Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10683 del 03/05/2017

Cassazione civile, sez. lav., 03/05/2017, (ud. 10/01/2017, dep.03/05/2017),  n. 10683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21094/2015 proposto da:

CGIL CALABRIA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DI CELMO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA IRENE ROTELLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato FABIO

BORGOGNONI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANGIOLINO PALERMO,

ANTONINO DE PACE, ANGELA DE TOMMASI, giusta delega e procura

speciale in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CGIL CALABRIA C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DI CELMO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA IRENE ROTELLA, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 817/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/06/2015 R.G.N. 1612/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato MASSIMO DI CELMO;

udito l’Avvocato FABIO BORGOGNONI per delega Avvocati ANTONINO DE

PACE e ANGELA DE TOMMASI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 817/2015, depositata il 30/6/2015, la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Catanzaro, dichiarava illegittimo il licenziamento disciplinare intimato, con lettera del 9/7/2012, a L.P. dalla CGIL Calabria per avere lo stesso, nella qualità di Segretario Generale della Camera del Lavoro di (OMISSIS), determinato, negli anni 2002-2010, una situazione debitoria di oltre 900.000 Euro a causa del mancato versamento, ai dipendenti dell’organizzazione, dell’intero ammontare delle retribuzioni maturate, della non ottemperanza agli obblighi fiscali e previdenziali, dell’omesso versamento di quote, pur trattenute in busta paga, al Fondo pensionistico integrativo; per avere altresì occultato cartelle esattoriali per debiti nei confronti dell’INPS, dell’Agenzia delle Entrate, del Comune e della Regione, da cui erano sorti procedimenti esecutivi, e per essersi infine fatto riconoscere una retribuzione superiore a quella stabilita dai regolamenti.

La Corte di appello, escluso che il licenziamento fosse stato determinato da un intento discriminatorio e ritenuti dimostrati in giudizio soltanto alcuni degli addebiti disciplinari, concludeva per il difetto di proporzionalità della sanzione espulsiva, conseguentemente condannando CGIL Calabria, in difetto di riassunzione, al pagamento di un’indennità pari a dieci mensilità della retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai parametri di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 8 e, in particolare, all’anzianità di servizio, da computarsi dal marzo 2002.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza CGIL Calabria con cinque motivi; il L. ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale affidato a unico motivo, cui ha resistito a sua volta l’organizzazione sindacale con controricorso. Il difensore del controricorrente ha depositato osservazioni sulle conclusioni del pubblico ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo e con il secondo motivo di ricorso, deducendo rispettivamente la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5 e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, la CGIL Calabria censura la sentenza impugnata per avere omesso di valutare analiticamente la documentazione prodotta e la sua portata probatoria nella parte in cui ha ritenuto che non fosse “provato che la situazione debitoria verso enti pubblici quali Agenzia delle Entrate, Comune e Regione, dalla quale sono scaturite le azioni esecutive di Equitalia Sud s.p.a.” fosse “imputabile nella sua interezza al L.” ed inoltre laddove ha affermato che “l’unica fonte di prova al riguardo è costituita dagli avvisi di pagamento provenienti da Equitalia e dagli estratti di ruolo dai quali tuttavia non si traggono elementi sufficienti a chiarire se tutti i debiti così documentati abbiano tratto origine dall’attività gestionale della Camera del Lavoro di (OMISSIS)”. Il giudice di secondo grado avrebbe poi errato nel ritenere che gli inadempimenti del L. fossero il frutto di una deliberata scelta organizzativa, che non era tale “da mettere in discussione” nello stesso L. “l’inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza”, non essendo rinvenibili verbali o documenti che dessero dimostrazione di tale circostanza.

Con il terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto non provato l’omesso adempimento delle obbligazioni contributive e altre circostanze, tra cui l’eccedenza della retribuzione percepita dal L. rispetto ai limiti tabellari fissati dai Regolamenti CGIL Calabria e CGIL nazionale: e ciò in esito ad un esame superficiale della documentazione allegata al fascicolo della resistente, che non aveva tenuto conto delle mancate contestazioni o delle esplicite affermazioni rese in giudizio dal ricorrente. Con il quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione di norme collettive, la ricorrente si duole che la Corte di appello sia incorsa in errore nell’applicazione del CCNL nella parte relativa alla determinazione del trattamento economico dovuto.

Con il quinto motivo, infine, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonchè omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, la ricorrente si duole che la Corte, nel ritenere sproporzionata la sanzione applicata, abbia trascurato di valutare il ruolo dirigenziale esercitato dal L. nell’organizzazione sindacale e comunque fornito sul punto una motivazione non adeguata.

I motivi primo, secondo, terzo e quinto sono inammissibili.

Essi, infatti, dolendosi sostanzialmente la ricorrente di una motivazione carente del giudice di merito (anche dietro lo schermo di violazione e falsa applicazione di norme di diritto), non si conformano allo schema normativo del nuovo vizio “motivazionale”, quale risultante a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, pur a fronte di sentenza depositata il 30 giugno 2015, e, pertanto, in epoca successiva all’entrata in vigore (11 settembre 2012) della novella legislativa.

Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014, hanno precisato che l’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformulato a seguito dei recenti interventi, “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”; con la conseguenza che “nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.

Nella specie la ricorrente denuncia invece come il percorso logico-argomentativo seguito dalla Corte territoriale per giungere alle proprie conclusioni sia da ritenere inadeguato perchè incompleto nella considerazione del materiale acquisito al giudizio e insufficiente nella valutazione delle risultanze probatorie, così ponendosi al di fuori del perimetro normativo del vizio di cui all’art. 360, n. 5, quale risultante a seguito della riformulazione introdotta nel 2012 e delle richiamate precisazioni di questa Corte a Sezioni Unite; nè il giudice di appello, per ciò che attiene specificamente al quinto motivo, ha trascurato di valutare il ruolo ricoperto dal L. all’interno dell’organizzazione sindacale, trattandosi di elemento che è presente già nelle premesse in “fatto” della motivazione.

Il quarto motivo è, da un lato, improcedibile, posto che, nell’inosservanza dell’art. 369 c.p.c., n. 4, la ricorrente non ha depositato copia del contratto collettivo su cui il ricorso si fonda, nè ha indicato il luogo preciso in cui esso fu depositato nei gradi di merito; dall’altro, e comunque, inammissibile per difetto di specificità, non essendo neppure indicato quale sia il CCNL applicabile (cfr. sentenza, p. 17).

Il ricorso di CGIL Calabria deve conclusivamente essere dichiarato inammissibile.

A identica statuizione deve pervenirsi, e sulla scorta dei medesimi rilievi già sopra svolti, a proposito del ricorso incidentale, avendo il L. denunciato omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, e così formulando una censura estranea al nuovo vizio di cui all’art. 360, n. 5, con riferimento al capo della pronuncia di secondo grado avente ad oggetto la misura dell’indennità risarcitoria e, in particolare, con riferimento alla questione dell’anzianità di servizio che, computata dal giudice di merito dal marzo 2002 (anzichè dall’1/1/1988), ha poi determinato la quantificazione della stessa indennità in dieci mensilità della retribuzione globale di fatto.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione per intero delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara altresì inammissibile il ricorso incidentale; dichiara compensate fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2017

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