Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10670 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/06/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 05/06/2020), n.10670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35061-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SERGIO TREDICINE;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CROCE 44,

presso lo studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5558/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 04/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

Fatto

RILEVATO

che:

M.G., già perito assicurativo fiduciario della Nuova Tirrena Assicurazioni (oggi Groupama Assicurazioni), adiva il Giudice di Pace di Napoli per richiedere il pagamento di un corrispettivo ulteriore rispetto a quello corrispostogli per ogni singolo sinistro stradale dalla convenuta, deducendo di aver esercitato prestazioni che eccedevano i compiti di perito estimatore;

la Groupama Assicurazioni preliminarmente eccepiva l’improponibilità della domanda per abuso del processo, giacchè l’attore aveva proposto molteplici giudizi per ciascuna della attività svolte;

– il giudice adito rigettava la domanda;

– il M. proponeva appello avverso la decisione di primo grado;

– il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 27822/2016, rigettava l’appello;

– in primo luogo, il giudice d’appello riteneva generico il disconoscimento della conformità agli originali delle copie dei documenti prodotte dalla compagnia; accertava che i minimi tariffari erano stati derogati in virtù di accordo, con il quale le parti avevano regolato le prestazioni del professionista, svolte in un arco temporale pluriennale, in maniera uniforme e costante, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione; in virtù del riconoscimento di un accordo sul compenso, riteneva assorbita la questione relativa all’improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito;

– M.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi:

– l’intimato ha resistito con controricorso;

il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

– con il primo motivo, parte ricorrente denuncia l’erronea valutazione del Tribunale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in merito all’esistenza di un unitario rapporto obbligatorio e di una prestazione originariamente unica, nonchè della mancata applicazione dell’art. 1181 c.c., quale espressione dei principi del favor creditoris. L’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi, secondo il ricorrente, va rinvenuto nella necessità di ottenere un rapido soddisfacimento delle proprie pretese, sicchè non è ravvisabile il frazionamento del credito, nè l’esistenza di un accordo scritto. con il quinto motivo, il ricorrente denuncia l’erronea interpretazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite nelle sentenze 23726/2007 e 4090/2017 con riferimento all’inesistenza di un rapporto unico, in quanto l’oggetto dell’incarico era diverso in relazione ad ogni sinistro, con conseguente possibilità di inadempimento di un incarico ed adempimento dell’altro. L’assenza di unitarietà del rapporto giustificherebbe, dunque, le distinte azioni giudiziali proposte dal ricorrente per la liquidazione dei propri compensi professionali in relazione ad ogni singolo incarico e ciò anche al fine di sospendere i termini di prescrizione;

– i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili perchè non colgono la ratio decidendi e per difetto di pertinenza rispetto alla motivazione della sentenza impugnata;

– il Tribunale ha ritenuto assorbita la questione relativa al frazionamento del credito, avendo ravvisato la presenza di un accordo verbale per la retribuzione di una somma fissa per ogni incarico, sia pur inferiore ai minimi tariffari, corrisposta con le medesime modalità (invio della fattura ed emissione del pagamento);

– con il secondo motivo di ricorso, il M. denuncia l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il Tribunale ritenuto genericamente contestata la copia della documentazione prodotta dalla società convenuta. Sostiene di avere prontamente e ritualmente disconosciuto la documentazione determinando così l’impossibilità di attribuire efficacia alla copia non autentica e rileva la mancata proposizione, da parte della Compagnia convenuta, dell’istanza di verificazione di scrittura privata;

– il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

– come ripetutamente affermato da questa Corte – ed il principio va ancora una volta ribadito – la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 27633 del 30/10/2018 Rv. 651376; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29993 del 13/12/2017 Rv. 646981; Sez. 3, Sentenza n. 10326 del 13/05/2014 Rv. 630907 in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014 Rv. 629905; v. altresì Cass. n. 28096/09, nonchè Cass. n. 14416/13).

– nel caso di specie il ricorrente non indica quali fossero gli aspetti di differimento della copia dall’originale, nè contesta l’apposizione della sua firma (Cassazione civile sez. VI, 07/02/2019, n. 3677);

– con il terzo motivo di ricorso, si denunzia l’errore del Tribunale nel ritenere valido il doc. del 18.9.2006 e osserva che quello del 18.10.2010 è postumo rispetto alla data in cui sono state effettuate le attività per cui si chiede il compenso e quindi è irrilevante. Lamenta inoltre l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso, nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c., della L. n. 166 del 1992, e della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3. Evidenzia l’abuso della posizione dominante rilevando che non vi è mai stata una accettazione concordata e osserva che un eventuale accordo sarebbe stato nullo per violazione della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3;

– il motivo è infondato:

– il giudice di merito, sulla base delle risultanze istruttorie, con apprezzamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, ha ravvisato l’esistenza di un rapporto pluriennale di collaborazione, nell’ambito del quale il M. ha espletato le sue prestazioni di perito assicurativo, con modalità di pagamento consolidate e reiterate nel tempo, in base alle quali il perito inviava la propria fattura mediante il sistema informatico e la compagni la convalidava; si trattava- secondo il Tribunale- di uno

schema negoziale concordato, utilizzato per tutti i fiduciari delle compagnie, sempre accettato nel corso degli anni, remunerato con un importo contenuto in ragione dei numerosissimi incarichi ricevuti; non pertinente è poi il richiamo, in una vicenda riguardante un contratto d’opera professionale, della normativa per la tutela della concorrenza e del mercato, avente tutt’altra finalità ed ambito applicativo; sul disconoscimento del documento 18.9.2006, con cui si riconosceva al Marsegli un compenso forfettario unico indipendentemente dall’attività svolta, in disparte le considerazioni esposte in ordine al motivo precedente, cui si rinvia, il motivo non coglie la ratio decidendi, in quanto il giudice d’appello ha accertato che non vi fosse una pattuizione scritta ma un accordo verbale, sulla base del quale veniva emessa la fattura e la compagnia assicurativa procedeva alla liquidazione; le altre questioni di diritto sono nuove e quindi inammissibili in questa sede per le ragioni di cui appresso.

– con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione della L. n. 172 del 2017, art. 19 quaterdecies, in materia di equo compenso per prestazioni di avvocati, applicabile anche agli altri professionisti.

– il motivo è inammissibile;

– le questioni in diritto dedotte dal ricorrente non sono menzionate nella sentenza impugnata, nè il ricorso indica dove e quando siano state dibattute. Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicchè sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora, come nel caso in esame postulino indagini e accertamenti di fatto (riguardo ai presupposti applicativi della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3) non compiuti dal giudice di merito (Cass. 15196/2018; Cass. 25683/2018; Cass. 26906/2016); il ricorso va, pertanto, rigettato.

– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, de dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 13 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 giugno 2020

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