Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10681 del 07/05/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10681 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso 20503-2011 proposto da:
PAPARONI SARO ROBERTO PPRSRB53B20B666F, PETRELLA
LICIA

PTRLCI58T52L103N,

PN ZFNC43A08G137U,

PONZIELLI
PONA

FRANCO
VINCENZO

PNOVCN43TO8C351V, ROBIMARGA CORRADO
RBMCRD53C05G002L, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA
DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato FRISANI PIETRO
L., che li rappresenta e difende giuste procure in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 07/05/2013

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;
– intimatoavverso il decreto n. 43/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott.

ANDREA

SCALDAFERRI;
è presente il P.G. in persona del Dott. LUCIO CAPASSO che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

In fatto e in diritto

Rilevato che Saro Roberto Paparoni, Licia Petrella, Vincenzo Pona,
Franco Ponzielli e Corrado Robimarga hanno, con atto notificato il 14
luglio 2011, proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della
Corte d’appello di Campobasso, in epigrafe indicato, che ha dichiarato
improcedibile, per omessa prova della tempestività sotto il profilo del
rispetto del termine di cui all’art.4 della legge n.89/2001, la domanda,
da essi proposta il 13 novembre 2008, di equa riparazione per
violazione dei termini di ragionevole durata di un giudizio iniziato
dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo nel
settembre 2000 e definito in primo grado con sentenza depositata il 17
maggio 2007;
che il Ministero della economia e delle finanze non ha svolto difese;
rilevato che i ricorrenti denunciano la violazione dell’art.3 comma 5
della legge n.89/2001 con conseguente nullità del procedimento,
evidenziando come la Corte territoriale abbia erroneamente basato la
sua pronuncia sull’onere posto a loro carico di fornire la prova che la
Ric. 2011 n. 20866 sez. M1 – ud. 04-12-2012
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CAMPOBASSO dell’i 1/01/2011, depositato il 12/03/2011;

sentenza che ha definito il giudizio presupposto, non essendo stata
loro notificata, sia passata in giudicato nel c.d.termine lungo (e che
quindi il ricorso sia stato depositato entro il termine semestrale di cui
all’art.4), nonostante l’espressa formulazione in ricorso dell’istanza di
acquisizione di cui all’art.3 legge n.89/2001;

consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ove la
parte ricorrente —come nella specie risulta dallo stesso decreto
impugnato- abbia formulato espressa richiesta di acquisizione degli atti
e dei documenti del processo presupposto ai sensi dell’art.3 comma 5
della legge n.89/2001, la Corte d’appello non può respingere la
domanda sulla base di carenze documentali superabili con l’esercizio di
tale potere di acquisizione, senza esporre congrua motivazione del suo
convincimento in ordine alla eventuale inidoneità di tale strumento
processuale (cfr.ex multis: Sez.1 n.9381/11; Sez.6-1 n.16367/11; Sez.1
n.16836/10; Id.n.18603/05; cfr.anche Corte Cost.n.74/05); che invero,
contrariamente a quanto risulta argomentato nel provvedimento
impugnato, il potere officioso, che la norma sopra richiamata —in
coerenza con il potere di assumere informazioni previsto dalla
disposizione generale in tema di procedimenti camerali dettata
dall’art.738 comma 3 cod.proc.civ.- attribuisce al giudice dell’equa
riparazione in presenza di un’espressa richiesta della parte istante, non
consente in tal caso di includere tra gli oneri gravanti sulle parti la
produzione degli atti e dei documenti del processo presupposto, tra i
quali va compreso sia l’avviso della avvenuta notificazione della
sentenza da parte dell’Ufficiale Giudiziario ex art.112
D.P.R.n.1229/1959 —che il Cancelliere deve unire all’originale della
sentenza- sia l’avviso della avvenuta notificazione dell’impugnazione ex
art.123 disp.att.cod.proc.civ., da annotarsi sull’originale della sentenza;
Ric. 2011 n. 20866 sez. M1 – ud. 04-12-2012
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ritenuto che il ricorso è fondato; che deve ribadirsi il principio,

ritenuto pertanto che si impone la cassazione del decreto impugnato;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito a norma dell’art.384 c.p.c.;
che, in difetto di verifica d’ufficio in ordine alla ipotesi di intervenuta
notifica della sentenza che ha concluso il procedimento presupposto,

semestrale di decadenza, decorrente dal compimento -il 2 giugno 2008del c.d. termine lungo per l’impugnazione;
che, nel merito, l’indennizzo deve essere commisurato, ex art.2 legge
n.89/2001, ad una durata irragionevole di circa quattro anni, quale
risulta sottraendo alla sua durata complessiva di circa sette anni il
termine triennale normalmente ritenuto ragionevole per cause non
risultanti —come nella specie- connotate da ragioni di complessità;
che in ordine al quantum va fatta applicazione della giurisprudenza di
questa Corte (ex multis:n.1893/10; n.19054/10, n. 21840/09), a mente
della quale l’importo dell’indennizzo può essere di euro 750 per anno
per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in
considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale
modesto superamento, mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere
richiamato il parametro di curo 1.000 per ciascun anno di ritardo;
che, pertanto, l’Amministrazione intimata deve essere condannata al
pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti, a titolo di equo
indennizzo per il periodo di quattro anni di irragionevole durata, della
somma di euro 3.250, oltre interessi legali dalla data della domanda;
che le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo tenendo conto, limitatamente al giudizio di
legittimità (cfr.S.U.n.17406/12), di quanto stabilito dal D.M. 20 luglio
2012 in attuazione dell’art.9 comma 2 D.L. n.1/2012 conv. in Legge
n.271/2012 (in particolare dei parametri indicati dalla Tabella ARic. 2011 n. 20866 sez. M1 – ud. 04-12-2012

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la domanda di equa riparazione risulta proposta entro il termine

A4r1/

Avvocati per lo scaglione di riferimento, dei criteri di valutazione
previsti dall’art.4 e della riduzione prevista dall’art.9 del Decreto citato).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il
decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della

somma di euro 3.250, oltre interessi legali a decorrere dalla data della
domanda, nonché al pagamento delle spese processuali,

liquidate,

quanto al giudizio di merito, in complessivi euro 873,00 (di cui euro
445 per onorari ed euro 378 per diritti) oltre spese generali e accessori
di legge, e, quanto al giudizio di legittimità, in euro 392,50 (di cui euro
100 per esborsi) oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-1 Sezione civile
della Corte suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2012.

economia e delle finanze a corrispondere a ciascuno dei ricorrenti la

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