configurare l’esistenza attuale e concreta di un rischio di sottoposizione a trattamenti carcerari, ma la sola eventualità di una sua esecuzione nel caso in cui il ricorrente (come prospettato dalle forze di polizia a lui rivolte) si fosse reso responsabile di un fatto penalmente rilevante;
allo stesso modo, del tutto priva di rilevanza deve ritenersi la censura concernente il mancata esercizio, da parte del giudice d’appello, dei poteri di integrazione istruttoria ufficiosa con riguardo all’esame del sistema carcerario gambiano, non risultando concretamente sussistenti, nel caso in esame, i presupposti di una verosimile riferibilità, di tale prospettata realtà istituzionale gambiana, alla specifica vicenda esistenziale dell’odierno ricorrente, e dunque la configurabile esistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale dallo stesso specificamente rivendicate;
con il quarto motivo, il ricorrente si duole dell’omesso esame, da parte della corte d’appello, della domanda di protezione umanitaria dallo stesso originariamente avanzata e ritualmente riproposta in sede d’appello;
il motivo è fondato;
osserva il Collegio come, a fronte della rituale riproposizione in appello, da parte dell’odierno ricorrente, della domanda di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari (così come si desume dalla stessa intestazione della sentenza impugnata, nella parte in cui riporta le conclusioni della parte appellante), la Corte d’appello di Venezia ha del tutto omesso di procedere al relativo esame, trascurando di dettare alcuna motivazione a fondamento del rigetto dell’impugnazione riferita a detta istanza, incorrendo, per ciò solo, nel vizio di omessa pronuncia, idoneo a determinare la nullità del provvedimento impugnato con specifico riferimento al punto dedotto;
sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la fondatezza del quarto motivo (disattesi i restanti), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio.
PQM
Accoglie il quarto motivo; rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021