Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10689 del 03/05/2017

Cassazione civile, sez. lav., 03/05/2017, (ud. 18/01/2017, dep.03/05/2017),  n. 10689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6470/2011 proposto da:

G.C., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE DE FELICE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4612/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/06/2010 R.G.N. 9993/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Napoli in data 8.1.2007 G.C., dipendente ENEL (poi ENEL distribuzione) spa fino al 30.9.1999, con qualifica di quadro, agiva nei confronti dell’INPS per la condanna dell’Ente previdenziale alla riliquidazione del trattamento pensionistico, deducendo la violazione della disposizione di cui al D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, lett. a), relativa alla misura massima della pensione liquidabile successivamente al 31.12.1996 in favore degli iscritti al Fondo di Previdenza Elettrici (in prosieguo, per brevità: F.P.E.).

Assumeva che erroneamente l’INPS nel determinare la soglia massima della pensione fissata dalla suddetta norma, pari all’80% della retribuzione pensionabile determinata in base alle norme dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (in prosieguo: A.G.O.), aveva posto a base del calcolo fino al 31.12.1996 le più basse retribuzioni pensionabili del Fondo di Previdenza Elettrici e soltanto dal gennaio 1997 le retribuzioni pensionabili secondo il criterio A.G.O. (art. 12 L. 153/1969); il criterio A.G.O. avrebbe dovuto trovare applicazione, invece, per l’intero periodo lavorativo, con conseguente incremento del limite massimo della pensione e, pertanto, nella fattispecie di causa del trattamento pensionistico mensile.

Il giudice del lavoro, con sentenza del 15.3.2008 (nr. 15263/2008), rigettava la domanda.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7-14.6.2010 (nr. 4612/2010), rigettava l’appello del G..

La Corte territoriale, richiamati alcuni precedenti di questa Corte di legittimità (Cass. nr. 1444/2008 e 28996/2008), affermava che nella fattispecie di causa non si discuteva del tetto pensionistico da applicare in eventuale riduzione della pensione maturata ma della pretesa dell’appellante diretta ad ottenere una pensione maggiore di quella maturata nel fondo elettrici, attraverso la applicazione delle più favorevoli disposizioni del regime dell’A.G.O..

La pensione doveva essere calcolata sulla retribuzione imponibile del Fondo Elettrici mentre quella vigente nell’AGO fungeva solo per determinare un limite massimo e, dunque, per ridurre l’importo della pensione superiore al tetto e non già per incrementarla.

Per la Cassazione della sentenza ricorre G.C., articolando due motivi.

L’INPS è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 562, art. 3, comma 2, nonchè della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 22.

Ha premesso che dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata non era agevole comprendere se la pretesa fosse stata respinta per erronea interpretazione della legge applicabile o – piuttosto – per errore di interpretazione della domanda.

In ogni caso era pacifico – e documentato dal modello dell’INPS tempestivamente prodotto – che egli aveva alla data del 31.12.1995 una anzianità contributiva superiore ai 18 anni sicchè, ai sensi del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 2, il trattamento pensionistico doveva essere determinato esclusivamente con il metodo retributivo, con il limite massimo previsto dall’art. 3, comma 2 dello stesso D.Lgs., pari all’importo più favorevole tra l’80% della retribuzione pensionabile secondo le norme dell’A.G.O. (lettera a) e l’88% della retribuzione pensionabile determinata in base alle norme della L. n. 335 del 1995, sul calcolo delle pensioni del F.P.E. (lettera b).

Era altresì pacifico che l’INPS aveva erogato il trattamento pensionistico nel limite massimo di cui alla lettera b), in quanto secondo il calcolo dell’Istituto esso era più favorevole rispetto a quello determinato con il criterio di cui alla lettera a).

Egli aveva contestato tale liquidazione, assumendo che il limite di cui alla lettera a) correttamente calcolato – ovvero calcolato in relazione alla retribuzione pensionabile A.G.O. – era più favorevole e dava diritto ad un aumento del trattamento pensionistico liquidato.

La interpretazione del limite di cui del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, lett. a), sostenuta in ricorso era conforme a quella accolta da questo giudice di legittimità (sentt. nn.rr. 14447/2008 e nr. 28996/2010).

Il giudice del primo grado, invece, erroneamente aveva ritenuto che il limite di cui al predetto art. 3, comma 2, lett. a) fosse collegato alla retribuzione pensionabile prevista per il fondo elettrici.

La Corte d’appello, con motivazione incongrua e contraddittoria, aveva affermato la correttezza della interpretazione del Tribunale alla luce della giurisprudenza di legittimità, che era invece di segno opposto.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunziato, in via subordinata, falsa applicazione del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2 e della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 22, in ragione della carente e contraddittoria interpretazione del ricorso di primo grado e della fattispecie concreta, violazione delle risultanze di causa e vizio di motivazione, violazione degli artt. 1362 e 1365 c.c..

Il ricorrente – trascritte le parti rilevanti del ricorso e della memoria difensiva dell’INPS nel primo grado – ha dedotto che risultava dagli atti di causa come la questione dibattuta fosse la interpretazione del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, lett. a) e non anche la pretesa di ottenere una prestazione pensionistica maggiore di quella consentita dal regime del fondo elettrici, contrariamente a quanto affermato in sentenza.

Ed infatti la pensione liquidata secondo le disposizioni del Fondo di Previdenza Elettrici risultava pari ad Euro 2.692,64; la domanda non era diretta ad un aumento di tale importo ma alla liquidazione in misura piena del trattamento di pensione, consentendolo il limite di cui all’art. 3, comma 2, lett. a), (pari ad Euro 2.714,90).

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

La giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. lav. sent. 12624/2014;14164/2011; 1444/2008) si è già espressa nel senso che nel computo del limite massimo della pensione ai sensi del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 562, art. 3, comma 2, lett. a), la retribuzione di riferimento è quella di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, anche per le anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1996 e non soltanto le voci di retribuzione per le quali siano stati versati i contributi utili ai fini pensionistici (che all’epoca erano individuate su base più ristretta rispetto a quella di cui alla suddetta L. n. 153 del 1969, art. 12).

Nelle richiamate pronunzie, cui si intende dare in questa sede continuità, si è osservato che la tesi difensiva dell’Inps in base alla quale ai fini del calcolo del parametro di cui al D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 562, art. 3, comma 2, lett. a) deve assumersi come retribuzione di riferimento in relazione al periodo antecedente all’1 gennaio 1997 la retribuzione sottoposta a contribuzione dalla previgente normativa del Fondo contrasta con il tenore letterale del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, lett. a), che, introducendo la comparazione tra due misure massime di trattamenti pensionistici, include nella definizione del primo parametro la nozione di retribuzione vigente nella gestione A.G.O., senza ulteriori specificazioni.

Pertanto il parametro da non superare è quello ricostruito sulla base delle retribuzioni pensionabili del sistema dell’assicurazione generale obbligatoria anche per i periodi antecedenti all’1 gennaio 1997.

Il giudice dell’appello, pur richiamando e dichiarando di condividere la interpretazione indicata nei precedenti di questa Corte, ha tuttavia interpretato la domanda del pensionato non già come attinente alla soglia massima del trattamento pensionistico bensì volta ad ottenere un importo della pensione maggiore di quello consentito dal regime di appartenenza, attraverso la applicazione delle più favorevoli disposizioni del regime AGO.

Ha dunque affermato che la pensione maturata doveva pur sempre essere calcolata sulla retribuzione imponibile del Fondo Elettrici, restando escluso ogni incremento della pensione così determinata ove inferiore alla soglia massima di cui al D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, lett. a).

Così statuendo il giudice dell’appello è incorso nel vizio denunziato con il secondo motivo di ricorso, che va correttamente riqualificato in termini di vizio di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunziato ex art. 360 c.p.c., n. 4, quale effetto dalla non corretta interpretazione dell’atto processuale.

Contrariamente a quanto pure si sostiene talora in giurisprudenza (Cass., sez. L, 27 maggio 2015, n. 21874, sez. 3 nr. 9011/2015; sez. 2 nr. 12799/2014; sez. lav. nr. 2630/2014) spetta a questa Corte procedere direttamente all’interpretazione della domanda (cfr. Cass., sez. 1 nr. 16164/2015; Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077, m. 622361).

Non è possibile scindere il momento dell’interpretazione degli atti processuali, e segnatamente delle domande delle parti, dal momento della violazione delle norme processuali perchè l’omessa pronuncia, come l’ultra o l’extra petizione, possono dipendere oltre che da un errore di percezione anche da un’erronea interpretazione della domanda.

Nel caso in esame risulta dall’esame del ricorso originario e della memoria difensiva dell’INPS nonchè dell’atto d’appello che la questione di causa verteva non sull’importo del trattamento di pensione maturato ma sulla determinazione del limite massimo della pensione liquidabile, che l’INPS aveva calcolato fino al 31.12.1996 in ragione delle retribuzioni pensionabili del Fondo Elettrici invece che ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 12, norma relativa al sistema A.G.O..

La sentenza deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, affinchè provveda ad un nuovo esame della domanda.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia – anche per le spese – alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2017

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