Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10669 del 23/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 10669 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: SPENA FRANCESCA

SENTENZA

sul ricorso 13582-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE TRIFIR0′, giusta delega in
2016

atti;
– ricorrente –

1072
contro

FALDUTO DORIDE C.E. FLDDRD8OS59L452C;
– intimata –

Data pubblicazione: 23/05/2016

Nonché da:
FALDUTO DORIDE C.F. ELDDRD80S59L452C, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPE AMEDEO 221 presso
CONFSAL COMUNICAZIONI, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNA C000, che la rappresenta e

– controricorrente e ricorrente incidentale contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE TRIFIR0′, giusta delega in
atti;
– controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 956/2010 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 16/11/2010 R.G.N. 922/2007;
udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza

del

10/03/2016

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCA SPENA;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
TRIFIRO’ SALVATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
rinvio a nuovo ruolo in attesa decisione SS.UU.; in
subordine accoglimento, per guanto di ragione del

difende, giusta delega in atti;

ricorso principale,

inammissibilità del

ricorso

incidentale.

PROC. NR . 13582/2011
glm

FATTO

Con sentenza del 5 ottobre-16 novembre 2010 la Corte d’appello di Milano

respingeva

l’appello proposto da POSTE ITALIANE spa nei confronti di FALDUTO DORIDE avverso la
sentenza nr. 1697/2006 del Tribunale di Milano, che aveva accolto la domanda proposta dalla
Falduto nei confronti della s.p.a. Poste Italiane per la declaratoria di nullità del termine
apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 9-7-2002 al 31-8-2002 in ragione di :

processi di riorganizzazione, ivi ricom prendendo un più funzionale riposizionamento di risorse
sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione
e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché alla attuazione delle
previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11.12.2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e
17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”.
La Corte territoriale confermava la pronunzia del primo grado sia quanto alla ritenuta assenza
di un mutuo consenso alla risoluzione del contratto di lavoro che quanto alla illegittimità della
clausola del termine rilevando:
– quanto ai processi di riorganizzazione, che l’articolo 11 del D. L. vo 368/2001 aveva
abrogato la precedente ipotesi prevista negli stessi termini dal contratto collettivo e che non
vi erano specificazioni circa la situazione degli addetti al recapito nella unità lavorativa di
destinazione né vi era prova che la provincia di Milano fosse interessata dai processi di
mobilità del personale di Poste Italiane;
– quanto alle esigenze sostitutive, che nulla era stato allegato circa il carico di lavoro dei mesi
estivi che giustificasse la assunzione di personale a termine, essendo generico il capito di prova
articolato al riguardo da Poste Italiane ,
Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione POSTE ITALIANE, articolato in nove
motivi.
Resiste con controricorso FALDUTO DORIDE, che ha altresì proposto ricorso incidentale,
condizionato quanto alla statuizione principale, non condizionato in ordine alla pronunzia sulle
spese.
Poste Italiane resiste con controricorso al ricorso incidentale.
Le parti hanno depositato memorie.

DIRITTO

Deve procedersi preliminarmente all’esame dei motivi di ricorso riguardanti la validità della
apposizione della clausola del termine.
La censura di violazione dell’articolo 1372 cc. formulata – ai sensi dell’articolo 360 co.1 nr. 3
cpc – con il primo motivo quanto alla statuizione della Corte di merito con cui viene esclusa la

1

“esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a

PROC. NR . 13582/2011

risoluzione del contratto per mutuo consenso, logicamente presuppone la esistenza tra le
parti di un rapporto a tempo indeterminato e, pertanto, la invalidità della clausola accessoria.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia- ai seni dell’art. 360 nr. 3 cpc.- violazione e
falsa applicazione degli articoli 1 ed 11 D.Lvo 368/2001 , dell’art. 23 L. 56/87 e dell’articolo 25
CCNL 11 gennaio 2001.
Il motivo investe la statuizione di inapplicabilità nella fattispecie di causa dell’articolo 23 L.

2001, che prevedeva le ipotesi per le quali la società Poste Italiane aveva facoltà di concludere
contratti a termine.
Il motivo è infondato.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare in questa sede continuità,
art. 11 D.Lvo 368/2001 prevedeva il mantenimento dell’efficacia delle clausole contenute
nell’articolo 25 CCNL 2001, stipulate ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 soltanto in via
transitoria e fino alla scadenza del contratto collettivo, abrogando invece immediatamente la
precedente normativa riguardo alla possibilità delle parti collettive di individuare nuove ipotesi
di assunzioni a termine, come correttamente affermato dalla Corte territoriale.
Questa Corte ha ripetutamente affermato (Cass. 13 luglio 2010, n. 16424; Cass. 14 marzo
2013, n. 6513; Cass. 13 giugno 2013, n. 14808; Cass. 3 ottobre 2014, n. 20951) che la data
di scadenza del CCNL costituisce, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, il termine ultimo
di efficacia della delega già esercitata dalle parti collettive, con la conseguenza che i contratti a
termine stipulati successivamente a tale data non possono rientrare nella disciplina transitoria
prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e sono interamente soggetti al nuovo regime normativo.
Nel ricorso nulla è dedotto in ordine alla perdurante vigenza dell’articolo 25 CCNL 2001 alla
data di stipula del contratto a termine né alle allegazioni formulate in tal senso nelle fasi di
merito.

3.

Con il terzo motivo la società Poste Italiane lamenta – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cpc-

violazione e falsa applicazione dell’art. 1, D.Lvo 368/2001, dell’articolo 25 CCNL 2001 e
dell’articolo 23 L.56/1987.
Il motivo ha ad oggetto la statuizione di nullità del termine, che viene censurata tanto sotto il
profilo della assunta applicabilità dell’articolo 25 CCL 2001 che, in via alternativa e per la
ipotesi di ritenuta applicabilità del D. Lvo 368/2001, per violazione dell’articolo 1 del testo
normativo.
La ricorrente lamenta che erroneamente la Corte di merito aveva ritenuto la genericità della
causale, assumendo una incompatibilità tra la pluralità delle ragioni giustificative del termine e
l’obbligo di specificità di cui all’articolo 1 Divo 368/2001.
Rinvia alla articolazione del quinto motivo di ricorso, in cui viene esposta la successione ed il
contenuto degli accordi richiamati nel contratto impugnato, relativi alla definizione cJi processi
2

56/1987, in attuazione del quale le parti collettive avevano stipulato l’articolo 25 del CCNL

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di mobilità interaziendale, che avevano indotto la società a ricorrere, durante la fase di
realizzazione di detti processi di mobilità, alla attivazione di contratti a tempo determinato per
sostenere il livello del servizio di recapito e di sportelieria.
Deduce che la esigenza di specificità della causale non richiedeva la indicazione nel contratto
del collegamento esistente tra le esigenze ivi rappresentate e la singola assunzione a termine.

4. Con il quarto motivo la società Poste Italiane lamenta omessa,insufficiente e contraddittoria

mancanza di specificità della causale.

I due motivi, in quanto connessi, devono essere trattati congiuntamente.
Gli stessi sono fondati , nei limiti della denunziata violazione dell’articolo 1 Divo 368/2001
mentre in ordine alla applicabilità dell’articolo 25 CCNL 2001 si rinvia a quanto esposto in
relazione al secondo motivo.
La sentenza della Corte di merito ha ritenuto necessaria la indicazione in contratto guanto alla
prima causale ( processi di riorganizzazione) della specifica situazione degli addetti al recapito

nell’unità produttiva di destinazione della lavoratrice, nei seguenti termini:
“obietta infatti giustamente l’appellata, in relazione alla prima causale che Part. 11 del D. Lgs.
aveva abrogato la precedente normativa riguardo alla possibilità delle parti collettive di
individuare ipotesi contrattualizzate di assunzione a termine, lamentando la mancanza di
specificazioni circa la situazione degli addetti al recapito nell’unità produttiva di applicazione
dell’appellata …”
Le censure mosse da Poste Italiane spa trovano riscontro nella giurisprudenza di questa Corte
di legittimità, che con riferimento a fattispecie nelle quali erano state adoperate clausole
giustificatrici di contenuto analogo a quello utilizzato nel caso in esame, ha affermato che la
specificazione delle ragioni giustificative del termine può risultare anche indirettamente nel
contratto di lavoro attraverso il riferimento “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle
parti giacché, “seppure nel nuovo quadro normativa… non spetti più un autonomo potere di
qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la
mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di
rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei
dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice
ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale” ( Cass. sez.
lav., 23/02/2016, n. 3495 ; 22/02/2016, n. 3412; 1 febbraio 2010 n. 2279; 27 aprile 2010
n. 10033; 25 maggio 2012 n. 8286; 3.10.2014 n. 20946; 9.7.2015 n. 14336).
In altri termini, è necessario che di fronte ad una complessa enunciazione delle ragioni
addotte a legittimare l’apposizione del termine l’esame del giudice di merito si estenda a tutti
gli elementi di specificazione emergenti dal contratto, allo scopo di acclararne l’effettiva
sussistenza, ivi comprendendo l’analisi degli accordi collettivi sopra indicati (cfr. la
3

motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla

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-a

giurisprudenza già richiamata, cui adde Cass. nn. 2279 e 16303 del 2010, Cass. 25 maggio
2012, n. 8286, Cass. 23 maggio 2013 n. 16102 e Cass. 16.4.2015 n. 7772).
Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha omesso di esaminare specificamente il
contenuto degli accordi richiamati nel contratto individuale.
Né la genericità della clausola giustificativa del termine può essere ritenuta in ragione della
pluralità delle causali (cfr. Cass. 16.4.2015 n. 7772); in tal caso resta rimesso al datore di
lavoro l’onere di provare in concreto, sotto il diverso profilo della effettività della causale, la

assunzione del lavoratore.

5.Con il quinto motivo la società ricorrente denunzia – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cpcviolazione dell’articolo 2697 cc. e degli articoli 115 e 116 cpc
La censura poggia:
– Da un lato, sulla invocata applicazione dell’articolo 25 CCNL 2001, deducendosi che nel
contratto a termine stipulato ai sensi della disciplina collettiva non vi è necessità di
provare la sussistenza della causale
Dall’altro sulla erronea valutazione delle allegazioni e delle prove offerte nel giudizio di
primo grado.
Sotto il primo profilo si rinvia nuovamente a quanto esposto in riferimento al secondo motivo di
ricorso.
Quanto al lamentato errore di valutazione del materiale probatorio si premette che la
violazione degli articoli 115 e 116 cpc è deducibile- ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cpc.- solo in
caso di violazione delle regole legali di formazione della prova ovvero rispettivamente:
– quando il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (articolo 115 cpc)
ovvero
– se valuti le prove secondo un criterio di diverso da quello indicato dal’articolo 116 cpc., ad
esempio valutando secondo prudente apprezzamento una prova legale o attribuendo valore di
prova legale ad un elemento di prova liberamente valutabile.
Analogamente la violazione della regola di cui all’articolo 2697 cc. è denunziabile come motivo
di ricorso ex articolo 360 nr 3 cpc solo laddove il giudicante abbia deciso la causa, in ragione
della ritenuta assenza di prova, applicando la regola di giudizio fondata sulla ripartizione
dell’onere probatorio ed attribuendo le conseguenze del mancato raggiungimento della prova
alla parte che , corretta applicazione dell’articolo 2697 cc. , non ne era onerata.
La circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il prudente apprezzamento della
prova è censurabile solo ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (ex plurimis: Cassazione
civile, sez. III, 13/06/2014, n. 13547).
Le censure proposte attengono alla erroneità della valutazione dei risultati ottenuti mediante
l’esperimento dei mezzi di prova e vanno dunque riqualificate ai sensi dell’art i colo 360 nr. 5
cpc.
4

(

congiunta ricorrenza della causali esposte in contratto e la loro rilevanza ai fini della

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A tale proposito la sentenza impugnata ha statuito:
– che non vi era prova che la provincia di Milano fosse interessata dai processi di mobilità
provinciale e regionale ;
– che riguardo alla esigenze sostitutive era del tutto generico il capitolo di prova circa la entità
del personale in ferie, non essendo sufficiente la notorietà del fatto.
– In relazione alla prima delle indicate statuizioni si rileva tuttavia il vizio di insufficienza della
motivazione ; la Corte territoriale non spiega perché a fronte della specifica allegazione
articolata da Poste Italiane ai punto nr. 31 e 32 della memoria difensiva del primo grado –

,risultavano vacanti numerose posizioni di addetti. al recapito .. negli uffici postali della

Lombardia”- ” Tali posizioni vacanti in Lombardia erano destinate ad essere ricoperte dal
personale proveniente dalla mobilità in forza degli accordi del 17,18 e 23 ottobre 2001, 11
dicembre 2001, 11 gennaio 2002,13 febbraio 2002 e 17 aprile 2002″) –

e della richiesta della

prova testimoniale sui capitoli articolati, cui non veniva dato seguito in entrambi i gradi- possa
essere ravvisato difetto di prova del fatto che la provincia di Milano fosse interessata dai
processi di mobilità provinciale e regionale.
– Quanto alle esigenze sostitutive non è stato dato seguito, per affermata genericità, al capitolo
di prova articolato da Poste Italiane nella memoria difensiva del primo grado circa il numero
delle giornate di ferie effettuate dal personale di ruolo nel periodo della assunzione a termine
(numero 2315 giornate di assenza per ferie: punto nr. 41 della memoria difensiva) e circa il
numero delle unità assunte a termine nello stesso periodo ( 9 unità: punto nr. 42).
La statuizione va cassata per insufficienza della motivazione, in quanto solo ali’ esito della
assunzione della prova i ritualmente richiesta, avrebbe potuto esprimersi un giudizio circa la
effettività della causale dedotta nel contratto, valutando in senso comparativo le assenze dei
personale di ruolo ed il numero della assunzioni a termine.

Restano assorbiti il primo motivo, il sesto motivo (con cui si denunzia, ai sensi dell’articolo 360
nr. 5 cp, l’omessa motivazione in ordine al rigetto del motivo di appello con il quale si chiedeva
la dichiarazione di nullità dell’intero contratto, censurando la diversa statuizione del primo
grado ) il settimo motivo (con cui si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cpc, l’omessa
motivazione in ordine al rigetto dei motivo di appello con il quale si censuravano le statuizioni
risarcitorie della sentenza di primo grado), l’ottavo motivo (con il quale si denunzia, ai sensi
dell’articolo 360 nr. 3 cpc -la violazione delle norme in materia di messa in mora ), il nono
motivo ,con cui si chiede la applicazione dello ius supervenies ex art. 32 L. 183/2010.

Con il ricorso incidentale condizionato la parte controricorrente censura la omessa pronunzia in
ordine alla nullità del contratto a termine per violazione del limite percentuale del 5% previsto
dall’articolo 25 c.3 CCNL 11.1.2001 .

5

(“Fino alle date previste dagli accordi sopra indicati (30 ottobre 2002 per il Recapito …)

PROC. NR . 13582/2011
•■■■

Rileva la decisività della circostanza in quanto t allegata nella memoria di costituzione in appello
e non contestata da Poste Italiane.
Il ricorso è infondato.
La statuizione di cui si lamenta la omessa pronunzia era assorbita dalla affermazione di
inapplicabilità della ipotesi di assunzione a termine prevista dal contratto collettivo (articolo
25), alla quale soltanto è collegata la limitazione di ordine percentuale; la parte
controricorrente non ha proposto ricorso incidentale sul punto ed, anzi, si è opposta

nella fattispecie di causa delle ipotesi di assunzione a termine di cui all’articolo 25 CCNL 2001.

Resta assorbito il ricorso incidentale proposto in punto di quantificazione delle spese di lite, in
quanto la pronunzia sulle spese, dipendente dalla statuizione principale, resta soggetta a
Cassazione ai sensi dell’articolo 336 co 1 cpc.

La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e gli atti rinviati alla Corte di
Appello di Milano in diversa composizione affinchè si adegui ai principi di diritto esposti in
ragione del terzo e quarto motivo e provveda ad un nuova valutazione dei fatti immune dal
vizio di motivazione rilevato in relazione a quinto motivo.

PQM
La Corte accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso; rigetta il secondo motivo, dichiara
assorbiti gli altri.
Rigetta il ricorso incidentale condizionato e dichiara assorbito il ricorso incidentale sulle spese.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia- anche per le spese- alla
Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2016.

all’accoglimento al secondo motivo del ricorso principale, con cui si sosteneva la applicabilità

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