Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10684 del 07/05/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10684 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA

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sul ricorso 23938-2011 proposto da:
BENEDETTI GIUSEPPE BNDGPP74L01D653V, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo
studio dell’avvocato LIOI MICHELE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FONZO MAURO giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

Data pubblicazione: 07/05/2013

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente avverso il decreto n. rep.

S3‘’

della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
SCALDAFERRI;
udito l’Avvocato Stefano Viti (delega avvocato Fonzo Mauro)
difensore del ricorrente che insiste per raccoglimento del ricorso e
deposita cartolina A/R;
è presente il P.G. in persona del Dott. LUCIO CAPASSO che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

In fatto e in diritto

Rilevato che Giuseppe Benedetti ha proposto ricorso per cassazione
avverso il decreto della Corte d’appello di Firenze, in epigrafe indicato,
che ha rigettato la sua domanda di equa riparazione per la durata
irragionevole di un procedimento penale dinanzi al Tribunale di
Perugia (Sezione distaccata di Todi) nel quale egli si era costituito parte
civile nell’aprile 2004„ avendo ritenuto che tra tale data e il 4 maggio
2007, data dell’udienza nella quale la causa era stata decisa con la
lettura del dispositivo in udienza, era trascorso uno spazio di tempo
ragionevole, irrilevante essendo a tal riguardo la circostanza che la
motivazione della sentenza conclusiva era stata depositata oltre due
anni dopo (il 24 settembre 2009) atteso che la conoscenza da parte del
Benedetti della sentenza di condanna dell’imputato con concessione di
una provvisionale immediatamente esecutiva era avvenuta in tempi
Ric. 2011 n. 23938 sez. M1 – ud. 04-12-2012
-2-

FIRENZE, depositato il 03/12/2010;

ragionevoli, e del resto egli ben avrebbe potuto avviare subito il
giudizio civile per la liquidazione del danno conseguente al reato;
che il Ministero della giustizia resiste con controricorso;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione
semplificata;

impugnato, sotto il profilo del vizio motivazionale e sotto quello della
violazione di nome di diritto (artt. 3, 4 e 5 legge n.89/2001) nella parte
in cui la Corte distrettuale ha considerato irrilevante, ai fini della
determinazione della durata ragionevole, il periodo intercorso tra la
data di lettura del dispositivo della sentenza in udienza e quello del
deposito della motivazione; che con il secondo motivo il ricorrente si
duole della condanna al pagamento delle spese irrogata nei suoi
confronti, che violerebbe il disposto degli artt.3, 4 e 5 della legge
n.89/2001, interpretati secondo Costituzione;

Ritenuto che il primo motivo è fondato; che invero, indipendentemente
dalla facoltà di instaurare nelle more altro giudizio per la liquidazione
del danno da reato, la parte ha diritto di ottenere in tempi ragionevoli
la definizione del giudizio, e tale definizione (che costituisce anche il
momento in cui si esaurisce il correlativo dovere della
Amministrazione di rendere il servizio giustizia, con riguardo a quel
grado di giudizio) non può certo dirsi avvenuta sino a che la
motivazione della sentenza conclusiva non sia depositata, anche perché
sino a tale momento persiste l’incertezza sulle ragioni della decisione,
anche con riguardo all’eventuale prosecuzione del giudizio stesso in
sede di impugnazione, il cui termine non inizia a decorrere prima del
deposito della motivazione (ove, come nella specie, non risulti
rispettato il termine stabilito per tale incombente dalla legge o
determinato dal giudice: artt.548 comma 2 e 585 cod.proc.pen); che del
Ric. 2011 n. 23938 sez. M1 – ud. 04-12-2012
-3-

Ritenuto che con il primo motivo di ricorso si censura il decreto

resto la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha già più volte
affermato (cfr. n.20541/09; n.5308/12) il principio secondo cui il
termine finale da considerare ai fini della determinazione della durata
di un processo penale non coincide con la data della pronuncia della
decisione in udienza, ed a tale orientamento deve darsi quindi

che pertanto si impone l’accoglimento del ricorso, restando assorbito il
secondo motivo;
che sussistono le condizioni per decidere la causa nel merito a norma
dell’art.384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamento di
fatto;
che, alla stregua dei principi sopra esposti, deve ritenersi che la durata
di anni cinque e cinque mesi impiegata per provvedere sulla domanda
azionata nel processo penale dal ricorrente ecceda di due anni e cinque
mesi il termine ragionevole di tre anni determinato dalla Corte di
merito con statuizione non censurata;
che in ordine al quantum va fatta applicazione della giurisprudenza di
questa Corte (ex multis:n.1893/10; n.19054/10, n. 21840/09), a mente
della quale l’importo dell’indennizzo può essere di euro 750 per anno
per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in
considerazione del limitato paterna d’animo che consegue all’iniziale
modesto superamento, mentre solo per l’eventuale ulteriore periodo
debba essere richiamato il parametro di euro 1.000 per ciascun anno
di ritardo;
che, pertanto, l’Amministrazione intimata deve essere condannata al
pagamento in favore del ricorrente, a titolo di equo indennizzo per il
periodo di due anni e cinque mesi di irragionevole durata, della somma
di euro 1.800, oltre interessi legali dalla data della domanda;

Ric. 2011 n. 23938 sez. M1 – ud. 04-12-2012
-4-

continuità;

che le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo tenendo conto, limitatamente al giudizio di
legittimità (cfr.S.U.n.17406/12), di quanto stabilito dal D.M. 20 luglio
2012 in attuazione dell’art.9 comma 2 D.L. n.1/2012 conv. in Legge
n.271/2012 (in particolare dei parametri indicati dalla Tabella A-

previsti dall’art.4 e della riduzione prevista dall’art.9 del Decreto citato).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il
decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della
giustizia a corrispondere al ricorrente la somma di euro 1800, oltre
interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonché al
pagamento delle spese processuali, liquidate, quanto al giudizio di
merito, in complessivi euro 806,00 (di cui euro 445 per onorari ed euro
311 per diritti) oltre spese generali e accessori di legge, e, quanto al
giudizio di legittimità, in euro 606,25 (di cui euro 100 per esborsi) oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-1 Sezione civile
della Corte suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2012.

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